Omelia pronunciata nella Cattedrale di Tortona nella S. Messa per la Festa di San Marziano, patrono della Diocesi di Tortona
07-03-2016
Diocesi di Tortona
Lunedì 7.3.2016
Festa di San Marziano, Patrono principale della Diocesi
‘Una dissidenza d’amore’
Eccellenza, Autorità
Cari Confratelli nel Sacerdozio e nel Diaconato
Cari Fratelli e sorelle nel Signore
È per me un onore e una gioia partecipare alla festa di San Marziano, Patrono principale della Diocesi di Tortona. Sono grato a S.E. Mons. Vittorio Viola, Pastore di questa veneranda Chiesa, per il fraterno invito che esprime e rafforza l’affetto ecclesiale della Metropolia ligure. La presenza delle Autorità civili e militari, inoltre, rende manifesto il comune intento del bene comune nel rispetto delle diverse competenze e responsabilità.
Che cosa ha da dirci la figura di questo martire che la Tradizione attesta essere stato proto vescovo di Tortona? Che cosa ha da dire alla sua Chiesa e alla sua Città? Il Vangelo ascoltato sottolinea alcuni messaggi che hanno ricadute per noi Pastori, per la comunità cristiana, e per la comunità civile.
1. ‘Pregate il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe’
Il campo di lavoro nella Chiesa e nel mondo non è solo sterminato – dice Gesù -, ma è anche in attesa di operai generosi. Oggi non sembra che sia così; sembra piuttosto che la gente sia presa da mille cose materiali, che desideri il successo, il potere, il denaro; sembra che lo spazio per lo spirito sia sempre più secondario. Sembra di incontrare solo distrazione o indifferenza per le cose di Dio; sembra che il desiderio di essere salvati sia scomparso, poiché ognuno pensa di essere salvatore di se stesso. E poi, salvati da cosa? Se viene meno il senso profondo del peccato non si comprende più il mistero di Dio fatto uomo, della sua croce redentrice, della Pasqua.
Sul piano della società, inoltre, è sempre più fragile il senso di appartenenza ad una comunità, ad una storia, ad un popolo; e con l’appartenenza si fa più difficile la voglia di partecipare con sacrificio alla vita civile. Ma sotto la coltre, però, c’è l’attesa di pastori che parlino di Dio e della vita eterna; pulsano le domande inquietanti sul senso dell’esistenza, di cosa ci sarà dopo la morte; c’è l’attesa di punti veri di riferimento, di operai generosi del bene comune.
2. ‘Li inviò a due a due’
E’ la seconda indicazione del Maestro: non si annuncia il Signore da soli, come solisti del Vangelo, secondo opinioni, gusti, fantasie proprie, ma insieme come Chiesa, poiché la fede è sì un atto personale ma mai individuale, poiché è la fede apostolica, cioè della Chiesa. Questo ‘a due a due’ è dunque il criterio della nostra pastorale. La Provvidenza ci sospinge, anzi ci costringe a camminare insieme, laici, diaconi, sacerdoti e Vescovo: dobbiamo tutti essere docili allo Spirito che ci parla nelle Scritture, nella Chiesa e nelle circostanze della storia!
Ma anche sul piano sociale dobbiamo reimparare a camminare insieme attraverso l’esercizio del dialogo franco e costruttivo, dove l’obiettivo non è quello di prevalere, ma è cercare insieme il meglio per tutti, è coltivare il gusto del lavorare insieme, è coltivare il noi dove l’io di ciascuno si ritrova più completo, e libero dalle proprie prigionie.
3. ‘Non portate borsa, né bisaccia, né sandali’
La terza parola di Gesù ci rimanda al primato della fede. Non sono le nostre organizzazioni ecclesiali, le strutture e i mezzi che possono garantire l’efficacia della missione evangelizzatrice, ma la trasparenza della fede e dell’amore. Se anche venisse a mancare ogni strumento umano, ogni
forma di sussistenza come già in altre epoche della Chiesa, non potrebbe venir meno l’attrattiva del Vangelo, perché esso corrisponde alle esigenze profonde di ogni cuore: il desiderio di vita e d’amore, di infinito e di bene. Noi, fatti di terra, siamo destinati al cielo!
Ma questa raccomandazione vale anche per la convivenza sociale? Oh sì! Vale innanzitutto perché il nostro popolo nasce nell’alveo del cristianesimo, dentro ad una tradizione che ha ispirato arte e storia, economia e cultura. Che cosa potremmo comprendere del nostro modo di vivere, delle nostre città, borghi e paesi, senza la chiave di lettura evangelica? La raccomandazione di Gesù, però, vale anche in un altro senso: egli dice a tutti – qualunque sia la credenza di ciascuno -, dice ad una società serenamente laica, di non contare principalmente sul potere politico, economico, ideologico, ma sulla forza della ragione che cerca e scopre la verità delle cose; delle cose come sono non come vorremmo che fossero! Dice a tutti che qui dovrebbe risiedere la vera forza e il coagulo del vivere insieme, il criterio del bene comune. Quanto invece la ragione sia molto proclamata ma poco considerata è sotto gli occhi di tutti. Sembra che vi sia un’eclisse, o meglio una schizofrenia: quanto più la si invoca sul piano tecnico e scientifico, la ragione sembra sfiduciata quando si tratta di riconoscere i principi etici dei comportamenti personali e collettivi. Per questo è sempre più urgente ricuperare in modo critico e corale l’alfabeto dell’umano. Anche su questo terreno i cristiani, in quanto cittadini, non possono mancare: sono chiamati a portare un contributo coraggioso alla costruzione di una civiltà degna dell’uomo. L’immagine suggestiva del sale e del lievito, come quella della luce e della città posta sul monte, è criterio ineludibile per la vita cristiana.
Qui emerge la figura di San Marziano, Vescovo e martire. I martiri, di ieri e di oggi, sono rifiutati dallo spirito del mondo, non sono sopportabili, perché diversi dal pensare e dall’agire comune. Essi non vogliono fare i ‘diversi’, ma lo sono in nome della fedeltà al Signore. Non si sentono migliori, ma graziati. Non sono perfetti, ma tendono alla santità. Non vogliono isolarsi dagli altri, ma desiderano condividere un tesoro con tutti. Non odiano la vita, ma considerano la morte un passaggio alla luce. Non vanno contro corrente perché superiori, ma perché la fede li porta a vedere dove finirà la corrente che si stacca dalla fonte. Sono dei dissidenti non per presunzione, ma per fedeltà e per amore di Dio e degli uomini. Sì, i cristiani sono dei dissidenti per amore: la loro rivolta non è contro il mondo, ma perché non si perda.
Cari Amici, San Marziano esemplifica il Vangelo odierno, incarna questa dissidenza santa. Ci doni la luce della sua fede e la forza del suo amore.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova
Presidente della Conferenza Episcopale Italiana