“Una Chiesa attuale”

Omelia pronunciata in Cattedrale giovedì 18 aprile 2019 per la celebrazione della S. Messa crismale
18-04-2019
Arcidiocesi di Genova
Giovedì Santo, 18.4.2019, Santa Messa Crismale
OMELIA
“Una Chiesa attuale”
 
Cari Confratelli nell’Episcopato, nel Sacerdozio e nel Diaconato
Cari Fratelli e Sorelle nel Signore
 
È motivo di gioia raccoglierci attorno all’altare nel giorno in cui Gesù ha istituito l’Eucaristia e il Sacerdozio. Come ricorda il Concilio Vaticano II, in questo momento risplende in modo particolare il mistero della Chiesa, Corpo di Cristo e Popolo Santo, dove tutti sono figli con medesima dignità e diversi ministeri. Nella luce intima del cenacolo, fissiamo il volto del Signore, per meglio vedere il significato della nostra presenza nel mondo che amiamo e serviamo.
 
1. Altre volte ho detto che voi, Sacerdoti, non siete gli uomini del passato, ma i pastori del futuro. Così pure le comunità cristiane non sono rimasugli di un mondo vecchio, ma segno di un mondo nuovo, di un futuro già presente. Non dobbiamo dimenticare come Papa Francesco descrive la cultura contemporanea:”Il processo di secolarizzazione tende a ridurre la fede e la Chiesa all’ambito privato e intimo. Inoltre, con la negazione di ogni trascendenza ha prodotto una crescente deformazione etica…e un progressivo aumento del relativismo, che danno luogo ad un disorientamento generalizzato” (EG 64).
Cosa possiamo fare, noi cristiani, per stare evangelicamente nella storia di oggi? Come è possibile essere un piccolo segno di una realtà nuova, mentre una certa visione sembra ritenere che siamo fuori tempo, e antagonisti della modernità? Ma cos’è moderno? Cosa vuol dire essere attuale? Se per essere “moderni” bisogna assumere modi di pensare e di agire conformi alle mode prevalenti, allora è meglio essere “attuali”. Ma cosa significa in concreto? Essere attuali vuol dire pensare e vivere non secondo lo spirito del tempo, ma secondo l’uomo, secondo le sue aspirazioni più profonde e più vere: questi aneliti possono assopirsi, ma non possono né cambiare né morire. Le mode passano, mentre ciò che corrisponde in profondità al cuore umano è durevole, e quindi sempre attuale anche se viene ritenuto fuori moda. Dio è più attuale di tutto.
 
2. Cosa possiamo fare noi Pastori di fronte a sfide che appaiono così grandi e sproporzionate alle nostre forze? Noi ci sentiamo come il piccolo Davide di fronte al gigante!
Cari Confratelli e figli, quando tutti i giorni fate in modo che le vostre chiese siano aperte; quando siete disponibili ad accogliere chiunque si presenti, disponibili all’ascolto, ad una parola, ad un aiuto possibile…non è forse questo più corrispondente all’uomo che ha bisogno – nella sua umanità – di spazi dove non debba lottare per essere visibile, per avere attenzione e benevolenza? Quanta gente, nel mondo sviluppato, ha un’abitazione ma non ha una casa!
Quando con dedizione siete fedeli ai vostri impegni sacerdotali e di pastori, non è questo più adeguato all’ umana natura, che sente la nostalgia di qualcuno su cui contare nonostante una società fragile e non sempre affidabile?
Quando, nel vostro servizio, cercate con pazienza di comporre i contrasti e le divisioni sempre in agguato pure nelle comunità cristiane, quando vi adoperate a temperare i protagonismi anche di collaboratori generosi, e a questo vi dedicate ogni giorno, sapendo che fa parte della vostra missione di pastori… tutto questo non è forse la risposta più attuale alla diffusa esperienza del conflitto, della litigiosità, della incapacità di perdono e di riconciliazione che attraversa la società moderna?
 
Quando – anche con fatica – andate a benedire le persone nelle loro case o nei luoghi di lavoro, potete dire una parola e comunque lasciate un messaggio, non è questo più connaturale al bisogno di sentirsi non solo visitati, ma anche cercati e desiderati, perché tutti siamo importanti agli occhi di Dio e della Chiesa? Una malintesa cultura moderna tende a isolare, a dare peso solo a chi produce, ha successo; misura ciascuno non secondo quella dignità umana inviolabile che la società non crea, ma solo deve riconoscere, difendere e promuovere.
Quando ogni giorno ripetete le stesse cose secondo un ordine flessibile ma benedetto, dalla cura dei malati a quella delle famiglie, dei bambini, dei giovani e degli anziani; quando incontrate o siete visitati dai poveri; quando ascoltate le pene e le miserie di tanti con pazienza e bontà, quando spesso dovete curarvi la casa, il cibo e il vestito; quando dovete – come un padre di famiglia – provvedere al mantenimento della vostra chiesa e delle opere parrocchiali. Quando state diritti in mezzo a incomprensioni, pregiudizi, luoghi comuni radicati…la tentazione di lasciar andare la barca alla corrente può essere grande, tanto più con l’illusorio tentativo di recuperare le anime. Ma – ci chiediamo – l’adesione ai vostri doveri quotidiani, non esente peraltro da sorprese e meraviglie, non è forse la risposta più attuale al bisogno degli uomini moderni di vedere che la fedeltà alle cose che si ripetono è ancora possibile, ed è vissuta non come un triste fardello, ma come bellezza e fecondità?
 
3. Cari Amici, qualunque nuova iniziativa è possibile se è segnata dal sigillo della comunione presbiterale e non del protagonismo individuale. Ma non dimenticate mai che la fedeltà quotidiana ai nostri doveri pastorali, in mezzo alla nostra gente, è come l’impegno del contadino che lavora la terra dura e bassa dei nostri monti, o come la fatica del pescatore che nel cuore della notte prende il largo per la pesca: prima o poi la rete porterà frutto. Essi hanno fiducia nelle loro forze, noi abbiamo fiducia in Dio.
E’ ciò che il Santo Padre ha spiegato in una bella intervista ai Vescovi polacchi durante la Giornata Mondiale della Gioventù a Cracovia (2016): Richiesto di spiegare che cosa significhi “Chiesa in uscita”, egli ha così risposto (cito solo alcuni passaggi): “La parrocchia è sempre valida, deve rimanere! (…) Ci sono parrocchie con le porte aperte, dove, quando viene qualcuno a domandare, si dice: ‘Si accomodi, qual è il problema? E si ascolta con pazienza…perché prendersi cura del Popolo di Dio è faticoso (…) Il Signore ha chiamato noi perché ci stanchiamo un poco, per lavorare e non per riposare (…) Penso ad una parrocchia di Buenos Aires: quando i fidanzati arrivavano per sposarsi, la segretaria diceva ‘questi sono i prezzi’. Una parrocchia così non va! (…) Nelle parrocchie – non quelle dei quartieri piccoli, ma nelle parrocchie che sono in centro – se c’è un confessionale con la luce accesa, la gente va. (…) Noi Vescovi dobbiamo domandare questo ai preti: ‘Visiti i carcerati, gli ammalati, le vecchiette? E con i bambini (…) come li fai giocare?’ (…) La parrocchia è importante! Qualcuno dice che la parrocchia non va più, perché adesso è l’ora dei movimenti. Questo non è vero! I movimenti aiutano, ma non devono essere un’alternativa alla parrocchia: devono aiutare nella parrocchia! (…) Quando una parrocchia va avanti così si realizza quello che io chiamo “parrocchia in uscita”. (…) In un paese non era abituale che si battezzassero i bambini perché non c’erano soldi, ma nella festa patronale si preparava la festa dei battesimi visitando prima le case per vedere i bambini non battezzati.” (Incontro del Santo Padre Francesco con l’Episcopato Polacco, Cracovia 27.7.2016).
 
4. Vi ringrazio perché ci siete e per ciò che fate. I limiti e gli errori fanno parte della nostra umanità, ma il desiderio di essere fedeli al Signore e agli uomini d’oggi è grande. In nessuno, crescendo gli anni e diminuendo le forze, questo desiderio viene meno. E ciò commuove! Nessuna ombra – seppur grave – può cancellare il bene sconfinato di tantissimi che – in qualunque età e condizione – dedicano la vita agli altri. Visitando parrocchie e vicariati, mi accorgo che non pochi laici collaborano con fede e umiltà generosa. A tutti loro diciamo il nostro grazie affettuoso, e l’invito a continuare aggregando nuove energie, perché la vita scorre per tutti. Non solo non dobbiamo temere perché Gesù è risorto ed è sempre con noi: noi lo crediamo, ma anche dobbiamo aiutarci a vederlo nelle pieghe delle nostre giornate. Vi prego di stare più insieme, di essere più fedeli agli incontri di fraternità in Diocesi e nei Vicariati. Fate di tutto per non mancare mai: dobbiamo aiutarci di più, prima che nella collaborazione pastorale, nel vivere con gioia e allegria l’essere preti e religiosi. Non esito a dire che mancare agli incontri di formazione è mancare alla volontà di Dio.
Vi chiedo anche di osare di più nel cercare e chiedere collaborazioni, anche a chi sembra lontano o freddo nei confronti della Chiesa. Ricordate: quanto più la gente si percepisce sola, tanto più si rinchiude e non si fa avanti, anche nel volontariato. Per questo non dobbiamo fermarci all’apparenza, ma dobbiamo osare e domandare aiuto in piccole cose, sapendo che nel fare il bene nasce l’affetto al bene, che fa bene a chi riceve e a chi opera.
Alziamo lo sguardo verso Colei che è sempre attuale perché risponde all’universale desiderio di tenerezza: la Santa Vergine. A Lei, Madre e Regina di Genova, vada l’ultima preghiera della sera, per Lei ogni battito del nostro cuore di uomini e di pastori. Amen!
Card. Angelo Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova
 
 
condividi su