1 gennaio 2013
Il primo giorno dell’anno civile è dedicato a Maria Santissima, Madre di Dio. E’ come se il primo sguardo del nuovo anno, il primo battito del cuore, fosse per Lei, la Grande Madre. La prima parola della Chiesa è dunque simile a quella di un bimbo che comincia la vita: mamma. E’ Maria! Nell’anno della fede, che il Santo Padre Benedetto XVI ha indetto, vogliamo seguire il pellegrinaggio della Santa Vergine dietro a Gesù, per imparare da lei a credere veramente, a farci discepoli docili del divino Maestro, a riscoprire la gioia della fede, e il bisogno di dire a tutti la lieta notizia che Dio ama l’uomo e lo salva. Per annunciare al mondo che nessuno è solo, nessuno è orfano, neppure i troppi orfani della terra: tutti abbiamo un Padre lassù nel cielo, un Padre che si è fatto vicino a noi nel Verbo eterno. All’inizio del nuovo anno, dunque, è questa la prima nota che deve risuonare; ed è questo il primo motivo della nostra fiducia per guardare questo nostro tempo non privo di nubi. Lui, il Signore, è con noi, l’Eternità abita nei nostri giorni, l’Infinito si nasconde nelle pieghe a volte dolorose della nostra finitezza. Come sarebbe bello se vivessimo questo nuovo anno nella coscienza che il cielo vive già sulla terra, che nessun frammento di bellezza e di bontà, nessun sacrificio va perduto, ma tutto anticipa il cielo e costruisce il Regno di Dio!
Il vangelo che abbiamo ascoltato ha al centro il Bambino Gesù nella mangiatoia, ma attorno a Lui vediamo Maria e i pastori. La prima, presa dalle cure del Bimbo in una situazione di estrema povertà, non si lascia soverchiare dalle circostanze, mantiene invece la libertà spirituale così da serbare e meditare nel suo cuore tutto ciò che stava accadendo. A volte noi siamo talmente presi dalle cose che non abbiamo più spazio interiore per raccogliere e conservare gli avvenimenti che portano sempre un messaggio di Dio: e così perdiamo il tesoro nascosto che Lui ci offre sotto i panni ruvidi delle situazioni.
I pastori, poi, dopo essere andati senza indugio verso il luogo indicato dagli angeli – la grotta di Betlemme – se ne tornano “glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto”. In questa piccola espressione, l’ evangelista Luca comprime una ricchezza sorprendente. La loro lode nasce da ciò che hanno visto e udito, e questo non vale solo per loro, fortunati spettatori dell’evento che ha iniziato una nuova storia: l’incarnazione del Figlio di Dio. Ma vale anche per noi che siamo chiamati a vedere e ascoltare le meraviglie del suo amore. Si tratta però di aprire gli occhi e attivare l’udito della fede: senza questa docilità interiore non vedremmo neppure un morto che risorge! All’inizio del nuovo anno siamo dunque chiamati non solo a fare spazio alla riflessione, ma anche a meditare nella luce della fede perché ogni accadimento sia per noi un “vedere e udire” il Signore presente.
Il Vangelo continua dicendo che i pastori tornarono alle loro occupazioni “glorificando e lodando Dio”. Penso che la lode dei pastori non sia durata per un tempo ma per tutta la loro vita. Come potrebbe essere altrimenti quando il cuore di un uomo è attraversato dal Divino che si manifesta? Si rimane feriti per sempre. Vivere di lode, dunque, non significa essere esenti dalle croci, ma feriti dalla luce. I pastori, però, anche glorificano Dio. Che cosa aggiunge questa nota al canto della lode? La lode può rimanere intima all’anima, presente ma segreta nel nostro mondo spirituale, come il cuore che non si vede ma pulsa e come il sangue che circola vitale e discreto.
La gloria, invece, possiede un’altra dinamica: si manifesta a tutti perché tutti possano conoscere e ammirare, lodare e godere delle opere di Dio. Ecco perché i pastori tornano, lodano e glorificano il Cielo che si è manifestato: tutti devono sapere per poterne vivere. Cari amici, diamo noi gloria a Cristo Gesù? siamo spinti verso i fratelli per darne lieta testimonianza, per dirne le lodi, per cantarLo affinché il mondo creda? E’ lo slancio missionario che la Chiesa ci chiede non come un dovere pesante, ma come la gioiosa necessità del cuore che ha trovato la Speranza vera e affidabile, la via della vita.
Sia questo l’augurio che ci facciamo all’inizio del nuovo anno segnato da speranze e incertezze, luci e ombre su persone e famiglie, giovani e anziani; su popoli e Nazioni. Anche la pace sarà meno difficile se l’orizzonte sarà quello dei pastori che hanno visto e udito, sono tornati alla vita quotidiana lodando e glorificando Dio.