Santa Messa di Esequie per il Cardinale Giovanni Canestri

Omelia pronunciata in Cattedrale per i funerali del Cardinale Giovanni Canestri, Arcivescovo emerito di Genova
04-05-2015
Arcidiocesi di Genova
Cattedrale di San Lorenzo 04.05.2015
 
Santa Messa di Esequie per il
 
Cardinale Giovanni Canestri
Arcivescovo emerito di Genova
OMELIA
1. Genova è onorata di poter custodire le spoglie mortali di Sua Eminenza il Cardinale Giovanni Canestri, nostro Arcivescovo dal 1987 al 1995. È onorata e riconoscente che il suo Pastore abbia scelto quella che fu e resta la sua Cattedrale in attesa della risurrezione dei corpi, quando il Signore Gesù ritornerà glorioso, non ci sarà più né morte né pianto, ma solo pace e gioia: e Dio sarà tutto in tutti. L’Arcidiocesi e la Città sono segnate dal suo servizio pastorale: egli successe al Cardinale Giuseppe Siri il 6 luglio del 1987, come conclusione del suo lungo ministero episcopale – 51 anni nei quali la Chiesa gli chiese a più riprese una generosa obbedienza: dalla sua Diocesi nativa Alessandria – a Roma, poi a Tortona, di nuovo a Roma, quindi a Cagliari, per approdare infine a Genova. Gli ultimi anni li visse a Roma, da dove era partito, e dove fu accudito con amorevolezza di figlie dalle Suore Apostole del Sacro Cuore di Gesù. A voi, care Sorelle, la gratitudine di tutti. Al Cardinale Canestri Genova è riconoscente, e la presenza di tanti Sacerdoti e Presuli – Cardinali e Vescovi – e autorità civili e militari che saluto e ringrazio fraternamente – ne è significativa testimonianza. A Roma, in San Pietro, la partecipazione del Santo Padre alle esequie è stato il segno più alto di quanto la Chiesa lo ama e gli deve. Papa Francesco mi ha incaricato di testimoniare pubblicamente il suo affetto e la sua venerazione per il nostro Pastore.
2. Cari Confratelli nell’ Episcopato, nel Sacerdozio e nel Diaconato, mentre guardiamo le sue spoglie mortali, lasciamo che l’onda dei ricordi si sciolga in noi, perché le espressioni del suo volto e le sue parole riscaldino ancora i nostri cuori e continuino ad ispirare il nostro cammino pastorale.
Tutti ricordiamo il suo amore incondizionato alla Chiesa e al Successore di Pietro, la sua obbedienza pronta e generosa – generosa e pronta perché soprannaturale -, la cura per i suoi Preti e seminaristi. Non si stancava di raccomandarci “la devozione all’Eucaristia, la fiducia piena nella Madonna, la fedeltà alla Chiesa e al Santo Padre, l’obbedienza al Vescovo, la determinazione tenace per l’aggiornamento, lo zelo per le vocazioni sacerdotali e di speciale consacrazione” (dal Testamento). Con l’orecchio interiore risentiamo il tono della sua voce suadente, autorevole, a volte implorante, perché queste raccomandazioni non cadessero nel vuoto ma mettessero radici nelle nostre anime. E in questa direzione non solo ha esortato, ma ha anche operato – giornate, incontri, viaggi, esercizi spirituali, colloqui…- mettendo in campo con discrezione la sua lunga esperienza di maestro di anime.
3. La sua guida pastorale è stata prudente e lungimirante; ha tenuto la barra sempre diritta, ispirandosi alla legge suprema della Chiesa, la “salus animarum”. E se molte furono le iniziative, tutte però dovevano essere legate ad un unico filo, la comunione del Clero, delle persone consacrate, delle comunità cristiane. In questa prospettiva, non cessava di ripeterci che era meglio fare un passo insieme piuttosto che due da soli. Grande principio ecclesiale, che traduceva in modo semplice e diretto le parole del Vangelo e il respiro del Concilio Vaticano II, a cui aveva avuto la gioia di partecipare. In questa prospettiva, ma anche prevedendo i tempi, insistette sulla vita dei vicariati, sui Consigli Pastorali vicariali, su possibili servizi comuni. E su questa strada io stesso continuo ad incoraggiare – preti e laici – nella continuità sua e degli altri miei venerati Predecessori.
Vorrei citare ancora alcune sue parole per il bene spirituale di tutti: “Ho passato una vita felice sentendomi Sacerdote romano, ministro di Dio per l’umanità; ma devo confessare qui che per tutta la vita mi ha accompagnato, facendomi soffrire, una pungente insoddisfazione perché sono stato pigro nel corrispondere all’Amore Infinito che mi ha voluto Sacerdote, Vescovo, Cardinale” (dal Testamento). Cari Amici, il giudizio è solo di Dio e questo ci conforta, ma possa essere anche nostra questa santa e pungente insoddisfazione, che sicuramente – come per lui – ci pungola ad essere sempre più generosi e corrispondenti alla sovrabbondanza della Grazia.
4. L’ultimo pensiero che vogliamo raccogliere dal suo cuore, nel quale ci ha permesso di entrare in punta di piedi, è una grande, umile, confessione di fede: “Mi presento al tribunale di Dio Giudice, umiliato perché ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, nonostante i tantissimi e grandissimi doni ricevuti. Non soltanto non dispero ma – come con la Santa Chiesa Cattolica nostra Madre infallibile ho tante volte insegnato – professo la mia fermissima fede nella bontà infinitamente misericordiosa del nostro Dio che è sempre pronto a perdonare nel sacramento della Riconciliazione”. Oh sì, queste parole sono veramente un dono per tutti noi. Le accogliamo con affetto di figli perché nascono dal cuore di un Pastore che ha voluto tornare a casa, tra i suoi. La storia si ripete! In questi giorni, attorno alla sua salma ho visto sfilare una folla commovente: era la gente semplice, il popolo degli umili che lo ricordano come Padre. Molte le teste bianche – uomini e donne – ma anche giovani che l’hanno conosciuto per sentito dire o che, comunque, intuiscono che nel Vescovo vi è una presenza diversa, più alta, che si fa sensibile e vicina. Genova lo ha amato perché era il suo Arcivescovo e perché era lui: e lui ha amato Genova perché è parte viva della Chiesa, e perché è lei; lei con la sua storia, la sua bellezza struggente, la sua ruvida schiettezza, il suo cuore grande. E noi, come figli, lo abbracciamo e ne custodiamo le spoglie, sapendo che la sua anima immortale continuerà a guardarci – ora più e meglio di prima – dal Paradiso, e la sua preghiera per noi ricambierà con sovrabbondanza il nostro affetto.
La Madonna della Guardia, Sant’Andrea della Valle di cui portava il titolo cardinalizio, San Siro sulla cui cattedra è stato maestro della fede, accompagnino la sua anima verso il trono della misericordia e dell’amore, meta sempre presente della sua vita di cristiano e di Vescovo.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova
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