Omelia pronunciata in Cattedrale nella S. Messa nella Domenica delle Palme
25-03-2018
Arcidiocesi di Genova
Domenica delle Palme, 25.3.2018
OMELIA
“Salì verso Gerusalemme”
Cari Fratelli e Sorelle
Ogni anno ci commuove – nella Domenica delle Palme – salire con Gesù verso Gerusalemme. Dopo che Pietro professa la fede con le parole “Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio”, il Signore si incammina deciso verso la Città Santa per celebrare la Pasqua, ma in realtà per farsi Lui agnello immolato non sull’altare del tempio, ma sull’altare della croce. Nel suo corpo offerto e nel suo sangue versato, Egli inaugura la nuova Pasqua, quella che è celebrata per sempre nei cieli. Dalla sommità del Calvario, l’agnello innocente attirerà tutti a sé e aprirà nel mondo lo spazio di Dio, l’accesso che porta l’umanità all’altezza di Dio! Anche noi siamo invitati a salire con Gesù verso Gerusalemme; siamo chiamati a salire in alto fino a Dio. Ma è possibile questo?
Nella storia, l’uomo ha sempre coltivato il desiderio di essere come Dio. Anche oggi – con le conquiste del genio umano – ci insidia la pretesa di metterci al posto di Dio, di elevarci alla Sua altezza, di non dipendere, di non dover rispondere a nessuno delle nostre scelte. Spesso la civiltà individualista – nelle sue molte rivendicazioni – non mira tanto a raggiungere delle legittimazioni culturali e giuridiche, ma piuttosto vuole che sia riconosciuto l’individuo come norma morale dell’agire, fonte dei valori pubblici e privati. Non è forse voler spodestare Dio, pretendere di essere come Lui? Il progresso veloce e sorprendente della scienza e della tecnica è certamente un bene dell’umanità e corrisponde al disegno del Creatore, ma racchiude la tentazione: bisogna ricordarlo.
Non dobbiamo dimenticare anche che l’uomo vive tra due forze di gravità. C’è una forza che ci attira verso il basso: essa è potente e gioca sugli istinti non governati, tale forza si chiama egoismo, interesse, menzogna, arroganza. Insieme alla capacità di fare il bene, dunque, cresce anche la capacità di fare il male: questa possibilità è come una tempesta minacciosa sopra la storia. Anche i nostri limiti sono rimasti. Ma dall’altro lato, vi è la forza di gravità dell’amore di Dio: l’essere amati da Dio e il nostro amore per Lui ci attirano verso l’alto. Sicuramente abbiamo avuto la grazia di conoscere delle persone umili e nascoste, lontane da ogni ribalta, ma che sentiamo vivere in alto, in un’altezza interiore che li rende particolarmente vicini e attrattivi, perché – senza accorgersi – ci fanno del bene, ci aprono a un modo di pensare e di vivere più limpido, luminoso, bello. Non è un’altezza di prestigio e di censo, di potere e di notorietà, ma di tutt’altro genere, è l’altezza di Dio verso la quale Gesù – a Gerusalemme – s’incammina deciso per farsene strada, ponte e porta per tutti.
Nella celebrazione della Messa, il Sacerdote ad un certo momento ci invita dicendo “in alto i nostri cuori”. Forse non sempre siamo presenti a ciò che ascoltiamo e a ciò che diciamo nella divina Liturgia: rischiamo di essere distratti, di non farci più caso, come se il sacrificio di Cristo fosse scontato. Noi rispondiamo che i nostri cuori “sono rivolti a Dio”, sapendo però che non siamo noi a tirarci verso Dio, perché solo Dio può sollevarci fino a sé. Per questo Cristo è disceso fino all’ estrema bassezza dell’esistenza umana per tirarci in alto verso il Dio vivente.
Cari Amici, all’inizio della Settimana Santa – cuore dell’Anno Liturgico – siamo invitati a seguire Gesù: lo abbiamo fatto con il segno della processione d’ingresso. E’ un simbolo di quello che è la salita della fede. Il triduo Santo ci farà vedere i passi decisivi di questo salire verso Dio. Sì, ce li farà vedere nella semplicità nobile ed eloquente dei segni liturgici; e ci inviterà ad entrare in questo cammino verso l’alto, a mettere i nostri poveri passi umani dentro alle tracce divine di Cristo. Lasciamoci attirare con umiltà e fiducia, accompagnati da Maria, la Santa Madre di Dio.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova