Prese i cinque pani e i due pesci

Omelia della Solennità del Corpus Domini
08-01-2014
 Omelia della Solennità del Corpus Domini
 
Genova, Cattedrale di San Lorenzo,
2 giugno 2013
 
Cari Fratelli e Sorelle
 
Dopo la pubblica professione di fede, che ieri abbiamo fatto al termine della processione del Corpus Domini per le nostre strade, oggi celebriamo il Mistero Eucaristico nel raccoglimento delle nostre chiese. Tra il tempio e la strada vi sono evidenti differenze, ma una continuità sostanziale. Possiamo dire vi è una reciprocità di fede: se l’altare invia verso le strade della vita perché la fede sia vera e feconda, la strada rimanda all’altare perché tutto diventi luminoso e possibile. Perché cresca il Regno di Dio sulla terra, cresca la bontà tra gli uomini, perché continui il miracolo dei pani e dei pesci.
Nell’episodio evangelico, possiamo rileggere il senso e la stessa dinamica della Messa. I cuori ascoltano il Maestro perché dona parole di vita, di speranza; parole che scendono nell’intimo come l’olio sule ferite, che riaccendono la fiducia e aprono alla gioia vera. Non è forse questa la liturgia della Parola di Dio, mensa alla quale il Signore incoraggia, richiama, rafforza? Il desiderio di ascoltarLo da parte della folla è tale che il resto scompare, perfino la fame e la sete, la stanchezza. E noi, chiediamoci, siamo così disposti e desiderosi di ascoltare le parole della Scrittura, la parola del celebrante, parola povera ma autorevole perché ministro della Chiesa? O forse a volte cerchiamo la messa più breve? Se così fosse, dovremmo piuttosto misurare il nostro amore per Dio.
E poi, Gesù ordina ai suoi di sfamare la folla senza rimandarli a casa: siamo alla fine del giorno, il cammino fatto è molto, e quello del ritorno aggiungerebbe fatica a fatica: e tutto quello che ha insegnato sull’amore di Dio per tutti, i piccoli e i poveri, gli umili e i peccatori? Quale eco avrebbe se li avesse lasciati a se stessi con la loro stanchezza? Gesù vuol dare alla gente una prova concreta delle verità delle sue parole: e agli Apostoli vuole insegnare come vivere la chiamata e come stare tra la gente da discepoli. Chiede loro di portare quel poco che hanno: ecco il cuore della vera partecipazione alla Messa: portare ai piedi di Gesù il poco che siamo, sottometterlo alla sua volontà d’amore, spogliarci – ogni volta di nuovo – del nostro “io” e deporlo sull’altare di Dio. E allora avviene il miracolo: il Signore accoglie ciò che siamo e che Gli presentiamo con cuore umile, lo fa suo e lo depone nel calice del suo amore sacrificato sulla croce. Ciò che poniamo nella mani di Dio si moltiplica, in un certo senso diventa infinito ed eterno, raggiunge ogni angolo della terra, i confini del mondo, quelli della geografia, e quelli dell’anima.
Ecco la Santa Messa, il Mistero dell’Eucaristia che invia alla strada perché l’incontro con Cristo diventi vita vissuta là dove siamo, e così sfamare le molte fami che incontriamo. Ma, nello stesso tempo, la strada – con il suo peso, le sue complessità e durezze – rimanda all’altare perché l’anima sia purificata dalla misericordia, illuminata dalla Parola di Dio, fortificata dal Pane di vita. C’è bisogno del porto per prendere il largo, come c’è bisogno del mare aperto per misurare la verità della barca. Per questo, il Concilio Vaticano II afferma che l’Eucaristia è “fonte e culmine” di tutta la vita cristiana.
Cari Amici, non finiremo mai di parlare di questo Mistero, ma soprattutto dobbiamo celebrarlo, adorarlo per poterlo vivere per la gioia nostra e del mondo.
 
Angelo Card. Bagnasco
 
 
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