Cari Fratelli e Sorelle nel Signore
Sono lieto di darvi il benvenuto in questa Cattedrale, cuore di Genova, e di celebrare la Santa Eucaristia con voi e per voi, che siete qui convenuti da molte parti d’Italia per celebrare il decimo incontro nazionale di San Massimiliano. A lui guardiamo con affetto, come giovane protettore ed esempio per voi e per quanti sono – a qualunque titolo – ‘operatori di pace’.
1. La preghiera, fondamento del servizio
La sua storia è nota, e ancora una volta ci sospinge a pensare e a pregare. La preghiera, infatti, è il fondamento cristiano di ogni progetto di vita e di ogni servizio nella Chiesa e nel mondo; condizione per essere umilmente lievito e sale della società di cui tutti siamo responsabili. La preghiera, infatti, è guardare a Cristo Gesù, Principe della pace e sorgente di quell’umanesimo integrale che la Chiesa italiana ha messo a tema del Convegno Ecclesiale di Firenze nel prossimo anno. Cè tanto bisogno di ricuperare l’alfabeto dell’umano, i fondamentali della persona e del vivere insieme, l’elementare grammatica dei rapporti in famiglia, nei gruppi, nell’economia e nella finanza, in politica, tra i popoli e gli Stati. Sembra, infatti, che il criterio dominante debba essere l’interesse individuale o di parte, una visione individualistica delle cose e della vita. Guardare a Gesù, nel silenzio della preghiera personale e comunitaria, ci riporta alle origini, ci aiuta a non diventare preda della superficialità, dei luoghi comuni, del pensiero unico che, mascherandosi di libertà, vuole imprigionare la mente e il cuore, Vuole isolarci gli uni dagli altri, per meglio dominare le coscienze e manipolare i destini dei singoli e delle Nazioni. San Massimiliano di Tebessa ci ricorda la strada: nel momento della prova ha tenuto fisso lo sguardo su Cristo, fiero di essere cristiano per grazia, lieto di morire per Lui. Teniamo noi lo sguardo fisso su Gesù, il Figlio di Dio che dona la vita fino a morire? Teniamo lo sguardo su di Lui nelle nostre scelte quotidiane, negli affetti e nei doveri, nella famiglia, con gli amici, verso i più deboli che sono la carne di Cristo?
2. Conversione alla fraternità
Il Santo Padre Francesco – del quale ricorre il primo anniversario di elezione – ci incalza alla conversione. E lo stesso invito pressante che ci viene dalle Scritture: la gente di Ninive ha creduto alla parola del profeta Giona, e ha imboccato un cammino di penitenza e di cambiamento che ha commosso il cuore di Dio. Ma quanto è impegnativo cambiare la mente e il cuore, per poter cambiare la vita! Non si tratta infatti di qualche aggiustamento secondo le mode, o di ripetere le parole in voga! Si tratta di vigilare sulla nostra libertà interiore. E’ così difficile essere liberi veramente: il pregiudizio, lo schema radicato, le pressioni esterne, i gusti o gli stereotipi, sono alla porta di tutti, insidiano la nostra libertà di pensare, di amare e di agire, cambiano i modi di stare insieme e di fare società e cultura. Ecco il richiamo mai superato alla conversione del pensare e dellagire per essere operatori di pace secondo il Vangelo. Il Santo Padre – nel Messaggio del primo dell’Anno- ci ha indicato una via per tenere desta la nostra coscienza di cristiani: la fraternità. L’uomo viene da Dio che è Amore ed è creato per amare ed essere amato. Fuori dell’ amore non sappiamo neppure chi siamo. Esso, infatti, non è una esperienza della vita, ma la nostra pasta, il nostro stesso essere. Per questo la fraternità è il nostro destino.
3. Palestre di relazione
Ma contro, gioca la ‘globalizzazione dell’indifferenza, che ci fa lentamente abituare alla sofferenza dell’altro chiudendoci in noi stessi’ (n. 1). Allora un passo nella nostra conversione è proprio questo: stare attenti a non diventare indifferenti al dolore e alla violenza che circola per il mondo, lontano e vicino a noi. Non abituarci alla sofferenza di nessuno, specialmente di coloro che sono fatti invisibili dai poteri forti; di coloro che non hanno voce o volto per affermare se stessi. Come a Ninive, anche oggi un virus mortale ammorba l’aria: sono ‘le nuove ideologie, caratterizzate dall’individualismo, egocentrismo e consumismo materialistico’ (ib.). Queste indeboliscono inesorabilmente i legami sociali, e rinchiudono ognuno nel proprio angusto perimetro con l’illusione di difendersi e salvarsi. Ma da chi? C’è bisogno di scuole di relazione, di palestre del vivere insieme: dove sono questi luoghi? Certamente è la famiglia il primo spazio naturale dove s’impara a convivere nella differenza e ad appartenere ad altri, e dove i genitori trasmettono la fede ai loro figli. E poi le nostre Parrocchie, le Associazioni giovanili, i molti servizi che la comunità ecclesiale da sempre offre per il bene di tutti, oggi in particolare in tempo di grave crisi sociale, economica e lavorativa. Ma, come ho detto altre volte, sarebbe auspicabile anche un tempo di servizio civile per tutti, come tirocinio nel quale – giorno per giorno – si vive e si condivide un progetto di vita, degli ideali alti; dove si sperimenta la dura scalata delle buone relazioni, dove si impara nella carne a riconoscere e superare i propri individualismi, dove si scopre che sono i legami che ci liberano, e dove e si assapora, senza retorica, la gioia della comunione e del dono.
A voi, cari Amici, il grazie mio e della Chiesa che è in Italia: i Pastori vi sono vicini con stima e fiducia. Continuiamo a camminare insieme guardando a Gesù, che nella grazia dei sacramenti ci rimette, ogni volta di nuovo, nel circolo liberante della fraternità.