“Nella vita è la mano del Creatore”

Omelia pronunciata a Magenta nella S. Messa del Giubileo Straordinario Locale per il Centenario della nascita di santa Gianna Beretta Molla
15-05-2022

Magenta 15.5.2022

Giubileo Straordinario Locale per il Centenario della nascita di

santa Gianna Beretta Molla

Apertura della Porta Santa

 

OMELIA

“Nella vita è la mano del Creatore”

Cari Fratelli e Sorelle nel Signore,

ringrazio il Parroco di questa Comunità per il gentile invito a iniziare con voi il Giubileo Straordinario locale. Il centenario della nascita di Santa Gianna Beretta Molla è l’occasione di questo evento spirituale che, come la brezza dello Spirito, avvolge Magenta e Mesero, luoghi dove Santa Gianna è nata, ha vissuto e lavorato, ha dato la vita, è salita al Cielo, e dove le sue spoglie sono custodite e venerate.

E’ un onore per me, ma soprattutto un momento di grazia da condividere con voi, elevando lo sguardo a questa figura luminosa che  – nella concretezza dei giorni e dei doveri di sposa, di madre e di medico – ci indica la bellezza della santità a cui tutti siamo chiamati.

L’apertura della Porta Santa è un gesto fortemente evocativo che ci introduce nel mistero del Signore Gesù, cuore della fede e destino del pellegrinaggio terreno. La porta della vita eterna è Cristo, il pascolo alto è Cristo, la via per giungere alla porta è Cristo, la forza per camminare è Cristo, la luce per non perdere la strada è ancora Cristo. Non finiremo mai di parlare di Lui!

 

  1. “Se non avessi la carità”

L’Apostolo Paolo ci porta al centro della vita cristiana, e in questa luce appare la figura di Santa Gianna. Nella lettera ai Corinti, infatti, siamo invitati a desiderare i carismi più grandi; ma quali sono? I carismi più grandi non sono le opere che facciamo, ma ciò che siamo. Gli esempi fatti da Paolo, come il carisma della cultura, della sapienza teologica, della sapienza veggente, di una fede tale da trasportare le montagne, della generosità verso gli altri fino al sacrificio, tutto questo e altro sarebbe ancor poco se non avessimo la “carità”. L’Apostolo distingue, quindi, le opere della carità dalla carità stessa: dove sta dunque la differenza per riconoscere questi due mondi connessi, per non ingannarci sul nostro fare il bene?

Innanzitutto è l’intenzione. San Paolo dice che se facciamo il bene per “averne vanto”, a nulla serve. Come a dire che il bene bisogna farlo bene! E questo dipende da ciò che pensiamo, dallo scopo interiore che noi conosciamo e che Dio vede.

Nella società dell’immagine, per cui tutto deve essere esibito – anche ciò che non è bene – tutto diventa spettacolo per attirare attenzione e consenso. Questa cultura spinge l’uomo a cercare fuori di sé la propria identità e il proprio valore; ma quando il consenso si oscura e il sipario cala, allora è facile cadere nello smarrimento di fronte alla implacabile domanda: chi sono io? Che significato ha la mia vita? Quale consistenza hanno le mie relazioni, gli altri, gli affetti, il lavoro? Qual è il senso del mio esistere e la prospettiva della morte?

Non basta fare il bene se lo scopo è essere ammirati dal mondo, poiché il mondo non può dare il senso della vita, ma solo l’eterno; e le cose finite non possono colmare l’infinito del nostro cuore. Il bene chiede di essere fatto ne segno della gratuità non dell’interesse individuale.

Santa Gianna ha dato la vita per dare la vita al frutto del suo grembo: non c’è amore più grande di quello di dare la vita per coloro amiamo.

Ma c’è un altro motivo. L’amore viene dall’Amore, e questo è ciò che l’Apostolo chiama carità. Avere la carità, dunque, significa amare Dio e quindi tutto ciò che Dio ama.  Più precisamente significa lasciarci amare da Dio che è Amore e che, amandoci, ci rende capaci di amare Lui, noi stessi, gli altri, il mondo. E’ dunque questo il carisma più grande: se le opere buone, le varie forme di carità non fluiscono dall’amore che Dio genera in noi, ogni atto generoso nascerebbe solo da noi stessi, dalla nostra volontà, sarebbe solamente etico, risponderebbe a dei valori morali. Invece, ogni gesto d’amore, di servizio, di nobiltà, di sacrificio deve sgorgare da Dio che è in noi, affinché sia un atto “cristico”, cioè di Cristo che continua attraverso di noi l’opera della salvezza.

 

  1. La santità nella vita

Santa Gianna viveva fin da giovanissima dell’Eucaristia quotidiana, del santo Rosario, del Vangelo: non sono forse queste le vie dell’intimità con Dio, le sorgenti della santificazione nei doveri del proprio stato di sposa, di madre, di professione? Sono i sentieri della santità fino al martirio della vita donata.

Viviamo tempi di disorientamento culturale e sociale: la confusione e il disagio sono diffusi, e a volte sembrano sfiorare anche i credenti, l’orizzonte stesso della fede, i comportamenti morali, le relazioni ecclesiali. In questo clima, la verità è sostituita dal dialogo, l’intelligenza del pensiero dal primato della volontà individuale che stabilisce il bene e il male; tutto sembra vago.  opinione soggettiva senza fondamento e senza argomenti.

La stessa libertà, dono di Dio, è presentata come arbitrio, slegata da valori e norme. La libertà assoluta, però, è la via maestra per ridurre l’individuo in solitudine, per isolarlo dagli altri, dalla realtà, e così indebolirlo per dominarlo. Il risultato sarà non una società responsabile e solidale, bensì una moltitudine di solitudini che forse ostentano allegria, ma che nascondono tristezza e angoscia. Un siffatta compagine, la vita non è più accolta come un dono, ma è vissuta come peso: e le ali fragili del corpo sociale – i bambini, gli anziani e malati – vengono esaltati a parole ma abbandonati nei fatti.

La civiltà si misura con diversi indicatori, e uno particolarmente sensibile è la cura della fragilità, una presa in cura concreta, puntuale, da parte di una società che fa sentire il calore della casa.

La nostra Santa è stata alfiere della civiltà dell’amore, della famiglia, della casa, della cura competente e credente.  Nella luce di Gesù, Beretta Molla vedeva nella vita, in ogni vita umana, la mano del Creatore e un regalo per l’umanità intera. Credeva fermamente che la vita e la salute, la malattia e la morte di ogni persona interessano tutti, e quindi devono essere condivise come eventi comuni. La persona è unica e irripetibile, ma non si realizza in modo isolato, bensì nella rete benefica e provvidenziale di relazioni dedite fino al sacrificio.

Oggi la vita umana ha bisogno di profezia: santa Gianna lo è stata con l’umile e coraggioso dono di sé fidandosi e affidandosi a Dio. Preghi per noi e per il nostro tempo, affinché il coraggio non venga meno e l’umiltà ci sostenga.

Card. Angelo Bagnasco

Arcivescovo emerito di Genova

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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