Un saluto a tutti voi, grazie davvero per la vostra presenza. Condividono questa eucaristia Monsignor Martino Canessa che conosciamo molto bene e ringraziamo. Monsignor Javier Herrera, che è Nunzio Apostolico in Congo e Gabon, grazie di essere presente, e il vescovo di Bouar in Centrafrica Monsignor Miroslaw Gucwa, grazie per la vostra presenza. Grazie ai confratelli presbiteri, ai Diaconi e a tutti voi per la vostra numerosa presenza, alle autorità che condividono questa bellissima festa che stiamo vivendo.
E proprio volevo fermarmi oggi su un aspetto della figura di Maria Santissima Madre di Gesù, che è il senso della Festa. Maria “Donna della festa”. Abbiamo sentito al Salmo il Magnificat, capitolo 1 di San Luca.
Che motivi aveva Maria per essere piena di gioia, per magnificare, per esultare, per vedere le grandi cose? Tutto sommato era una ragazza che aveva i suoi progetti di vita. E a un certo punto, il signore interviene nella sua vita con una proposta, e Maria accetta questo. Lo accetta; detto in parole proprio molto povere, accetta il progetto “a scatola chiusa”. Che cosa vuol dire? In pratica Maria non sa cosa verrà di fronte a quello che l’Angelo le ha detto. Non lo sa. È solo fidandosi del Signore che riuscirà a comprendere il progetto che Dio le aveva proposto e le aveva fatto.
Ed ecco allora il canto del Magnificat che abbiamo sentito, che si richiama a tanti altri brani dell’Antico Testamento. Certo, il popolo ebraico era ritmato, la vita del popolo era ritmata dalle feste, le capanne, la dedicazione, quella della Pentecoste ed il contenuto di queste feste è molto interessante. È costituito dalla meraviglia, dalla gioia, dalla gratitudine, dall’esultanza e dalla lode.
Ripeto queste parole perché mi sembrano molto importanti per l’oggi. Il contenuto della festa per gli ebrei era meraviglia, gioia, gratitudine, esultanza, lode. Non era “sballo”. E Maria si collega a questa lunghissima tradizione del popolo ebraico. La festa nasce quindi dall’attenzione alla concretezza di Dio, che opera nella storia. Dall’attenzione alla concretezza e dall’ascolto nasce l’esultanza, esplode la gioia, perché Dio è tanto grande in mezzo a noi.
Oggi come si fa a pensare alla festa con tutti i problemi che abbiamo, con tutte le fatiche che ci sono, con tutti i punti interrogativi che ci sono? Maria non aveva questi punti interrogativi? Il popolo non aveva fatiche, difficoltà? Eppure, proprio in mezzo alle fatiche e alle difficoltà ha trovato la forza di esprimere nella festa, ciò che lo unisce, ciò che univa questo popolo.
E allora, certo, questo canto del Magnificat si ricollega a tante altre espressioni di gioia e di esultanza dell’Antico Testamento. È interessante che sono spesso le donne – per esempio Debora, la figlia di Iefte, nel Libro dei Giudici – sono le donne che esprimono a nome del popolo questa gioia, questa esultanza, questa meraviglia, questa gratitudine. E allora, entrando nelle parole del Magnificat noi comprendiamo che Maria riconosce con stupore la grandezza di Dio, Maria che guarda a ciò che è povero, e a ciò che è niente, e di questa povertà e di questo niente riuscirà a far emergere e a far crescere e nascere la madre di Dio.
Allora la festa per noi, che viviamo oggi una grande solennità, una grande festa, al di là di quello che può essere il folclore, è la gioia di stare volentieri insieme. Credo che sia una grande grazia da chiedere alla Madonna della Guardia oggi. Che faccia rinascere in noi la gioia di stare volentieri insieme. Perché stando volentieri insieme sapremo anche affrontare le inevitabili fatiche e difficoltà che la vita ci propone, la gioia di stare volentieri insieme.
E davvero mi piace ricordare una pagina dei Promessi Sposi. L’Innominato ha trascorso la notte piena di pensieri, di ansie, di terrore per tutto quello che aveva compiuto nei confronti di Lucia. Ci ricordiamo bene. E il testo del Manzoni dice così: “Ed ecco sull’albeggiare. sente un altro scampanio, anche quello a festa, poi un altro e un altro”. E dice, l’Innominato: che allegria c’è. Cos’hanno di bello, tutti costoro?
E sullo scampanio, davvero è bello ricordare anche tutti gli amici che ci ricordano attraverso il suono delle campane, attraverso l’arte campanaria che sempre ha contraddistinto la terra ligure tante, tante cose. Grazie davvero a questi uomini che davvero ci danno la possibilità di rivivere la bellezza dello scampanio.
Tornando al Manzoni, il Manzoni poi descrive la gente che adagio adagio, al chiarore del mattino, da tutte le strade e dalle valli conveniva in un unico luogo, e dice così il Manzoni partendo da una frase dell’Innominato: “Che c’è di allegro in questo maledetto paese?”, “Che diavolo hanno costoro”. Dove va tutta questa gente, “tutta quella canaglia?”.
Erano, dice Manzoni, “uomini, donne e fanciulli, a brigate, a coppie, da soli, uno raggiungendo chi gli era avanti, si accompagnava con lui, un altro, uscendo da casa, si univa col primo che rintoppasse e andavano insieme. Come amici a un viaggio convenuto. Andavano insieme come amici a un viaggio convenuto”. L’Innominato guardava. Guardava e gli cresceva in cuore una curiosità di sapere cosa mai potesse comunicare un trasporto uguale a così tanta gente diversa. Il senso della festa! Questa esperienza di festa, sappiamo molto bene, porta all’incontro dell’Innominato con l’Arcivescovo Federico Borromeo e quindi alla sua conversione.
Maria, donna della festa. La nostra vita è chiamata a riscoprire il senso della festa, come ce l’ha presentato l’Antico Testamento: meraviglia, gioia, gratitudine, esultanza, lode. E come il Manzoni ci parla di questa gente: “Come amici andavano insieme come amici a un viaggio convenuto”. Ecco la grande grazia, un’altra grande grazia che chiedo al Signore è proprio quella: di crescere, come amici andiamo insieme ad un viaggio. E questo ci darà la forza di affrontare le fatiche che tutti conosciamo.
Finisco con una domanda: sappiamo far nostre le feste di Dio, non solo le feste nostre? Nel Vangelo, quali sono le feste di Dio, quando si usa questo termine? Basta pensare alla parabola del Figliol Prodigo o del Padre misericordioso, che di fronte alle difficoltà del figlio maggiore decide di fare festa per suggellarne il ritorno alla vita. Questa è la festa di Dio: tuo fratello perduto è stato ritrovato.
Sappiamo fare nostra questa festa? Sappiamo essere attenti agli uomini e alle donne che Dio pone sul nostro cammino? Si fa più festa in cielo – dice il Vangelo – per un peccatore che ritorna che non per 99 giusti che non hanno bisogno di penitenza. La festa di Dio è accogliere un peccatore che ritorna.
Chiediamo la grazia di essere segno che sappiamo far festa secondo Dio, e sappiamo far festa insieme. In questo clima di festa voglio dire grazie a Don Piero Parodi che da più di 20 anni serve questo bellissimo Santuario, accoglie la gente e cammina con questa gente.