La vita fraterna annuncia la gioia del Vangelo

Omelia tenuta in occasione della S. Messa celebrata per la Vita Consacrata
02-02-2014

Cari Fratelli e Sorelle della Vita Consacrata

1.      Cristo luce che illumina e scalda

con l’accensione dei ceri, la liturgia ci ha fatto rivivere la presentazione di Gesù al tempio: Cristo è la luce del mondo! Quante volte lo ricordiamo agli altri, ma oggi dobbiamo ricordarlo a noi stessi, che viviamo il mistero di una speciale sequela del Signore. Il dovere di dire questa notizia a tutti può farci dimenticare di dirlo a noi stessi,di chiederci ogni giorno di nuovo se Dio è al centro non solo del nostro agire di consacrati, al centro delle nostre opere, ma se è al centro del nostro cuore; se il nostro cuore batte per Lui senza fughe o surrogati. Il rischio della tiepidezza, infatti, è sempre alla porta, cioè di una vita fedele ma senza entusiasmo, di un agire generoso ma grigio, con poca anima. In questo caso, ci coglie un tristezza di fondo, uno scontento diffuso che diventa lamentela e risentimento; può subentrare qualcosa che somiglia ad una rassegnazione languida, incapace di passione e di rischio, di santa impazienza per la salvezza delle anime. Le anime! Ci pensiamo alle anime? Oppure riteniamo che pensare alle anime ci faccia dimenticare l’interezza della persona e la complessità della vita? Il Santo Padre ci richiama costantemente alla conversione del cuore e della vita: tutto dipende dal cuore, il luogo più intimo dove si rinnova la decisione di essere solo suoi, totalmente suoi. Sappiamo, cari amici, che solamente questa scelta rende feconda la vita e genera gioia. Vogliamo vivere la gioia che illumina il volto, ispira il sorriso, muove alla carità pronta, generosa e gratuita? Non possiamo non volerlo! E per questo guardiamo la fiamma dei ceri, e preghiamo che Gesù illumini i nostri pensieri, riscaldi i nostri cuori, rinnovi la nostra vocazione, ravvivi la gioia del dono. Dobbiamo uscire da questa cattedrale non oppressi dai nostri limiti e fragilità, ma guariti dai nostri ricordi, con le ali spiegate del desiderio, il desiderio di essere solamente di Dio.

2.     Il primato di Dio che il mondo cerca

I vostri santi Fondatori non erano forse divorati da questo fuoco, e così hanno sentito il carisma dello Spirito per la bellezza della Chiesa di Cristo? Ogni rinnovamento o parte da qui, da questa origine, oppure è solo un ritocco affidato a leggi e regole, ma non a ciò che dà vita ad ogni necessario ordinamento, cioè il cuore che ama perché si lascia amare da Dio. Vi ringrazio per quanto fate nella nostra Diocesi, ma ancor più vi ringrazio per quello che siete come anime consacrate che annunciano il primato di Dio. Che cosa sarebbe la vita senza questo primato? Senza questo costante riferimento a Lui? sarebbe un insieme di punti! Punti che avrebbero il rilievo di un momento, correndo tutti verso il nulla della morte. Ma quando abbiamo la sorte di incontrare qualcuno che ha preso nelle mani il proprio presente e il futuro, e lo ha deposto per sempre nelle mani di Dio, allora fiorisce la speranza e torna il sereno: tutto allora ha senso, anche il dolore e la morte. Questo dovete dirci, perché di questo abbiamo sconfinato bisogno; questo l’uomo va disperatamente cercando sapendo che da qualche parte può esistere. Tutto il resto, il prisma fantasmagorico dei Santi e dei carismi di ieri e di oggi, annuncia questa luce che illumina e scalda i giorni.

3.      La vita fraterna perché il mondo creda

Oggi, vorrei mettere in rilievo un particolare modo di annunciare la gioia del Vangelo, di evangelizzare, cioè di ‘rendere presente nel mondo il Regno di Dio’ (Papa Francesco, Evangelii gaudium, 176). E’ un modo che vale per tutti i credenti, ma è vostro in modo del tutto speciale, e che accomuna tutti i vostri diversi carismi e servizi: si tratta della comunione, cioè della vita di comunità, che preferisco chiamare vita fraterna. C’è un grande bisogno di vedere che vivere da fratelli è possibile e bello: tutto congiura, infatti, a favore di rapporti reticolari e destrutturati, e le metropoli sono sempre più ridotte a una collezione di solipsismi tristi.

Si sente subito se le comunità sono fraterne oppure se sono dei lodevoli gruppi di mutuo soccorso. Questi suscitano ammirazione, le altre affascinano e generano  speranza. Non basta che un religioso sia buono per conto suo, si dedichi con generosità ai sui compiti; bisogna sentire che ognuno – anche se solo – è buono con gli altri, che agisce bene insieme ai fratelli o alle sorelle della comunità. Se così non fosse, l’efficacia del servizio e dell’ annuncio evangelico sarebbe dimezzato, perché si sente la distanza dagli altri, la critica detta o sottintesa, il sorriso giudicante. E questo, in chi si avvicina,  può suscitare forse complicità, ma non conversione a Dio. La comunità richiede la comunione dei cuori, e questa non è mai scontata; è da chiedere ogni giorno in ginocchio, è da ricominciare sempre. La prima forma di comunione – voi lo sapete – è quella di pregare ogni giorno per i propri fratelli e sorelle; pregare personalmente per loro. Portarli davanti a Dio nella preghiera personale, infatti, è come introdurli in casa, nel sacrario della propria anima, accanto al focolare del cuore. E poi, si tratta di aver stima di ciascuno, e di far sentire stima e fiducia. Non significa  non vedere limiti e difetti, ma volerne apprezzare bontà e talenti, a partire dal valore che ognuno ha davanti a Gesù crocifisso: il valore infinito del suo sangue. Per questo dobbiamo contemplare la Croce, così  potremo vedere con sguardo non morale ma teologale i membri della comunità. Sappiamo che la comunità perfetta non esiste, e per tale ragione non c’è fraternità senza perdono: tutti abbiamo bisogno di essere perdonati e di perdonare. E poi, non è necessario avere tutti le medesime idee in tutto, ma nelle cose essenziali sì; e in tante altre è doveroso e saggio riconoscere serenamente le responsabilità diverse. E avere fiducia, perché Dio scrive diritto anche sulle nostre storture. Allora  viviamo affidati e stiamo in pace.

Cari fratelli e sorelle consacrati, conto su di voi, la nostra Diocesi conta su di voi specialmente per il cammino pastorale di quest’anno che è  sulla famiglia. La famiglia naturale  è oggi oggetto di denigrazione culturale, di trascuratezza politica, di aggressione per renderla evanescente e inefficace. Ogni iniziativa in questa direzione è iniqua.

4.      La Giornata per la Vita perché la società sia umana

Infine, non possiamo dimenticare che oggi si celebra anche la giornata della vita. La vita umana è al centro dell’insegnamento sociale della Chiesa: essa è dono di Dio Creatore, e senza non può esistere nessun altro diritto. Quando uno Stato decide chi è degno di vivere e chi no, a quel punto gli stessi diritti umani sono in grave pericolo e la società si imbarbarisce. C’è una specie di ossessione circolante nel rappresentare, in ogni modo e luogo, ciò che attenta o snatura la vita umana. Per questo non possiamo tacere, né come credenti né come cittadini. La vita è preziosa sempre, dal concepimento ad ogni altro stadio dell’esistenza: anche quando un uomo ha l’alzheimer, ha una malattia mentale, quando è povero e non può produrre. Sempre deve essere protetta e difesa: non è possibile stare a guardare quando è riconosciuto il diritto del più forte sul più debole. Parlando dei bambini nascituri, il Santo Padre scrive: la ‘difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo’ (ib 213).

Cari Amici, la Santa Vergine, la Grande Madre di Dio e nostra, ci benedica nella nostra vocazione e ci renda ardenti annunciatori del Vangelo della gioia e della vita.

Angelo Card. Bagnasco

Arcivescovo di Genova

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