La testimonianza delle comunità ferite dal terremoto

Omelia pronunciata al Santuario di N.S. della Guardia nella S. Messa del pomeriggio della solennità
29-08-2016
 Arcidiocesi di Genova
Solennità della Madonna della Guardia, 29.8.2016
OMELIA DEL POMERIGGIO
‘La testimonianza delle comunità ferite dal terremoto’
Carissimi Fratelli e Sorelle nel Signore
La festa della Madonna della Guardia è motivo di gioia e di speranza: da un anno all’altro portiamo ai suoi piedi il vissuto nostro, delle nostre famiglie, della Città. Ma oggi, poniamo nel suo cuore di Madre anche la sciagura del sisma che ha flagellato il centro Italia: a tutti vogliamo assicurare la nostra preghiera e l’aiuto concreto che raccoglieremo durante la Messa conclusiva del Congresso Eucaristico Nazionale (prossimo 18 settembre). Dalle testimonianze che arrivano da quei luoghi spezzati, vediamo la forza della fede e la tempra di popolazioni abituate al lavoro, al sacrificio, alla vita semplice, alla solidità dei rapporti. Non possiamo non meditare su ciò che accade e partecipare anche così al loro dramma.
1. Vedendo i loro luoghi devastati e le loro anime fiere, percepiamo quanto sia importante sentirsi parte di una terra e di una comunità. Quanto faccia bene sentire che partecipiamo ad una storia, che quella storia ci appartiene, è nostra, la amiamo e siamo pronti al sacrificio purché continui: usi e costumi, rapporti e legami, mestieri antichi che si tramandano e che si rinnovano, uno stile di vita che riflette un mondo di valori spirituali e morali, un modo di concepire la vita in tutte le sue forme, liete o dure. Possiamo dire che il mondo visibile fatto di usanze, tradizioni, luoghi, relazioni, è frutto di un mondo invisibile che è più grande di noi e che ci avvolge benefico.
Vedendo la gioia per le loro immagini sacre – del crocifisso, della Madonna, dei santi – immagini che vengono nei giorni recuperate, tocchiamo con mano da dove giunge la forza e la speranza di questa gente, vecchi e giovani che siano. Accade anche nella nostra Diocesi: sì, ho la grazia di vedere spesso, visitando le Parrocchie, delle comunità radicate, dove giovani e anziani vivono affezionati alla loro chiesa, hanno cura delle loro feste, delle tradizioni che trasmettono anche ai piccoli insieme al latte e al pane di casa.
2. Non siamo ingenui da non riconoscere che oggi non esistono dei mondi chiusi: la globalità è dentro alle nostre abitazioni. Tutti, a qualunque età, conoscono ciò che accade: ma conoscere non significa condividere tutto. E il dono del discernimento tra ciò che è buono e ciò che non lo è dei vari modi pensare e di agire, è ancora abbastanza diffuso. Quando poi, la visione sana e seria della vita – visione che comporta sempre anche il valore del sacrificio, della rinuncia, dell’impegno senza fronzoli – è condivisa dalla famiglia e dalla comunità, allora si rafforza e diventa patrimonio capace di resistere alle delusioni, di affrontare le prove. Ognuno sente che non è un solo, un illuso, ma si percepisce dentro ad un popolo e a una storia che non è chiusa al nuovo, che sa dialogare con tutti senza lasciarsi assorbire da nessuno perché capace di discernere.
3. La radice cristiana ha impregnato il modo di concepire se stessi e i rapporti, la felicità e il dolore, la vita e la morte. La fede ci fa vedere l’invisibile che ci circonda, un mondo che non è popolato da fantasmi o numi da tenersi buoni, ma da Dio che è Amore, che si è mescolato con noi fino a darci il Figlio unigenito; è abitato dalla Vergine Maria, dai santi e dagli angeli, dalle anime di coloro che ci hanno preceduto su questa terra. Sono viventi, i veri viventi che sono amici e compagni di via, che ci abbracciano con la loro tenerezza, che non ci garantiscono dalle croci, ma ci aiutano a portarle.
I fratelli e le sorelle colpiti dal sisma ci donano, senza saperlo, un grande esempio di come si vive insieme, del senso di appartenenza ad una comunità di fede e di fraternità, del come si alimenta la forza dello spirito che è sì invisibile, ma che è più forte di ordigni di morte. Siamo richiamati anche sulla importanza dei piccoli centri, dei paesi e dei borghi, dove l’individuo non è confinato in isolamento, ma dove respira una visione alta e nobile della vita. Per questo i piccoli centri sono una realtà estremamente preziosa: sono luoghi di fede e di umanità, Costituiscono quella rete diffusa e solida che è il tessuto tipico del nostro Paese. Non è il girare il mondo che allarga la mente, ma il come si vive ogni momento, con quale intensità, quali valori e prospettive: si può cambiare posto ogni giorno e vivere da gretti e meschini, mentre si può vivere tutta la vita in un punto ma avere un’ ampiezza e una profondità interiore che dà respiro e pace. Questo “come” vivere si chiama fede, Vangelo, sacramenti, carità fraterna; si alimenta con i nostri riti, le tradizioni, le immagini sacre, le benedizioni di persone e cose. Ricordiamo: la responsabilità dell’uomo non annulla la presenza di Dio.
Cari Fratelli e Sorelle, riprendiamo in mano la nostra fede, non lasciamo che il pensiero unico la annacqui e la renda un’ evanescenza senza verità, senza valori, dove tutto è ridotto ad un generico sentimento umanitario che non riempie il cuore e la vita. Una religiosità vaga e indistinta non è la fede cristiana. La Santa Vergine della Guardia ci illumini per non cedere alle mode del mondo; ci sostenga nella ripresa di una fede vera, dell’amore alla Chiesa. A Lei affidiamo l’imminente Congresso Eucaristico Nazionale: sarà un evento di grazia, dove la Madonna ci indicherà la Santissima Eucaristia, sacramento della presenza reale di Gesù tra noi e con noi.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo di Genova
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