La porta dell’eternità

Omelia pronunciata in Cattedrale per la preghiera dei Vespri Pontificali nella Solennità di Tutti i Santi
01-11-2015
Domenica 1.11.2015, Solennità di Tutti i Santi
Vespri Pontificali
Omelia
‘La porta dell’eternità’
La luce dei Santi getta il suo bagliore sulla sera e continua a farci pensare: ogni vera meditazione non ci estranea dai nostri compiti ma, al contrario, ci introduce meglio nella realtà e ci permette di vivere con coscienza i doveri quotidiani. In questa prospettiva – che i Santi hanno tenuto fortemente presente – ci aiuta anche una massima della tradizione ebraica: ‘Considera tre cose: sappi da dove vieni, dove vai e davanti a chi un giorno dovrai rendere conto’.
1. Sappi da dove vieni
Sapere da dove proveniamo ci spiega chi siamo: il ‘caso’ non è il ‘cuore’ di Dio che è Amore. Egli ci guarda dall’eternità, ci conosce e ci chiama per nome come un padre e una madre guardano e chiamano il figlio. Sapere questa origine ci dice che non siamo orfani e soli.
2. Sappi dove vai
Conoscere la nostra origine non ci garantisce di camminare nella direzione giusta: questa non è un dato scontato ma una scelta quotidiana, un continuo atto di libertà. L’amore non si impone ma si offre, e Dio, che ci ha creati per amore, chiede di rispondere con la libertà del nostro amore. Solo così nasce una storia, il camminare insieme al Signore e ai fratelli che è storia di salvezza e di grazia.
3. Sappi davanti a chi un giorno dovrai rendere conto
L’amore è possibile nella responsabilità e questa significa rispondere di noi stessi a qualcuno. Questo qualcuno è il nostro principio, Dio. Sarà allora il momento della verità piena e trasparente di noi stessi e della nostra vita: se avremo vigilato nel custodire il dono della fede, se avremo alimentato la lampada dell’amore evangelico.
4. Cari, Amici, solo nell’orizzonte del Cielo possiamo vedere la terra nella sua bellezza senza esserne catturati; solo vivendo davanti alla porta dell’eternità possiamo vivere il tempo con decisione e fiducia. Nella prospettiva della vita eterna, infatti, nulla è tanto grande da colmare la nostra grandezza, nulla è troppo piccolo da non avere valore, nulla è talmente vile e ignobile da non trovare riscatto e futuro. Ecco che cosa significa vivere di fronte a Dio: siamo continuamente ricondotti alla verità della vita, alla misura di noi stessi, piccole creature nelle quali dimora un soffio di infinito che niente può spegnere. Il mondo, con la sua cultura secolari sta, ci lusinga con il mito di un’autonomia talmente assoluta da diventare capriccio e arbitrio; talmente sciolta da slegarci da Dio e dagli altri per rinchiuderci in noi stessi, tragicamente soli, un io incapace del noi.
5. Vivere, come i Santi, davanti al Cielo significa trovare gli altri nella veste di fratelli e sorelle, figli nel Figlio, redenti dal sangue di Cristo. Significa non avvertire il bisogno di affermare se stessi sugli altri, perché ognuno è affermato in Dio e dal suo amore. Significa sentire di stare al cuore del Signore, di importare per Lui, e questo ci permette di avere stima e rispetto di noi stessi, ci sollecita a voler bene a noi stessi, ci sospinge a prenderci cura gli uni degli altri. La fantasmagoria dei Santi esprime gli innumerevoli modi con cui Dio si prende cura delle sue creature e le va a cercare.
Che questo giorno lasci il segno nei nostri cuori: ci aiuti a camminare insieme nella grande famiglia che è la Chiesa, famiglia di famiglie come il Sinodo ha ribadito con gioia e convinzione.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo di Genova
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