La nostra gioia è la più grande di tutte!

Omelia della S.Messa della Notte di Natale
25-12-2012
Genova, Cattedrale di San Lorenzo,
25 dicembre 2012
Nel cuore di questa notte la Chiesa ha una parola da dire al mondo, una parola antica che si affida alla nostra debole voce, ma che fa eco a quella dei secoli. Uomini che ci ascoltate, feriti dalla vita, presi da mille pensieri e preoccupazioni, questo abbiamo da dirvi: Dio non è morto, è vivo, è più sfolgorante che mai sul cielo nuvoloso del nostro tempo, e la nostra gioia è la più grande di tutte. Dio si è fatto uomo! Questa lieta notizia viene da lontano, inizia nella notte di Betlemme, attraversa la storia, si fa spazio tra i rivolgimenti delle società e delle culture, a volte sembra spegnersi sotto venti contrari, ma subito si ravviva e risplende ancora più bella. Da venti secoli è in cammino per raggiungere questa cattedrale, e così prendere voce nella nostra povera voce e risuonare nei vostri cuori. Forse il vostro spirito è pieno di domande, forse di dubbi; ma sicuramente, al fondo di ogni pensiero e di ogni sentimento, è presente un anelito, una segreta aspettativa, una speranza. Quale sarà questa speranza? Non vi conosco uno ad uno, ma vi riconosco tutti come figli del nostro tempo, e so che in ciascuno vi è il desiderio della luce, lo spasimo verso la felicità; vi è la richiesta di non essere soli di fronte alla vita, di non essere invisibili ma riconosciuti, di stare a cuore a qualcuno: in una parola, c’è il bisogno di essere amati, di essere salvati dal nulla. Sì, perché non ci basta esistere nella carne, avere beni, agi, sicurezze terrene. Ciò che è essenziale è l’amore che ci dice: è bene che tu esista, è meraviglioso che tu ci sia! Solo così la nostra esistenza è confermata, la persona fiorisce e diventa se stessa. Non è forse questo il tessuto più vero del nostro cuore?

Il Bambino Gesù, che guardiamo nella santa grotta, è colui che sussurra a ciascuno: non avere paura, non sei solo, sei importante per Dio, io ti amo. Dio si presenta a noi nella carne di un Bimbo, nella povertà di Betlemme, è riconosciuto dall’umiltà dei pastori: perché questa strada? Non poteva venire a noi nelle vesti della maestà divina, della potenza, del vincitore? Non ci avrebbe rassicurati meglio? Egli tornerà alla fine dei tempi nella gloria, ma ora si presenta nella forma dell’umiltà per parlarci delle nostre presunzioni, ci incontra nella forma della debolezza per dialogare con le nostre fragilità, si manifesta nella forma della luce per illuminare le oscurità della nostra vita. Come non essere frastornati da tanta bellezza? Cadiamo allora in ginocchio! La meraviglia non ha limiti! L’adorazione non è mai sufficiente, la gioia non trova parole adeguate! Forse l’unica parola che tutte le riassume, è il silenzio beato davanti al piccolo Bambino. E’ il silenzio adorante e semplice dei pastori che guardano estasiati quel Bimbo e vedono Dio. I nostri occhi riescono ancora a vedere Dio? A coglierne le tracce innumerevoli presenti nel cuore degli uomini, nella storia, e nelle storie innumerevoli di bene operoso, di sentimenti nobili, di doveri compiuti, di attenzione ai poveri, di sacrificio nascosto e fedele? Ma anche le sue orme nella bellezza sconfinata di questo incantevole universo? Oh, quanto abbiamo bisogno di fermarci davanti al presepe, davanti al tabernacolo delle nostre chiese, nell’intimità della nostra coscienza, nell’ascolto delle voci interiori, delle domande più vere che a volte restano schiacciate da tanti rumori! Schiacciate sì, ma non uccise!

Tendo l’orecchio verso di voi, cari fratelli e sorelle che saluto e abbraccio, e mi sembra di sentire come una voce che sale dal nostro tempo, e chiede: il Natale ha qualcosa da dire anche a noi uomini nel dubbio, sulla soglia della fede? alle nostre ansie per il presente e per futuro? Una parola anche a noi, viandanti per strettoie che sembrano solo incerte e senza luce? Sì, in questa magica notte c’è una parola anche per voi anime incredule ma interroganti la vita, ferite forse da chi si dice credente. C’è una parola anche per voi tempi moderni e tormentati, attraversati dallo smarrimento spirituale ed etico, da difficoltà sociali ed economiche; una parola per quanti, e sono fratelli a noi carissimi, sono cercatori di Dio e dell’uomo. E’ una parola di fiducia e di ottimismo. Una inquietudine universale avvolge questo magnifico e drammatico mondo, e prende la forma della nostalgia per una terra migliore, più giusta e pacificata, dove regni la legge della verità e dell’amore. A ben vedere, questa sottile e benefica nostalgia non ci porta indietro in tempi remoti, ma ci invita a guardare avanti: e se ci lasciamo accompagnare, ognuno si troverà di fronte al presepe dove l’invisibile si è manifestato, dove Dio si è fatto vicino a ciascuno nella carne e nel sangue. La corrente luminosa che attraversa ogni cuore, quella scia d’ amore che avvolge l’umanità, da dove ha origine e da dove trae vigore se non da quella piccola grotta dove si è accesa la luce ed è fiorita la vita? E’ Natale! Rallentiamo il passo, rientriamo in noi stessi, ascoltiamo le voci interiori, lasciamo parlare gli affetti veri: ci troveremo lì, davanti a Gesù, alla Vergine Maria, a San Giuseppe, agli angeli e ai pastori. E sentiremo che si riaccende la speranza e che ripartire è più facile, perché accompagnati da Lui. Sia questo il nostro buon Natale.

Angelo Card. Bagnasco
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