“La luminosità cristiana: alba o tramonto?”

Omelia pronunciata in Cattedrale per la recita dei Vespri del Santo Natale
25-12-2017
 Arcidiocesi di Genova
Santo Natale 2017
OMELIA VESPRI
‘La luminosità cristiana: alba o tramonto?’
Cari Fratelli e Sorelle
‘Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi’. E’ questo il mistero del Natale, il cuore di questo santissimo giorno che segna la storia umana prima e dopo Cristo.
1. Il canto del Vespro
Sul far della sera, quando tutto si ricompone e il silenzio avvolge i rumori e induce a pensare, abbiamo la grazia di ritrovarci per il canto del Vespro. Sospesa ogni altra parola, nella liturgia riceviamo le parole di Dio e a Lui le restituiamo nella preghiera. Dio stesso ci insegna a pregarlo. Se apriamo il cuore alla sua presenza, quale scuola di fede e quale incontro di grazia viviamo nel canto delle ore liturgiche! Sono le parole che Gesù stesso ha usato per pregare il Padre a Nazaret, nella sinagoga, sulle strade della Palestina, sul Calvario.
La gioia soffusa e intima del Natale continuerà per tutta l’ottava: sarebbe bello che mantenessimo uno stile di raccoglimento e di preghiera, che per nulla contrasta con la letizia del mistero dell’ incarnazione: ‘Il Verbo si è fatto carne’!
2. Il dramma di due libertà
Spesso la liturgia natalizia parla del Natale come della festa della luce rifacendosi ai salmi, ai Profeti, al Vangelo. Su questa immagine possiamo fare una breve considerazione a partire dalle parole di San Giovanni: Veniva nel mondo la luce, quella vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di Lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne tra i suoi, e i suoi non l’hanno accolto’..’la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta!’.
Le parole del Vangelo sono forti ed evocative: ci pongono di fronte al dramma della libertà dell’uomo che – pur piccola e capricciosa – ferma l’onnipotenza di Dio e del suo amore; il dramma della tensione fra luce e tenebre, fra l’offerta da parte di Dio e il rifiuto da parte del mondo: ‘I suoi non l’hanno accolto’.
Il Vangelo parla dei ‘suoi’ per farci intendere che Dio considera suo il mondo, perché è uscito dalle sue mani, dalla sua mente e dal suo cuore. Anche se il mondo si è allontanato dal Creatore, ciò non cancella l’origine e l’appartenenza d’amore: ‘Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio Unigenito’!
Già questa prima evidenza ci dovrebbe sorprendere fino alla commozione, e farci guardare il creato con occhi di simpatia, gratitudine e affetto.
3. Una luminosità diffusa
Ora, però, desidero considerare la luce che è Cristo. La luce ha il potere di dare volto alla realtà: nelle tenebre le cose sono indistinte, non si sa che cosa siano, dove vadano, ci si scontra, non ci si trova, ogni riferimento si perde, regna la confusione e, nella confusione, l’incertezza e lo smarrimento, il sospetto, la paura e l’angoscia. Tutto allora diventa possibile, anche il baratro. Forse scopriamo, in qualche misura, alcuni tratti del nostro tempo.
Ma la luce, di solito, non scompare all’improvviso, di colpo: prima che venga notte, si crea un tempo di crepuscolo, di chiaro scuro. In questo tempo non tutto è oscurato, ma tutto va verso il buio. Quanto più passa il tempo, più la luce si attenua fino all’oscurità, e i riferimenti scompaiono, i volti delle persone e delle cose si confondono. Già nel crepuscolo il bene e il male, il vero e il falso perdono di contorni precisi, si smagliano, e facilmente si sovvertono.
Il nostro tempo mi sembra simile a questo crepuscolo, dove la luminosità evangelica residua permette ancora la bellezza, la bontà, il vero e il bene: essi esistono sparsi nel mondo, e in tanta gente umile che nella vita quotidiana tocca vertici di santità e di luce.
4. Fino a quando?
Ma fino a quando? Il tramonto sarà inesorabile? La luminosità potrà diventare un’alba? Solo il Signore sa questo: a noi tocca il compito, lo sforzo non di elucubrare, ma di vivere, vivere nella fiducia, vale a dire portare la nostra vita davanti a Cristo che è la Luce e, fin dove è possibile, aiutare gli altri a portare la loro, così come loro aiutano noi a portare la nostra. Tocca anche a noi far sì che la luminosità cristiana si trasformi in un’alba nuova per tutti.
Lo sforzo oggi è diventato estraneo: ci sforziamo per molte cose – il lavoro, gli esami, il successo, la tecnica, lo sport- ma dimentichiamo spesso che merita sforzarci anche l’essere persone in modo autentico, anche lo stare davanti alla Luce, con la Luce. Senza sforzo la vita non può riuscire, nessuna vocazione, nessuna missione può riuscire. Lo sforzo non sfocia nel nulla, perché Dio ci attende e, quando a volte ci rende la vita faticosa, proprio allora ci porta sulla via giusta, alla fine della quale si apre la porta per noi, la porta che Dio chiede a ciascuno di noi di attraversare. Sì, dobbiamo sforzarci per lo sforzo che Dio fa per noi. La Luce è venuta: lasciamo che metta a nudo i nostri cuori, la nostra umanità ferita, rinchiusa e contorta. Non sarà importante brillare, ma illuminare attorno a noi, come la lampada che si sforza di custodire e umilmente portare la luce.
 
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova
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