La forza della memoria

Omelia pronunciata in Cattedrale nella S. Messa per la commemorazione dei defunti
02-11-2015
Arcidiocesi di Genova
Cattedrale, Commemorazione di tutti i defunti, 2.11.2015
OMELIA
‘La forza della memoria’
Cari fratelli e Sorelle nel Signore
La liturgia pone accanto il ricordo dei Santi e dei Defunti come per ricordarci che la meta della vita terrena è la vita eterna e che dobbiamo prepararci all’incontro col Signore. Prepararci vuol dire amare Dio e il prossimo praticando la giustizia e facendo opere di misericordia. A poco serve pregare se siamo presenze di divisione in famiglia, sul lavoro, nella Chiesa, se chiudiamo gli occhi su chi ha bisogno, se seminiamo zizzania e discordia. In una parola, se al centro dei nostri pensieri c’è l’affermazione, la presunzione, l’interesse individuale. Questo modo di pensare e di agire ci rinchiude in una prigione, soli con il nostro io: di fronte ad una porta chiusa anche l’onnipotenza di Dio si ferma poiché ci rispetta. Il Padre del figlio prodigo gli è corso incontro appena lo ha visto, ma non gli è corso dietro: non ha smesso di amarlo pronto ad accoglierlo e a far festa, ha sofferto immensamente per la scelta di lui, ma ne ha rispettato la libertà. Il dono della libertà è sempre un dramma, una questione seria, qualcosa di decisivo per il presente e per l’eternità.
In questo dramma, dove ognuno si trova ad essere protagonista, sono con noi la forza e la luce del Signore, della sua grazia. Il figlio della parabola ha avuto sempre e ovunque l’abbraccio amoroso del padre, anche a distanza. Egli è uscito dalla casa del padre, ma non dalla casa del suo amore: da quella casa nessuno potrà mai uscire veramente.
Oltre la presenza di Gesù, abbiamo la compagnia della Chiesa, presenza di Gesù nella storia. E’ bene chiederci in quale conto teniamo la Chiesa che è il Corpo mistico di Cristo; chiederci quanto ne siamo figli convinti e affettuosi, grati e partecipi. Alla Chiesa il Signore ha affidato i sacramenti della salvezza, il compito di indicare la strada giusta non tenendo conto delle mode e delle opinioni dominanti; ha consegnato la missione di annunciare il Vangelo; ha voluto che i suoi discepoli facessero comunità semplici e vere, che si aiutassero nella fede per essere testimoni senza paura, specialmente quando il mondo non comprende, deride, emargina, perseguita. Questa è la bellezza della Chiesa. E noi? Viviamo la Chiesa?
Infine, abbiamo anche la grazia della memoria. Ricordare coloro che ci hanno preceduto nella vita e nella fede, ricordarli con gratitudine e affetto, è una grande scuola di sapienza, una palestra dove si rafforza la direzione di marcia, la decisione di percorrerla, la fiducia se ci siamo sviati, la gioia di sapersi non soli, l’ardimento verso le mete alte della vita umile e donata. La nostra società è sempre più smemorata, appiattita sul presente, vorace nel consumare ogni cosa. Tutto sembra dover essere esperienza temporanea, impazienti come siamo di passare ad altre esperienze, incapaci di costruire con la tenacia dell’agricoltore che prepara il terreno, semina, si prende cura, attende i tempi. ‘Tutto e subito’ sembra essere il criterio di vita, in nome di una velocità che spesso è frenesia e incapacità di vivere: si tende a fare molte cose nel segno della quantità delle esperienze – anche affettive – ma non molto nel segno della profondità. Bisogna registrare noi stessi se non vogliamo consumare la vita.
I defunti ci aiutano anche in questo. Non solo la certezza della loro preghiera a cui corrisponde la nostra, non solo la realtà della morte che porta a pienezza ogni frammento di verità e di bene, ma anche ci aiutano gli esempi di vita, un patrimonio di principi e di ideali alti e nobili. Alla loro luce ci sentiamo incoraggiati a spenderci là dove la Provvidenza ci ha posti, senza rincorrere chimere.
I defunti ci testimoniano vestigia di mondi forse diversi dai tempi nostri, ma che – nei loro pilastri – hanno molto da insegnarci, perché perdere quei fondamenti spirituali e morali significa perdere noi stessi, sbagliare la vita, condannare la società a diventare ingiusta e disumana. Anche gli errori e i limiti di chi ci ha preceduto ci ammaestrano: visti con la serenità del cuore, ci aiutano a vedere, per contrasto, le cose che contano.
Come sempre, al termine della Messa benediremo le spoglie degli Arcivescovi di Genova che riposano in Cattedrale: dietro ad ogni nome c’è un volto, un Pastore, una storia. Personalità diverse e circostanze storiche diverse, ma ognuno di loro ha dato il meglio di sé e ha guidato il cammino della Diocesi intrecciato con quello della Città. A tutti siamo grati, e li preghiamo perché continuino a guardarci con affetto e ad accompagnarci con la loro preghiera.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo di Genova
condividi su