Omelia pronunciata nella S. Messa della vigilia della Solennità della Madonna della Guardia
28-08-2018
Arcidiocesi di Genova
Vigilia della Solennità della Madonna della Guardia, 28.8.2018
OMELIA della VIGILIA
La cultura dei legami
Cari Fratelli e Sorelle
La festa della Madonna della Guardia è velata dalla recente tragedia del crollo del ponte sul Polcevera: la piaga è aperta e sanguina, ma ora, davanti alla Santa Vergine, mettiamo tra le sue braccia le vittime, i famigliari, i feriti, gli sfollati e la città intera La festività di questanno è dunque una grande preghiera per tutti.
Genova non deve perdere la speranza nel suo futuro, e i genovesi non devono perdere la fiducia che è come il sale del vivere insieme. Dobbiamo, al contrario, rinnovare e rafforzare la fiducia tra noi, credere che gli altri – fino a prova contraria – sono affidabili, consapevoli che perdere la fiducia significa perdere lorizzonte, spegnere la luce, entrare in un mondo di ombre: la vita diventa invivibile, un labirinto inestricabile, fatto di sospetti e fantasmi. Per paura ci si ritira nel proprio guscio, i rapporti si restringono a pochi intimi nel tentativo di proteggersi, se qualcuno mostra interesse per noi appare come una incursore nella sfera privata. Ma qual è il risultato? E’ la tristezza di una vita chiusa perché ripiegata su se stessa, rattrappita perché incapace di farsi dono.
Nei giorni immediati della sciagura, invece, abbiamo visto il contrario: davanti al dramma e alle urgenze, che non ammettevano discorsi e concorrenze, è scattata la macchina del soccorso, un soccorso che – alle necessarie competenze – aggiungeva il calore del cuore, come se le vittime fossero i propri cari, e quelle macerie fossero i muri della propria casa. In quell’impressionante groviglio, non c’era spazio per polemiche inutili: davanti al dolore solo il rispetto è ammesso, il silenzio che partecipa e la parola composta. Quando poi cè ancora qualcosa da fare o da tentare, allora solo la dedizione generosa, anche oltre misura, può prendere campo. E così è stato a tutti i livelli e in ogni dove.
Che cosa abbiamo percepito in quei giorni, che cosa abbiamo riscoperto? Che vivere nella apertura generosa verso gli altri, nella vicinanza sincera senza calcoli, solamente benevola, è la verità della vita, è il segreto di un mondo migliore. Abbiamo toccato con mano che questa è la nostra casa, lo stare insieme guardandoci umilmente negli occhi e dandoci la mano per sostenerci tra generazioni, tra ruoli e responsabilità, tra quartieri e strade, tra città e paesi. Tra popoli e Nazioni. Nella logica del mondo vi sono ‘grandi’ e ‘piccoli’, ‘importanti e poco importanti’, ma davanti alle tragedie riscopriamo la dignità comune, che davanti a Dio siamo tutti importanti e unici, che per Lui ognuno conta quanto luniverso intero, quanto il sangue del Figlio sulla croce.
Ma ci chiediamo: dobbiamo attendere le tragedie per essere ricondotti alla verità delle cose? E necessaria la lezione brutale del dolore e della morte per ricordare ciò che conta e che Dio ha posto nei nostri cuori? Ricordare ciò che è essenziale, ma che spesso dimentichiamo perché distratti da sogni di grandezza, dalla ricerca esasperata del nostro io e di ciò che promette appagamento? No, non è necessaria la dura scuola della morte per vivere da persone secondo il cuore di Chi ci ha creati, redenti, e che ci attende nella vita eterna.
Dobbiamo smascherare questo modo di sentire, questa cultura che sostituisce l’io di ciascuno al noi della comunità; che fa dell’individualismo il moderno criterio della felicità, non dicendo che l’individuo – quando si pone in modo individualistico – si separa dagli altri e si condanna alla solitudine. Non è questo ciò che il nostro cuore desidera, non è questa la nostra vocazione: l’io assoluto non siamo noi, ma è il suicidio di noi, non ci rappresenta, ci cancella.
Sì, cari Amici, dobbiamo riscoprire la bellezza del vivere insieme in famiglia, come il Santo Padre Francesco ha ribadito con forza nell’Incontro Mondiale della Famiglia a Dublino: la bellezza del vivere insieme nella comunità cristiana, nella società civile, con tutti. Non si tratta di fare proclami, ma di vivere giorno per giorno, là dove siamo, i gesti quotidiani con la coscienza di ciò che facciamo, dando ad ogni gesto una intenzionalità che non può mai darsi per scontata, ma che deve essere spesso innovata: ho davanti a me un altro da me, ma che è uguale a me nella grandezza di figlio di Dio. E’ questa la santità che, come scrive il Papa, possiamo vivere tutti con umile semplicità: quella santità che è silenziosamente presente nel cuore di tutte quelle famiglie che offrono amore, perdono, misericordia quando vedono che ce nè bisogno, e lo fanno tranquillamente, senza squilli di tromba (Discorso alla Veglia delle Famiglie, Dublino, 25.8.2018).
La Madonna ci sostenga in questa riscoperta della gioia dei legami; che ci aiuti a viverli e ad esserne tessitori ovunque; che ci accompagni nella via della santità quotidiana.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova