Omelia pronunciata in occasione delle Giornate Sociali Europee organizzate a Madrid dal CCEE e dalla COMECE
20-09-2014
Madrid, 20.9.2014
Giornate Sociali Cattoliche Europee ‘La fede cristiana e il futuro dell’Europa’
OMELIA
‘La Chiesa ama l’Europa’
Cari Confratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio
Cari Fratelli e Sorelle nel Signore
Nel cuore delle Giornate Sociali Cattoliche Europee, il Vangelo illumina la nostra presenza nel Continente. Si tratta dello slancio missionario di una ‘Chiesa in uscita’, che Papa Francesco sollecita perché testimoni e annunci la gioia del Vangelo. Sappiamo che ogni cristiano è seminatore e campo, e che i diversi tipi di terreno si trovano innanzitutto dentro di noi. Per questo il primo messaggio è rivolto a noi credenti e a noi Pastori, consapevoli che la vita spirituale è il primo modo di fare pastorale e di annunciare il Vangelo. Ma la parabola si deve leggere anche sull’esterno, in riferimento alla nostra missione. Senza fermarmi sui singoli terreni, che Gesù stesso spiega, cerco di farne una lettura complessiva.
1. L’ampio gesto del seminatore, che sparge il seme senza selezionare i terreni più fertili, ci spinge ad essere generosi nell’annuncio, a non giocare al risparmio, a non pretendere di vedere il frutto. L’Europa può apparire come l’asfalto, un terreno pieno di sassi e di rovi. La fede, però, ci chiede di essere realisti non pessimisti, di giocare d’anticipo la grande partita dell’evangelizzazione; non vuole che ci arrendiamo. Gesù presenta un seminatore che mostra una fiducia e un ardimento che sono fuori dalla logica umana. Egli affronta l’impossibile, disposto a perdere una parte di lavoro e di semente e, in questo, manifesta l’amore per la sua terra.
La situazione del Continente la conosciamo: come un adolescente, vuole emanciparsi da tutto, anche da Dio, ha rifiutato le sue origini. Il risultato non è un’umanità più libera e felice, ma più smarrita e incerta. Non volendo guardare alla sua storia, non sa più chi sia. Sa solo ciò che non vuole essere. Il pregiudizio corrente è che il Cristianesimo sia contro l’autonomia individuale e sia un pericolo per la democrazia.
2. Viene così da chiederci: in questo terreno irto e duro, è ancora possibile seminare il Vangelo che è il grande ‘SI’ di Dio alla voglia di vita, di libertà, di amore? Molti possono essere gli agenti contrari alla semina, ma il Vangelo ha un alleato che resterà sempre: è l’uomo nella profondità del suo cuore, del suo essere desiderio di infinito, del suo insopprimibile bisogno di felicità. L’uomo occidentale non è più felice di altri tempi, ma più smarrito e triste: si è sciolto dai legami per essere più autonomo, ma si ritrova più solo, prigioniero di se stesso. E’ dunque l’istinto profondo del cuore umano il terreno fertile che attende – anche senza saperlo e spesso con rovi e spine – il seme del Vangelo. Questo istinto può essere assopito, ma mai estirpato. E i segni, anche nel vecchio Continente, ci sono e ne siamo testimoni. Ci vuole la fiducia, il coraggio e la pazienza del seminatore.
3. Ma come possiamo seminare il buon seme di Cristo? Innanzitutto continuando la prossimità con il popolo. Esso nonostante limiti, difetti, errori – resta il ‘compendio di ciò che nell’uomo è genuino, profondo, sostanziale’ (R. Guardini); è l’uomo che vive la vita nei suoi aspetti più semplici e veri, e quindi confina immediatamente con Dio. Cristo ci ha mandati a stare accanto al popolo per condividere la sua esistenza e portare la grazia del Vangelo. Come ha ricordato il Santo Padre Francesco, tutti i cristiani, in virtù del battesimo sono missionari e quindi seminatori. Bisogna, però, che siano ‘capaci di scendere nella notte senza essere invasi dal buio e perdersi; di ascoltare l’illusione di tanti, senza lasciarsi sedurre; di accogliere le delusioni, senza disperarsi e precipitare nell’amarezza; di toccare la disintegrazione altrui, senza lasciarsi sciogliere e scomporsi nella propria identità’ (Incontro con l’Episcopato brasiliano, Rio de Janeiro, 27.7.2014). Ascoltare, comprendere, condividere non solo i bisogni materiali dei nostri popoli, ma anche quelle contraddizioni che la prosperità materiale porta con sé: smarrimento e incertezze, sperequazioni, squilibri e crisi. La Chiesa desidera servire i popoli dell’Europa e – potendolo – vuole crescere nella fantasia dell’amore verso i poveri e gli invisibili, dare voce ai senza voce accompagnando i loro passi sempre più stanchi.
4. Ma se la Chiesa si limitasse a questo, sarebbe solo la pietosa ‘infermiera della storia’. Essa, Corpo di Cristo nel tempo, ha anche un altro compito: il servizio della profezia. Deve ricordare – come gli antichi profeti – le vie da ritrovare: ‘Il Signore ci indicherà le sue vie e cammineremo sui suoi sentieri’ (Mi 4,2). Bisogna che l’umanità europea torni a pensare senza un atteggiamento artificioso e malato. Che l’uomo occidentalista sia aiutato a ritrovare le vie della fede e di una ragione fedele a se stessa, aperta all’essere, alla realtà piena dell’uomo e del cosmo. Come si può rovinare il palato così da non distinguere più i sapori dei cibi, allo stesso modo si può corrompere il ‘palato dell’intelligenza’, così da non distinguere più ciò che è buono e ciò che è cattivo, il giusto dallingiusto, il vero dal falso. Come è possibile non solo l’orrore, ma la sua esibizione fino a giustificarlo? E’ un segno dell’oblio della ragione: oblio che genera mostri: ‘In nessuna epoca della storia – scriveva Max Scheler – come nella presente, l’uomo è apparso a se stesso così enigmatico’!
Perdere il senso delle parole più sacre all’umanità – come vita e morte, giustizia e pace, sessualità e famiglia, libertà e amore’- significa perdere l’alfabeto dell’umano, vuol dire snaturare l’umano dell’umanità. E la Chiesa, memore che ‘la creatura, senza il Creatore, svanisce’ (Concilio Vaticano II, GS, N.36), non può non seminare la verità di Dio e delluomo, verità che in Cristo crocifisso ci è donata.
Cari Amici, l’uomo europeo ha bisogno di Gesù per non vivere nell’angoscia delle passioni tristi, e l’Europa non deve avere timore della Chiesa: essa non si vuole ingerire, ma solo servire con la carità e la verità, consapevole che la ‘dignità della persona umana e della comunità degli uomini è il fondamento del rapporto tra Chiesa e mondo’ (Concilio Vaticano II, GS, N.40) come di ogni dialogo. La Chiesa ama l’Europa, per questo offre ciò che di più caro e prezioso ha con sé: Gesù Cristo.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo di Genova
Presidente della Conferenza Episcopale Italiana
Vice Presidente del CCEE