Arcidiocesi di Genova
Domenica V di Quaresima,
29.3.2020
OMELIA
“Io sono la risurrezione e la vita”
Cari Fratelli e sorelle nel Signore I Vangeli delle domeniche di Quaresima educano la nostra fede: le tentazioni di Gesù nel deserto nella prima domenica, la trasfigurazione, l’incontro con la Samaritana, la guarigione del cieco nato, e oggi la risurrezione di Lazzaro.
La fede è la questione più urgente del nostro tempo, non solo perché risponde all’inquietudine umana, alla nostalgia di infinito, ma anche perché, lontano da Dio, l’umanità perde la Meta, e quindi smarrisce la via e prende strade sbagliate.
Marta chiede a Gesù di andare a Betania perché il fratello Lazzaro è malato, ma Lui non si muove. E accade l’inevitabile. Il perché di questa apparente insensibilità lo spiega Gesù stesso: “Sono contento di non essere stato là, affinché voi crediate”.In effetti, né i discepoli né Marta erano giunti alla fede: volevano bene a Gesù, avevano fiducia in Lui, lo ritenevano un uomo di Dio, un integro testimone della fede dei padri, sentivano il suo mistero, ma la fede era ancora da raggiungere. Tutto questo emerge chiaramente nel dialogo con Marta che subito rimprovera Gesù: “Se fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto. Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, Dio te la concederà”.
Come a dire che egli è un uomo santo, e il Signore non gli negherà nulla. Gesù, allora, rassicura Marta: “Tuo fratello risorgerà”: ma lei intende le parole ancora in senso umano, come la conferma di ciò che la religione ebraica affermava e che lei già conosce. E’ a questo punto che Gesù diventa esplicito. “Io sono la risurrezione e la vita: chi crede in me anche se muore vivrà, e chiunque vive e crede in me non morirà in eterno”, Gesù si è manifestato, e ora Marta capisce nel modo giusto: il Maestro l’ha condotta oltre ciò che lei credeva finora, comprende che le cose belle che aveva detto erano inadeguate.
Finalmente riconosce che Gesù è ben di più: Egli è il “nuovo” del mondo e della storia, l’impensabile promesso e atteso. Egli non porta la vita, ma è la verità e la vita, è Dio nell’umanità, la luce nelle tenebre, è l’eterno nel tempo, la speranza nelle delusioni, la fiducia nelle prove. Egli è il Dio-con-noi, così che nessuno al mondo sarà più solo.
È oltre ma è anche qui, Risorto e accanto a noi: sostiene i passi dell’umanità affaticata e oppressa, specialmente quando i giorni sono più incerti e dolorosi come nel tempo che viviamo. Ci invita, ci prega di fidarci di Lui. Gesù assicura a Marta che il senso del tempo è l’eterno, cioè Lui.
Attraverso di lei lo dice a noi, all’uomo moderno, all’uomo di ogni cultura che si porta dentro la domanda radicale: che cosa sarà di me un giorno, che cosa sarà del mio vivere oggi? Cristo è la vita nell’eternità ed è la vita nel tempo: il nostro tempo è un anticipo della vita immortale, non ci attende l’oscurità del nulla, ma la luce di Dio. In questa luce tutto acquista senso poiché nulla andrà perduto, gioie e dolori. Chi genera un uomo genera un frammento di eternità, e chi cura e custodisce l’altro ha nelle mani una scintilla di bellezza e di eterno. È questo che dona ad ogni persona una dignità e un valore incomparabile e inviolabile per chiunque.
Alla Vergine Maria, Madre della salute e della speranza, Regina di Genova, a San Giovanni Battista del quale custodiamo le sacre ceneri, affidiamo tutti noi, in particolare chi è nella malattia e nella solitudine, i molti defunti, coloro che – medici, infermieri e volontari – si dedicano a curare l’eternità che hanno accanto.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova