Intelligenza artificiale ed etica

Intervento al Shipping, Transport & Logistic Forum 2025 di Rapallo
01-02-2025

Intelligenza artificiale ed etica

  1. Libertà e persona

La libertà non è fare ciò che si vuole, né fare tutto ciò che è possibile o legale, ma scegliere ciò che fa crescere la persona nella sua interezza, essendo l’uomo “unitotalità”, cioè un tutto unitario, una complessità di dimensioni organicamente connesse.

Essere liberi significa dunque scegliere la propria “umanità” intesa non come virtù morale, ma come dimensione ontologica, cioè intrinseca al suo stesso essere, e quindi universale e inviolabile.

Libertà è dunque essere fedeli all’uomo come è non come vorremmo che fosse. Ciò, oggi, non è scontato perché l’autocoscienza è spesso sostituita dall’autopercezione.

In questa prospettiva, possiamo dire che la libertà è scegliere la verità, perché solo la verità fa bene all’essere umano e quindi è morale.

È dunque possibile affermare che – senza tema di soggettivismo – la persona è il criterio di giudizio per valutare se una “novità” – scientifica, tecnologica, sociale, culturale … – è un progresso o un regresso, una evoluzione o una involuzione, anche se presenta aspetti positivi.

  1. L’utile e il vero

Si tratta di affrontare la questione sempre più attuale del confronto tra la categoria dell’”utile” e quella del “vero”, tra l’utilità per l’uomo e la verità dell’uomo. Certamente, ciò che è utile è un bene per l’essere umano, ma non tutto ciò che è utile risponde alla verità intera della “unitotalità” umana.

Certe utilità possono corrispondere ad alcune caratteristiche e capacità di ordine fisico, psichico, psicologico, razionale, ma possono avere anche delle forti controindicazioni a danno di altri aspetti dell’essere umano.

Non penso che ogni utilità, per essere anche morale, debba far crescere direttamente tutte le dimensioni antropologiche (credo che ciò non sia possibile), ma certamente non deve danneggiare o costituire un grave rischio per le altre: questo non è un bene e quindi sarebbe non-etico.

In sintesi, solo ciò che corrisponde alla natura umana e la sviluppa è la verità universale dell’uomo, ed è fondamento razionale dell’etica.

È anche doveroso ricordare che la natura umana non si autopone, ma è creata da Dio e ne porta la sua inviolabile impronta.

  1. Una sfida epocale

C’è una ulteriore considerazione da fare. Romano Guardini scrisse nel 1951 un saggio, “Il potere”, dove poneva a se stesso e al mondo una domanda di impressionante gravità: chi vincerà la sfida del potere? l’uomo sulla macchina o la macchina sull’uomo che la costruisce?

Siamo ormai dentro a questa sfida che segna un confronto sempre più stretto e decisivo tra l’uomo e l’opera delle sue mani.

Venendo a noi, la cosiddetta “Intelligenza artificiale”, come mai nella storia, sfida l’essere umano. Innanzitutto egli non deve dimenticare che l’uomo è generato, mentre la macchina è prodotta. Per questo il termine “intelligenza” appare improprio. L’intelligenza è un intus-legere, è leggere dentro alle cose, è capace di passare dal particolare all’universale tramite il processo di astrazione, mentre il cervello ne è lo strumento: l’intelligenza è una facoltà, mentre qualunque macchina è strumento.

Oggi si parla di nuova “mano d’opera”, ma si intende una “mano” solo per compiti e situazioni di ordine materiale, di fatica o di sicurezza, oppure anche di funzioni di ordine intellettivo, psicologico, spirituale? Su questa strada veloce e inclinata, l’essere “utile” e “più comodo” inevitabilmente creano una dipendenza sempre più estesa, intima e sofisticata.

Usare la macchina senza una forte e chiara coscienza morale può facilmente diventare un fidarsi fino ad affidarsi ad essa, ai suoi calcoli e algoritmi. Ma l’uomo non può rinunciare a se stesso. Egli non è una somma di dati, ma un “tu” inviolabile che non si spiga neppure a se stesso se non guarda al di là di se stesso, verso un oltre che lo trascende e che avverte essere il suo ultimo destino.

Pensare con entusiasmo compiaciuto ad una assistenza robotica a malati, anziani, bambini, magari camuffata con sembianze umane, è una regressione immorale poiché, con finte motivazioni umanitarie, uccide le relazioni e condanna alla solitudine, sbarazzandosi di quanti sono considerati un peso per la società.

  1. Tornare alla coscienza

L’Occidente deve ritrovare se stesso, le radici della propria cultura. La sua storia è attraversata da luci e ombre, ma il filo conduttore non è venuto meno; è quell’umanesimo integrale generato dal fecondo incontro di Gerusalemme, Atene e Roma.

Le tragedie vecchie e nuove nascono non perché siamo cristiani, ma perché lo siamo troppo poco. In molte sedi e per molte questioni si fa appello alla responsabilità di ciascuno anche nell’so di strumenti sempre nuovi, ma la responsabilità richiede la coscienza morale che è capacità di giudizio sulla realtà, La coscienza morale ha al centro la persona nella sua verità integrale: è questa l’unità di misura del vero progresso.

Solo una coscienza chiara e decisa, personale e collettiva di Popoli e di Stati, può vigilare e mettere in atto regole e strumenti affinché gli enormi capitali e i folli interessi di pochi non diventino il male di tutti, sapendo che il confine tra l’aiutare l’uomo e il sostituirlo è molto sottile, e che non possiamo assistere passivi al declino dell’uomo in nome di un progressismo a doppio taglio.

Tutti siamo consapevoli che un crescente depotenziamento dell’uomo rende la società più debole, soggetta a condizionamenti mascherati da ausilio. E una società debole e confusa è più sottomessa e consumista a vantaggio di chi – tirando i fili – ha scopi di potere di lucro.

La grande domanda di Romano Guardini è dunque quanto mai pertinente: come persone di retta ragione, e speriamo di solida fede, dobbiamo affrontarla con fiducia e determinazione in tutta la sua verità.

Card. Angelo Bagnasco
Arcivescovo emerito di Genova

 

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