Omelia pronunciata domenica 16 giugno 2019 al Santuario di N.S. della Guardia nella S. Messa per il pellegrinaggio del mondo del lavoro
17-06-2019
Arcidiocesi di Genova
Santuario della Madonna della Guardia, Domenica 16.6.2019
Pellegrinaggio del Mondo del Lavoro
‘Genova in piedi e insieme’
Autorità
Cari Fratelli e sorelle nel Signore
Il pellegrinaggio annuale del Mondo del Lavoro ci fa incontrare ai piedi della Madonna della Guardia per pregare insieme, e riflettere davanti al Signore: Dio è venuto tra noi, ha vissuto come noi, ha santificato il lavoro, è morto per riscattarci dal peccato, è rimasto con noi nella Chiesa, nella sua Parola di luce, nell’abbraccio eucaristico. In mezzo a un mondo confuso e smarrito che sembra impazzire, Cristo è il punto di riferimento affidabile.
Saluto tutti con rispetto, cari Amici, e il mio pensiero raggiunga tutti i lavoratori che voi rappresentate: ognuno con le proprie responsabilità.
1. Lasciamo che questo momento sia un lampo di eternità che entra nel nostro cuore, che dissipa le paure, scioglie i nodi, confermi propositi alti, rinnovi la vita. Sappiamo che il lavoro è questione centrale della società, condizione indispensabile per progettare la vita e per avere dignità. Al lavoro è legata la famiglia, nucleo ineguagliabile e fondamento del vivere insieme, la più grande impresa perché genera il capitale più decisivo di tutti, che non è il profitto ma l’uomo,
Nella luce del mistero di Dio uno e trinitario, volgiamo ora lo sguardo alla Santa Vergine perché ci doni lume per le nostre vite e per la nostra Città.
2. Da questo santuario, circa un anno fa siamo ripartiti dopo la tragedia del ponte Morandi. Il cuore era pesante perché Genova era stata lacerata nella sua carne, portava il dolore immenso per le vittime, la vicinanza ai loro famigliari e a quanti erano stati più direttamente colpiti. Ma anche sentivamo che qualcosa di nuovo era scaturito in noi, un senso di vicinanza che andava oltre il fardello della sofferenza, qualcosa che diventava giorno per giorno la voglia di stare più insieme, di stringerci non per sederci sulle macerie, ma per camminare insieme; e se i fatti tentavano di piegarci, tanto più li abbiamo guardati in faccia decisi di lottare e superarli. Così, ci siamo alzati in piedi non ognuno da solo, ma ciascuno aiutando spiritualmente gli altri, specialmente chi era maggiormente piegato dalla mano pesante degli eventi. Sì, ci siamo alzati in piedi, insieme!
Ma abbiamo anche sentito che la Città si era risvegliata non solo per sanare la ferita del ponte, ma anche per guardare la Città nel suo insieme, come se vedessimo in modo un nuovo le possibilità, i progetti, i sogni , di questa città bellissima e troppo schiva, a volte rude, ma dal cuore grande e da una storia di sacrificio, di lavoro, di ingegno. Una storia che non si è mai spenta, ma che ha attraversato debolezze, congiunture sfavorevoli, indifferenze immeritate. All’improvviso, il mondo aveva guardato Genova, aveva partecipato al dolore, l’aveva ammirata per la dignità, e si è chiesto se alla volontà di farcela avrebbe corrisposto la capacità. Tutti abbiamo in qualche modo intuito che l’ora era densa, che la coesione era un dono da non sprecare: come se passasse un treno velocissimo da non perdere.
3. Oggi, siamo qui per pregare la Madonna affinché quella comunione di intenti a sia confermata e – se possibile – cresca.
Pensiamo la casa dove viviamo il quotidiano: essa sembra indicarci non solo il ponte, ma anche le nostre aziende, vecchie e nuove, quelle grandi e storiche, ma anche le imprese medie e piccole che sono come una diffusa rete. Pensiamo alla nostra casa e questa ci indica le indispensabili vie di comunicazione, quelle nuove già funzionanti e quelle che velocemente porteranno Genova oltre se stessa verso il resto d’Italia e d’Europa; la casa ci indica il porto che è il cuore storico imprescindibile dell’essere genovesi, e che negli anni ha confermato la sua centrale strategia. Genova agli occhi del mondo – è il suo porto, i suoi traffici, le sue maestranze, la sua posizione strategica. La continua a parlarci, e ci indica la bellezza di una Città che finalmente si impone all’attenzione per arte, tradizioni, chiese, edifici, vicoli, per qualità di vita. Forse anche noi ci siamo finalmente accorti della bellezza in cui viviamo, e che dobbiamo rispettare, custodire, valorizzare. Non finiremmo mai di cantare la nostra Città e la Liguria.
4. Quest’ora, però, è affidata a noi, a ciascuno di noi! Le nostre case sono testimoni dei sentimenti più intimi, sono affidate a ciascuno perché siano non solo degli alloggi, ma delle vere case, spazi cioè dove ci sentiamo bene non perché lussuose, ma perché tutto è impregnato della nostra umanità, è curato e quindi ci restituisce affetto.
Così è per la Città: essa deve essere sentita come nostra, come qualcosa di caro, che merita non solo affetto ma anche cura. Che cosa significa questo? Significa che nessuno gettare la spugna, nessuno deve ritirarsi e mettersi alla finestra per vedere gli altri e criticare; significa non dividerci in concorrenze o sospetti; significa rinnovare lo spirito di corpo, anzi di squadra, dove non tutti fanno tutto ma ciascuno fa qualcosa; significa fare innanzitutto il nostro dovere.
E che cosa vuol dire fare il proprio dovere? Vuol dire lavorare con responsabilità, cioè con competenza, onestà e amore, con la capacità di lavorare insieme; ma vuol dire altresì prendersi il rischio che ogni dovere comporta. Non è sempre facile accettare il rischio in una società scivolosa, ma è necessario farlo, perché fa parte di ogni dovere, grande o piccolo che sia, sapendo che ogni dovere è importante se fatto con responsabilità. Anche il tempo ha i suoi tempi, e certi tempi spesso non ritornano. Tutti sappiamo che rari sono i problemi che non si possono superare, se c’è volontà sincera e disponibilità a prospettive nuove che a volte si presentano scomode, ma che ripagano i singoli e la comunità.
Genova deve stare in piedi e insieme; deve guardare l’ora presente con coraggio, senza attendere l’ottimo che spesso blocca il bene. I nostri giovani un giorno ci giudicheranno: vogliamo che ci siano grati. Cari Amici, Dio vi benedica; ci benedica tutti: Dio benedica Genova e la nostra terra.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova