Folla o popolo?

Omelia pronunciata in Cattedrale nella S. Messa della Domenica delle Palme
29-03-2015
Arcidiocesi di Genova
Domenica delle Palme, 29.3.2015
OMELIA
‘Folla o Popolo?’
 
Cari Fratelli e Sorelle
Si apre la Settimana Santa, centro dell’Anno Liturgico e cuore della nostra fede. Molti sono i personaggi presenti nel racconto della Passione e dell’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme, ingresso che abbiamo ricordato con le palme e i rami benedetti. Li porteremo nelle nostre case come segno di Cristo nostra pace e riconciliazione.
1. Vogliamo ora guardare Gesù e la folla. Tutto ruota attorno a Lui. La folla, di volta in volta, prende posizione: molti si esprimono contro, altri a favore, altri avranno taciuto. I più lo osannano prima e lo condannano dopo. I suoi discepoli entrano trionfali con lui nella Città santa, e lo abbandonano sulla via dolorosa. Cari Amici, come siamo fluttuanti! Come il nostro animo si piega facilmente ad ogni soffio di vento! Quanto siamo affidabili? Quanto gli altri possono contare su di noi nella difficoltà, nella sventura, quando la gloria tramonta? Quanto siamo pronti a salire sul carro del vincitore di turno? E quanto siamo forti e coraggiosi per sfidare l’opinione comune, per resistere alla derisione, per smascherare il vile nascondiglio del ‘gli altri fanno così’?
Gesù ha rischiato nel fidarsi degli uomini – solo l’amore folle di un Dio poteva far questo – e la sua compagnia resta affidabile sempre e comunque; ma non possiamo non interrogarci sulla nostra affidabilità. Lui ci perdona sempre e ricomincia ogni volta a camminare con noi; ma non possiamo accomodarci nella sua bontà. L’amore è una cosa seria: è un dono, ma anche i doni sono impegnativi e chiamano in causa lo spessore della nostra umanità e della nostra fede. Preghiamo perché la Settimana Santa ci renda più affidabili e forti della fedeltà di Cristo.
2. Anche la folla desta la nostra attenzione: la folla in quanto tale. Essa si rivela come un campo di erba alta che piega il capo ad ogni alito di vento, cioè di convenienza e di gusto. In quanto tale, si rivela non essere un vero popolo, ma solo una folla anonima dove ogni individuo non sembra ragionare con la sua testa, ma con la testa degli altri, specie dei più scalmanati e violenti seppure – in quel momento – solo con le parole. Per essere un popolo, che cosa manca a quella moltitudine a volte vociante e inferocita, a volte esaltata e osannante? Che cosa distingue una fola da un popolo? La folla è accecata, il popolo vede. La folla segue le sensazioni, il popolo segue la ragione, vede il bene e il male, distingue il vero dal falso. La folla sembra senza radici e senza storia, il popolo è consapevole e fiero della propria storia e non la dimentica – tanto meno la rinnega – per non perdere una bussola preziosa, quella dei padri. Cerca di vivere con coerenza e di proclamare con libertà le vie giuste e quelle sbagliate. Proprio per questo il popolo non è impositivo
o esclusivo, mentre la folla – irrazionale e emotiva – diventa capace di tutto, anche dell’ingiustizia e del crimine.
Cari Amici, i martiri di ieri e di oggi ci testimoniano cosa voglia dire essere popolo con un’anima, un volto. Quando Gesù non è un’idea lontana, ma una persona viva, la ragione della propria vita, allora non si può vivere in una poltiglia dove tutto è equivalente e quindi nulla vale. Quando è Lui la ragione della nostra vita, allora si può essere anche perseguitati e morire in modo brutale e crudele, come i fratelli che si sono lasciati uccidere con il nome di Gesù sulle labbra piuttosto che rinnegarlo. Per questo la Settimana Santa di quest’anno non possiamo viverla senza di loro: la nostra preghiera e il nostro affetto li abbraccia, sapendo che il loro sangue sparso e le loro sofferenze ci sono di monito, di incoraggiamento. Sì, non possiamo vivere questi giorni santi senza i nostri martiri.
                                                                   Angelo Card. Bagnasco
                                                                  Arcivescovo di Genova
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