Genova
Monastero delle Clarisse Cappuccine, 10.7.2023
Festa di santa Veronica Giuliani
OMELIA
“Croce, riparazione, peccato”
Care Sorelle Clarisse Cappuccine
Cari Fratelli e Sorelle nel Signore
Attorno all’altare ci siamo riuniti per celebrare i divini Misteri nella festa di Santa Veronica Giuliani, insigne claustrale della Famiglia Religiosa delle Clarisse Cappuccine. Ella nacque nel 1660 e morì nel 1727 nelle Marche, nel Monastero di Città di Castello. Grande mistica, la cui vita fu segnata da visioni, ma soprattutto dalla Croce di Cristo. Leggendo la sua vita, consegnata al suo poderoso Diario raccolto in 36 volumi, si resta impressionati: quasi si fa fatica a seguirla nel suo percorso spirituale, nella discesa sempre più profonda dell’intimità di Dio.
All’uomo moderno può suscitare sorpresa e perplessità, ma proprio per questo abbiamo ancor più bisogno d conoscere per respirare il soprannaturale, ed essere purificati dalla mentalità mondana imperante.
La sua vita interiore ruota attorno ad alcune realtà spirituali oggi poco ricordate, quasi fossero improprie per la sensibilità moderna, quasi provocassero fastidio al pensare comune, quasi fossero delle deformazioni antiquate della dottrina cattolica, quasi fossero una esagerazione di alcuni contenuti della fede, un intoppo pesante della vita cristiana, delle ombre oscure e tetre che scoraggiano anziché attrarre, come se la sequela Christi dovesse essere un buonismo generico senza impegno e fatica.
La nostra vita forse non sarà la vita mistica di Santa Veronica, ma certamente non deve essere diversa nella sostanza che è Gesù crocifisso redentore dell’uomo: e questo è un atto d’amore di Dio-Amore.
- “Per me non ci sia altro vanto”
San Paolo ci porta al centro dell’esistenza: la croce di Gesù è il suo “io”, è diventata la sua identità. Il Signore glorioso, che gli era apparso sulla via di Damasco, Paolo lo contemplava assiso sul trono, cioè appeso al legno. L’Apostolo vive guardando a Lui e – nel tempo – quello sguardo lo immedesima in Lui e lo identifica a Lui.
È forse una visione masochistica e cupa della fede? Forse la luce sfolgorante di Damasco si è trasformata in un’ombra tetra e triste? No! E’ sempre stata un’abbagliante luce d’amore, luce che illumina anche quando deve soffrire per manifestarsi e crescere.
- Peccato e riparazione
Il mistero della croce non si spiega senza il mistero del peccato. I due misteri si guardano e si provocano a vicenda, sono l’incrocio del mistero dell’amore con quello della nostra libertà.
Peccato è un’altra parola che oggi sembra debba essere bandita poiché si ritiene antiquata e causa di complessi e tetri castighi, mente tutto – anche nella fede – oggi dev’essere facile e spontaneo. Anche l’amore sembra debba essere sempre “amorevole”, senza intoppi e sacrifici. Ma così si svuota la croce di Cristo e quindi tutta la redenzione.
Il peccato in sé è una realtà triste perche è sempre un atto di sfiducia in Dio. Ma la parola è grandiosa, è sorgente di coraggio e di forza, perché ci mette davanti al Padre celeste che è Amore. Per esperienza comune, è meglio essere in rapporto con Lui che con noi! Le autoanalisi ci aggrovigliano con le nostre complicazioni, il peccato ci porta al cospetto di Dio che ci conosce meglio di noi stessi, ci ama come il padre della parabola, ci guarda attraverso il Cristo crocifisso.
Santa Veronica ha offerto le sue azioni e le sue penitenze in riparazione dei peccati. Riparare i peccati propri e altri sembra anche questo qualcosa di retrivo e di religiosamente distorto: ciò è vero se si rinuncia a slogan e a pregiudizi. Gesù ha riparato il male del mondo e per sempre: tutto è compiuto in Lui. Ma Egli ci ha dato la possibilità di partecipare all’opera della redenzione, cioè al suo infinito atto d’amore. Egli non è ha bisogno di noi, ma per amore ci chiede di stargli accanto come chiese agli Apostoli nell’orto degli ulivi. Allora tutto cambia, e gli stereotipi supponenti cadono perché vuoti di contenuto.
- La forza del nulla
Santa Veronica si è lasciata prendere per mano dal Signore e condurre per le sue vie: possiamo dire che la fiducia in Dio abitava la sua anima, e che la sua anima era fiducia e docilità. Per questo ha potuto attraversare, su ali d’aquila, le altezze vertiginose del divino e le piccolezze della vita quotidiana vedendo l’Invisibile, l’Eterno nei giorni, la Bellezza Suprema nei suoi bagliori.
Non è forse questo il cuore della mistica e della sapienza di Dio apparsa in Gesù? Ciò è possibile se ci arrendiamo al Signore, se – come fragili tralci – restiamo ostinatamente legati alla vite, Cristo nostra vita, là dove la chiamata divina ci porta, e invocando il ritorno glorioso di Cristo, nostra speranza.
Card. Angelo Bagnasco
Arcivescovo emerito di Genova