Cari Fratelli e Sorelle
Autorità
Da quando è accaduta la tragedia del ponte Morandi, ho desiderato essere con voi nel giorno in cui i ricordi si fanno più vivi e gli affetti più intensi, il Natale di Gesù. Abbiamo insieme pregato per le vittime nel giorno dei defunti: ora siamo qui a pregare insieme per voi, per le famiglie, i bambini e gli anziani, per la Città che sentiamo ancora più nostra. Coloro che sono stati lacerati dal tragico lutto, sono al primo posto nei nostri pensieri, consapevoli che nulla può colmare il vuoto. Insieme a loro, anche chi ha perso la casa e deve ricostruire un luogo di relazioni; e anche coloro e non sono pochi che sono stati danneggiati nel lavoro, esercizi e imprese. Un intero quartiere è stato colpito: i disagi ci sono, anche se si opera perché siano meno pesanti e più brevi possibile.
La Città è stata lacerata nel suo corpo vivo, ma non è rimasta piegata: subito i genovesi hanno mostrato ciò che sono oltre il naturale riserbo. Hanno mostrato il loro cuore, la concretezza del loro esserci nei momenti difficili; con i fatti hanno detto che si può contare gli uni sugli altri, che nessun gesto, nessuna parola, è poco quando si tratta di rialzarci e guardare avanti. Sì, nulla è troppo poco e nulla può dispensarci dallessere presenti e partecipi. Ciò è accaduto, accade; e deve continuare. Dalle rovine sembra si sia sprigionata una benevolenza reciproca nuova, un pensare positivo che in mezzo a dolori e disagi guarda a un futuro che vuole non essere troppo lontano. Genova ha dato, ancora una volta, prova di dignità, ha mostrato la capacità di resistere e di lottare sapendo, per antica esperienza, che, insieme, non solo si può resistere ma si superano le prove. Cari Amici, il ponte verrà ricostruito e la città ritroverà la sua unità logistica, ma non dimentichiamo ognuno di noi deve continuare ad essere ponte per gli altri, come Gesù il Figlio di Dio apparso nel presepe di Betlemme è il ponte fra il cielo e la terra, fra Dio è lumanità.
Lesperienza, che tutti abbiamo vissuto, ci fa pensare che nelle profondità del nostro cuore sono in agguato il timore, la paura, a volte langoscia. Perché? Di che cosa abbiamo paura? Luomo ha paura della sofferenza fisica e della morte, degli insuccessi, e anche delle responsabilità , ma la paura somma è di essere solo nel buio della vita e dellignoto. Ecco langoscia vera che sta in agguato, cupa, nel fondo dellanima. Come un bambino, che deve avventurarsi da solo in una notte oscura, esperimenta linsicurezza, la condizione di essere orfano, il carattere sinistro dellesistenza, così ogni uomo avverte che questa paura si annida in lui e può risvegliarsi da un momento allaltro.
Langoscia di un bimbo, che deve attraversare il buio, non si scioglie mediante la ragione: solo una voce umana può consolarlo, solo la mano di una persona cara può rassicurarlo. Questa voce calda cè, questa mano amica e affidabile è sempre tesa: è Gesù! Dalla grotta di Betlemme nella notte oscura del mondo si è accesa una luce, una luce piccola come un bambino appena nato, mite come un vagito, umile come una grotta. Ma quella piccola luce ha camminato attraverso i secoli, ha raggiunto i confini della terra, ed è giunta fino a noi per illuminare la nostra esistenza un passo dopo laltro fino alla Luce piena senza tramonto. E questo il Natale.
Mentre accogliamo quella Luce, che viene da lontano e che si fa vicina a ciascuno, vogliamo essere anche noi un umile riflesso per gli altri. Come i pastori, anche noi abbiamo bisogno di camminare verso quel punto luminoso, per farci avvolgere da quei poveri panni, e insieme continuare con fiducia il cammino.
Angelo Card. Bagnasco