Omelia pronunciata in Cattedrale nella S. Messa della solennità di Tutti i Santi
01-11-2015
Arcidiocesi di Genova
Domenica 1.11.2015, Solennità di Tutti i Santi
OMELIA
‘Lasciamo risplendere il volto di Cristo che è in noi’
Cari Fratelli e Sorelle nel Signore
1. La solennità di Tutti i Santi ci richiama ogni anno a guardare il Cielo, la meta del nostro cammino terreno. Ogni uomo è creato su una linea di confine, su una frontiera estrema fra terra e cielo, tra finito e infinito, tempo ed eternità. Proiettato verso l’oltre, verso il mistero che siamo e che ci avvolge, il cuore umano vive una pungente nostalgia di un compimento e di una pienezza che non nessuno può costruire con le proprie mani, ma che può solo invocare e attendere come un dono. Ogni raggio di luce, ogni frammento di gioia, ogni frutto di bene, ogni vincolo d’amore, ogni nobile appagamento, non sono che un anticipo, un barlume del futuro che ci attende. Vivere con i piedi piantati nel quotidiano, ma con gli occhi verso il cielo, è il modo di vivere del cristiano, la via della santità a cui tutti siamo chiamati. Sentire nel segreto dell’anima questa sottile e struggente contraddizione, scoprirci poveri, mendicanti di infinito, ci fa bene perché ci aiuta a non lasciarci assorbire dalle cose, prendere dalla distrazione che intorpidisce lo spirito, toglie lo stupore, rende incapaci di vedere l’essenziale. Perché lo spirito non si ammali è bene ricordare l’invito di Sant’Agostino: ‘Non uscire da te, rientra in te: nell’uomo interiore abita la verità’. Viviamo necessariamente in mezzo a parole e rumori, ma perché non diventiamo anche noi rumore e vuota parola, dobbiamo ricordare che il silenzio è il guardiano dell’anima, e che ‘In questo silenzio l’ospite (Dio) riposa, e l’anima si risana’. Oh quanto bisogno abbiamo di trovare momenti di silenzio e di ristoro spirituale!
2. I Santi sono vissuti di fede: per questo, come viandanti della fede, sono stati anime di carità. E noi tutti abbiamo bisogno di crescere nella fede. Esiste un grande rischio nel nostro occidente: fare della fede una decorazione della vita non il suo impasto; farne un soprammobile, non la casa dove abitare. Solo un Dio che c’entra con la nostra esistenza può interessare all’uomo, un Dio che non è lontano ma accanto, anzi che prende dimora in noi, che si fa intimo, che cena con noi come Gesù a Emmaus: ‘Egli entrò per cenare con loro’. Per questo la fede cristiana nasce sempre da un incontro vivo con il Signore: incontro non significa qualcosa di eccezionale, di strano, di visionario, ma l’indicibile intuizione che Lui c’è, è vivo; che con Dio o senza Dio tutto cambia nella vita anche se dovessimo fare le stesse cose di sempre. Ma tutto cambia dentro. Credere è intuire che noi esistiamo perché Dio vive: è esserne affascinati, ghermiti, posseduti. Credere è sapere che Gesù è il volto di Dio e vivere di questo fascino, a volte fino alle lacrime! Credere è – come hanno fatto i Santi con i loro limiti – lasciarsi amare sapendo che questa è una delle cose più desiderate e più difficili perché significa decentrarsi, lasciare a Lui il timone della nostra barca, fidarsi di un nocchiero che a volte pare dormiente o assente, o a volte conduce su rotte di mari sconosciuti ed ostili. Ma tale è la sua bellezza e tanto è il suo fascino di verità, che il cristiano continua a vivere della fedeltà del Signore, assapora ogni giorno la sua parola o il suo silenzio e, nonostante limiti e peccati, ricomincia ogni giorno l’avventura con Lui lasciando risuonare la voce dell’apostolo Paolo: ‘Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono di Cristo Gesù’ (Fil 2,5). ‘La creazione dell’uomo è fatta per Lui (Cristo), affinché l’uomo non possa separarsi del suo modello’, scrive San Gregorio Palamas. Solo Dio poteva avere tanta fantasia e correre tanto rischio: creare l’uomo e coinvolgersi con lui! Dall’acqua del battesimo, infatti, l’uomo riceve nell’anima il volto di Gesù.
E nel corso dell’ esistenza terrena egli deve far risplendere questa sua originaria bellezza vivendo con gli stessi sentimenti di Cristo: imparando a pensare con il suo pensiero, ad amare con il suo cuore. Questo cammino di conformazione spirituale e ascetica a Gesù, anzi di appartenenza radicale a Lui, è l’itinerario della santità.
Cari Amici, non dimentichiamo che queste parole non sono lontane, sono vicine. Molti le vivono l’amore di Gesù: coppie, famiglie, consacrati e pastori, respirano la sua presenza. La vivono a costo della persecuzione e della vita. ‘E’ ora di riproporre a tutti con convinzione questa misura alta della vita cristiana ordinaria’ scriveva San Giovanni Paolo II. Sì, questo bisogno esiste e cresce. Vogliamo corrispondere con umiltà, confidando nella forza della grazia, nella maternità della gran Madre di Dio, nell’intercessione possente dei Santi del Cielo.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo di Genova