«Un anno di vita insieme» Lettera alla comunità diocesana

Carissimi,

prima di rivolgermi a tutti voi, fratelli e sorelle nel Signore della comunità diocesana di Genova, mi rivolgo a Dio. A Lui chiedo, con umiltà e sincerità, di poter nutrire verso di voi i sentimenti e lo zelo pastorale dell’apostolo Paolo, che così scrive ai cristiani di Tessalonica: “Chiediamo di poter vedere il vostro volto e completare ciò che ancora manca alla vostra fede. Voglia Dio stesso, Padre nostro, e il Signore nostro Gesù dirigere il nostro cammino verso di voi! Il Signore poi vi faccia crescere e abbondare nel­ l’amore vicendevole e verso tutti, come anche noi lo siamo verso di voi, per rendere saldi e irreprensibili i vostri cuori nella santità, davanti a Dio Padre nostro” (1 Ts. 3,10-13). Questa “lettera” vuole essere un invito rivolto a tutti per una ripresa e un rilancio dell’attività pastorale delle nostre comunità ecclesiali e delle varie realtà che le compongono e, nello stesso tempo, un’illustrazione del “Calendario attività diocesane” per l’anno pastorale 1995-1996.

Dal calendario emergono alcune linee programmatiche: per la loro definizione più precisa non mi sono stati possibili una consultazione e un dialogo ampi e aperti, a motivo della mia presenza in Diocesi solo dal 17 giugno scorso e del non ancora avvenuto rinnovo di alcuni organismi di partecipazione (come i Vicari urbani e foranei e il Consiglio presbiterale).

Con la collaborazione del Vescovo ausiliare e dei Vicari episcopali mi sono limitato a riprendere e riproporre, con alcune novità, un calendario in gran parte già positivamente sperimentato con l’azione pastorale sapiente e paterna di S.E. il Card. Giovanni Canestri, che ricordo con gratitudine e affetto. Nello stesso tempo desidero presentare una serie di intenzioni e di riflessioni maturate in questi anni nel mio servizio alla Conferenza Episcopale Italiana.

Esprimo già sin d’ora la mia riconoscenza a quanti, leggendo questo primo intervento scritto rivolto alla Diocesi, vorranno farmi giungere suggerimenti e proposte per il cammino pastorale della Chiesa di Genova. “De re nostra agitur”: si tratta di una “questione” nella quale tutti dobbiamo sentirci responsabilmente coinvolti.

  1. Per ogni cosa c’è il suo momento (Qoelet 3,1)

Può essere utile, anzitutto, interrogarci sul significato di un calendario diocesano.

– Per il cristiano l’attenzione primaria dev’essere sempre al “programma” che lo Spirito Santo propone e che le condizioni storiche aiutano a cogliere: lo Spirito, infatti, anima la vita dei singoli fedeli e ne scandisce i tempi e i ritmi di crescita; e la situazione concreta manifesta, a suo modo, le attese e le richieste di Dio, Signore della storia.

Anche la Chiesa come tale deve avere una simile attenzione, deve ascoltare “ciò che lo Spirito dice alle Chiese” (Ap. 2, 7). È in questo preciso contesto che vuole situarsi il “Calenda­ rio attività diocesane” della Chiesa di Dio che è in Genova per l’anno pastorale 1995-1996.

– Gli incontri, le proposte e le iniziative indicate per la Diocesi si inseriscono nella pastorale ordinaria della Chiesa.

Questa pastorale si radica nella vitalità interiore della comunità cristiana: è questa una vitalità che spesso va oltre i nostri pro­ getti e programmi, perché rimanda all’insondabile mistero della grazia, ai percorsi segreti del Regno di Dio che germina e cresce nei cuori.

Questa pastorale, inoltre, ha come contenuti essenziali e permanenti per tutte e singole le comunità la vita in Cristo, che si sviluppa nell’ascolto della Parola, nella celebrazione dell’Eucaristia e dei sacramenti e nella preghiera, nel servizio della carità (cfr. Atti 2,42 ss.; 4,32 ss.).

– Il calendario diocesano non si sovrappone né tanto meno è di ostacolo alla vita e alle iniziative programmate nell’ambito parrocchiale e vicariale e da parte delle molteplici aggregazioni. È piuttosto conforto, verifica e stimolo per queste stesse iniziative. La nostra comunità ecclesiale, infatti, registra una vivacità pastorale frutto di una storia di vita cristiana che è stata scritta dai Pastori della Chiesa genovese – tuttora vivissima è l’eredità del Card. Giuseppe Siri e del Card. Giovanni Canestri -, dal clero secolare e religioso, dalle persone consacrate, dai fedeli laici: è una storia che ha diritto di continuare a esprimersi nelle più varie attività e iniziative dettate dal dinamismo della pastorale ordinaria e dalle emergenze legate all’imprevedibile evolversi della storia. Né si deve dimenticare che la comunità cristiana è chiamata anche a prendere parte agli appuntamenti di riflessione e di impegno che la società civile esprimerà e vivrà il prossimo anno.

-Il calendario diocesano, proprio perché “diocesano”, vuole aiutare tutti a riscoprire e a vivere il senso dell’unica Chiesa locale. In tal modo potrà maturare quella comunione ecclesiale che ha nella persona del Vescovo il suo “principio visibile” e il suo “fondamento” (cfr. Lumen gentium, 23).

  1. I veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità (Gv. 4,23)

Il Concilio ci ricorda che “la liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù” (Sacrosanctum concilium, 10).

In realtà, gli incontri e le iniziative diocesane hanno sì le loro specifiche scadenze, ma queste sono inserite nell’arco dell’Anno Liturgico, appartengono ai “tempi della Chiesa”. Proprio questi tempi delineano il cammino anche pastorale e spirituale, sia della comunità sia del singolo cristiano, chiamati a fare memoria, a celebrare e a rivivere il mistero di salvezza di Cristo, crocifisso risorto che viene.

L’attività pastorale, infatti, non può non trovare ispirazione, forma e slancio dai tempi liturgici dell’Avvento e del Natale, della Quaresima, della Pasqua e della Pentecoste. Particolare attenzione dovrà essere data alla tradizionale e sempre preziosa “benedizione delle famiglie” e alle proposte che in Avvento e in Quaresima gli Uffici Pastorali rivolgono alla comunità ecclesiale attraverso “sussidi” e microrealizzazioni.

Al di là e attraverso le diverse iniziative pastorali, si dovrà riconoscere e vivere la centralità dell’Eucaristia e della Liturgia delle Ore.

– L’Eucaristia è da celebrarsi con profonda fede, con grande decoro e nel rispetto cordiale delle norme della Chiesa. Ci sia di esempio il Curato d’Ars, che aveva un senso innato della celebrazione e della sua portata spirituale e umana e che viveva ciò che sant’Agostino chiamava “la festa senza fine, dove non si celebra qualcosa che passa…festa senza fine, volto di Dio visto allo scoperto, gioia senza declino”.

– La celebrazione della Liturgia delle Ore è da proporre, con amore paziente e costante, anche ai fedeli laici, almeno in alcune sue parti.

È compito specifico e precipuo dei sacerdoti ricordare a tutti, con la predicazione e la testimonianza di vita, che adorare il Padre in spirito e verità (cfr. Gv. 4, 23-24) è la vocazione prima e insopprimibile della Chiesa, da Dio voluta come “edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cri­ sto” (1 Pt. 2,5). È in questione l’essenza stessa dei cristiani, la loro dignità originale e la loro irrinunciabile responsabilità: “Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato per­ ché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce” (1 Pt. 2,9).

È mio vivo desiderio che la liturgia celebrata nella Cattedrale risulti veramente di esempio e di stimolo per l’intera Diocesi. E per questo motivo intendo presiedere nelle solennità liturgiche non solo le Messe stazionali ma anche i Vespri pontificali.

  1. Saldi nella fede (1 Pt. 5,9)

La meta verso cui tende l’itinerario trac­ ciato dal “Calendario attività diocesane” è l’educazione alla fede matura. È questa la ragione d’essere della pastorale della Chiesa, che Cristo vuole come Madre e Maestra: resa incessantemente feconda dallo Spirito, la Chiesa genera i credenti e li educa a crescere nella fede con un’adesione libera e una comunione amorosa a Gesù Cristo “la via, la verità e la vita” (Gv. 14,6), e con una partecipazione convinta e responsabile alla vita e alla missione della comunità ecclesiale. È questo il cammino della fede: essa deriva dall’ascolto e dall’annuncio del Vangelo vivente, che è Cristo Gesù, la Parola fatta car­ ne: “Come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza che uno lo annunzi?… La fede dipende dunque dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo” (Rm. 10,14.17).

Al servizio di questo “dinamismo della fede” si pongono alcuni compiti che la Chiesa particolare è chiamata a svolgere.

In ascolto della Parola

Insostituibile è l’ascolto personale e comunitario della Parola di Dio, la sua meditazione e la sua traduzione nella vita: “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt. 4,4).

A questo fine potranno servire i momenti liturgici e di preghiera, gli incontri di catechesi, le esperienze di “lectio divina”.

Immersi in una cultura fortemente secolarizzata, che porta a vivere “come se Dio non esistesse”, le comunità cristiane hanno bisogno di essere richiamate al “primato di Dio” (cfr. Dt. 6,5; Mt. 4,10) e di essere costantemente educate alla preghiera come dialogo e comunione con il Dio vivente.

Per ciascuno di noi sia di esempio e fonte di grazia Maria, la madre che “serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (Le. 2,19; cfr. 2,51). Potessimo dire anche noi, come sant’Ignazio di Antiochia: “Mi affido al Vangelo come alla carne di Cristo”!

I sacerdoti, nuovi evangelizzatori

Facendo propria la coscienza apostolica di Paolo, che scrive: “Cristo non mi ha man­ dato a battezzare, ma a predicare il vangelo” (1 Cor. 1,17), i sacerdoti avvertano con gioia e vivo senso di responsabilità che il Signore Gesù li chiama oggi ad essere i “nuovi evangelizzatori”.

È questo un compito veramente formidabile e arduo, che può essere affrontato con fiducia e con frutto solo con una profonda fede e un’intensa passione apostolica. Si tratta, infatti, anche da noi e nei nostri ambienti di annunciare per la prima volta Gesù Salvatore e il suo Vangelo e di rievangelizzare tanti cristiani che sono tali per il solo battesimo ricevuto o poco più. E la stessa predicazione ai fedeli – una predicazione “pensata” e preparata con cura – deve sprigionare sempre il senso della “buona notizia” ed essere un servizio reale alla conoscenza della verità della fede e alla coerente sequela di Cristo nella carità. Ogni sacerdote si senta ammonito dal penetrante richiamo di sant’Ambrogio: “Chi ha perduto il grido del cuore, ha perduto anche quello della voce”.

Catechesi e Sacramenti

I sacerdoti, i genitori, i catechisti e gli educatori hanno una grande parte nel cammino di crescita nella fede, che si esprime particolarmente attraverso la specifica catechesi rivolta a quanti si preparano ai Sacramenti (del Battesimo, della Riconciliazione, dell’Eucaristia, della Cresima e del Matrimonio cristiano).

Per la preparazione particolare e immediata al Sacramento del Matrimonio sarà presto a disposizione per la Diocesi un documento – preparato da tempo e sollecitato anche dal recente Convegno diocesano sulla famiglia – che propone gli orientamenti e le disposizioni per un adeguato e comune cammino di catechesi e di spiritualità dei fidanzati verso la celebrazione del matrimonio cristiano.

Il Catechismo degli adulti

Una particolare attenzione la Diocesi è chiamata a riservare al Catechismo degli adulti “La verità vi farà liberi”, che costituisce, come ha detto il Santo Padre ai Vescovi italiani riuniti in Assemblea generale, “un prezioso e valido strumento per l’inculturazione della fede in Italia”. Il Papa ha poi continuato: “Esso s’impone, unitamente e in modo coordinato con il Catechismo della Chiesa Cattolica, a tutte le comunità ecclesiali in Italia come libro della fede per gli adulti. Condivido con voi l’auspicio che il nuovo volume costituisca un valido sussidio per la catechesi degli adulti, e più in generale per la loro formazione: questa resta, infatti, la preoccupazione primaria e centrale dell’impegno pastorale in ogni epoca” (25 maggio 1995).

Il Catechismo degli adulti si rivela così come una “grazia” che non può essere sciupata e una “sfida” che non può essere lasciata cadere in un contesto di perdita o di affievolimento della fede.

Per questo, per la diffusione, la conoscenza e l’approfondimento del Catechismo si dovranno attivare:

–           i sacerdoti, anzitutto: sarà questo l’argomento dei loro mensili “incontri di preghiera e di studio”;

–           l’Ufficio Catechistico diocesano, con le iniziative specifiche che vorrà proporre e guidare;

–           i laici nella loro “scuola di formazione”.

Ho pensato ad un gesto pubblico solenne, capace di mostrare l’importanza che la Diocesi attribuisce all’impegno pastorale della catechesi agli adulti: sarà la “consegna” per­ sonale che l’Arcivescovo farà di numerose copie del Catechismo in Cattedrale, al termine della Veglia Missionaria Diocesana del 20 ottobre prossimo, ai rappresentanti dei Vicariati e di altre realtà ecclesiali.

Fede e cultura

Proprio perché la fede è vita, si dà un intimo rapporto tra la fede e la cultura, ossia il complesso di idee, giudizi, scelte e comportamenti della persona e della società. La fede stessa offre criteri nuovi e originali per interpretare e affrontare la realtà: genera, dunque, cultura e, nello stesso tempo, entra iri dialogo con ogni cultura all’insegna del discernimento critico (cfr. Rm. 12,1-2; Ef5,8 ss.).

Per questo abbiamo bisogno, oggi soprattutto, di una fede matura, che sa “dirsi” con umiltà e coraggio di fronte ai problemi e alle attese dell’uomo e della società attuale, che sa rispondere prontamente a chiunque chiede ragione della speranza che è nei cristiani (cfr. Pt.3,15).

È in questo senso che la Diocesi riprende e rilancia le Scuole di formazione dei laici, che verranno articolate come scuole vicariali e come scuole diocesane di specializzazione. Le prime, di durata quadriennale, faranno esplicito riferimento al Catechismo degli adulti “La verità vi farà liberi”, seguendo le tappe del cammino verso il Grande Giubileo del 2000 segnalate dal Papa nella sua Lettera “Tertio Millennio Adveniente” (ulteriori indicazioni concrete saranno date nel mese di settembre).

Le seconde, di durata biennale, prenderanno in considerazione un triplice campo: quello della formazione all’impegno sociale e politico, quello della spiritualità e della preghiera, quello della “formazione dei formatori”.

  1. Buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio (1 Pt. 4,10)

Nella Chiesa tutti e ciascuno di noi “riceviamo” ed insieme “diamo”: siamo il termine del dono di Dio che ci salva e il principio e lo strumento che Dio sceglie per “comunica­ re” ad altri il dono ricevuto. Così ci invita san Pietro nella sua Prima Lettera: “Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministra­ tori di una multiforme grazia di Dio” (1 Pt. 4,10). In modo semplice e profondo san Gregorio Magno scrive: “Nella santa Chiesa ognuno è sostegno degli altri e gli altri sono suo sostegno”.

Perché i doni di Dio siano accolti con umile gratitudine e vissuti con generosa corrispondenza e perché siano comunicati agli altri con intelligenza e passione missionaria, continuano nella Diocesi alcune iniziative per le diverse categorie del Popolo di Dio e vengono ulteriormente precisate.

 La grazia e la responsabilità dei presbiteri

In quanto guide e animatori delle comunità cristiane, i presbiteri hanno una grazia e una responsabilità specifiche in ordine ad attuare per primi – dando così un’importante testimonianza ai fedeli – quella “formazione permanente” d’indole spirituale e culturale che assicura autenticità e freschezza all’impegno pastorale quotidiano.

Non mi posso sottrarre al bisogno, prima ancora che al dovere, di raccomandare a ogni presbitero la lettura personale dell’esortazione apostolica postsinodale Pastores dabo vobis di Giovanni Paolo II, che costituisce per il nostro tempo quello che per tanti secoli ha rappresentato la “Regula pastoralis” di san Gregorio Magno.

In questo senso:

–           ogni sacerdote faccia tutto il possibile per partecipare alla Messa Crismale del Giovedì Santo in Cattedrale, che si configura come il momento più significativo della comunione del presbiterio con il Vescovo, nel ricordo dell’Eucaristia e del Sacerdozio;

–           tutti i sacerdoti, secolari e religiosi, sono caldamente invitati a frequentare i mensili “incontri di preghiera e di studio”; agli stessi sacerdoti è offerto un Corso di Esercizi Spirituali guidati dall’Arcivescovo (14-19 gennaio 1996);

-1′ annuale pellegrinaggio al Santuario della Guardia con il conferimento dei ministeri, mentre rinnova e approfondisce la fraternità e l’amicizia presbiterale anche con la gioiosa partecipazione comunitaria agli anniversari di ordinazione, potrà fornire all’Arcivescovo l’occasione più propizia per tentare una pri­ ma verifica e presentare alcune linee pastorali diocesane per il prossimo anno;

–           sono programmati due Corsi di forma­ zione permanente, rispettivamente per i sacerdoti ordinati negli anni 1970-1975 e per quelli ordinati negli anni 1976-1981.

Appuntamenti di grande rilevanza per la comunione presbiterale e per la corresponsabilità diocesana saranno:

–           il rinnovo dei Vicari urbani e foranei, il cui ruolo e compito risulta di primario significato per il dinamismo pastorale, destinati come sono a promuovere una maggiore comunione e un più abituale scambio di “doni” e di aiuto tra le parrocchie e nella Diocesi;

–           la costituzione del nuovo Consiglio presbiterale, ossia di “un gruppo di sacerdoti che, rappresentando il presbiterio, sia come il senato del Vescovo”, con il compito di “coadiuvare il Vescovo nel governo della dio­ cesi, a norma del diritto, affinché venga promosso nel modo più efficace il bene pastorale della porzione di popolo di Dio a lui affidata” (Codice di Diritto Canonico, can. 495): dai membri del rinnovato Consiglio presbiterale il Vescovo nominerà liberamente alcuni che costituiranno il collegio dei consultori (Codi­ ce di Diritto Canonico, can. 502).

Il carisma della vita consacrata

Reciproci sono i rapporti tra le persone consacrate e la Chiesa locale: come questa è chiamata ad apprezzare e valorizzare il dono che Dio fa alla sua Chiesa con la vita consacrata, così i religiosi, le religiose e tutti i consacrati sono chiamati a dare il proprio contributo alla vita e alla missione della Chiesa locale. La loro numerosa presenza nella Chiesa di Genova – nella vita delle parrocchie, nelle scuole, negli ospedali e in molteplici campi di apostolato, spesso di frontiera – è motivo di gioia ed è ragione di sicurezza per un crescente coinvolgimento negli incontri e iniziative della Diocesi come tale.

–           Viene confermata la solenne celebrazione della Presentazione del Signore, il 2 febbraio in Cattedrale, con l’invito che non sia riservata ai soli religiosi e religiose, ma che manifesti meglio, con una partecipazione allargata, la sua dimensione più ampiamente ecclesiale.

–           Per i Religiosi, alcuni dei quali entreranno nel nuovo Consiglio Presbiterale diocesano, la C.I.S.M. (Conferenza Italiana Superiori Maggiori) continuerà la sua attività, destinata a favorire la conoscenza reciproca, il sostegno fraterno e la collaborazione pastorale. Momenti forti rimangono i quattro incontri annuali di formazione permanente.

–           Per le Religiose, l’U.S.M.I. (Unione Superiore Maggiori Italiane) proseguirà i già collaudati, graditi e partecipati incontri, alcuni riservati alle Superiore, altri aperti a tutte le religiose per l’aggiornamento teologico-pastorale e per momenti di spiritualità.

– L’accresciuta coscienza della dimensione ecclesiale del carisma della vita consacrata e l’esplicita richiesta dei religiosi e delle religiose potranno opportunamente favorire lo studio e la realizzazione di alcune iniziative di coordinamento e di collaborazione tra i due rispettivi organismi (C.I.S.M. e U.S.M.I.) e il loro rapporto con il Vescovo e la Chiesa locale.

La vocazione e la missione dei fedeli laici

L’attenzione pastorale nei confronti dei fedeli laici non può restringersi a quanti partecipano alle diverse associazioni, movimenti e gruppi ecclesiali – anche se a loro riguardo, a cominciare dall’Azione Cattolica, dovrà essere riservata particolare cura-, ma deve più coraggiosamente aprirsi ai cristiani impegnati nel mondo del lavoro, dell’economia, della scuola e cultura, della politica, anzi deve giungere a tutti i laici, anche se non hanno specifici compiti.

Mentre dobbiamo sollecitare la presenza dei laici nella Chiesa e nelle sue attività con spirito di responsabile e cordiale collabora­ zione, ancor più dobbiamo impegnarci ad incoraggiare e sostenere i laici a vivere la loro propria vocazione di “cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio” (Lumen gentium, 31). È da promuovere con rinnovato impegno la cura pastorale di quei gruppi che riuniscono quanti

esercitano la professione nei vari settori del vivere sociale.

In ordine alla formazione culturale cristiana dei laici già ho segnalato la proposta diocesana delle Scuole vicariali e delle Scuole di specializzazione. L’esperienza degli anni passati, insieme alle novità introdotte, mi induce a sperare in un rilancio positivo e in un’adesione numericamente significativa.

Come appare facilmente dal “Calendario attività diocesane”, appuntamenti e iniziati­ ve specifici sono previsti per categorie di laici, nell’ambito del matrimonio, della famiglia, della scuola, dei bambini, dei giovani, dei malati, degli anziani.

Non è necessario ora scendere nell’analisi delle singole categorie, ma non posso trascurare l’occasione di far emergere, evidentemente senza alcuna esclusione, la specifica importanza, anzi l’insostituibilità di due ambiti:

-l’ambito della pastorale familiare, che da tutti deve ricevere quella priorità che è richiesta dal disegno stesso di Dio creatore e redentore: il matrimonio dei cristiani è il “grande sacramento” in Cristo e nella Chiesa (cfr. Ef 5,32) e la famiglia che ne deriva è la “Chiesa domestica” (Lumen gentium, 11 );

– l’ambito della pastorale dei malati e dei sofferenti: l’esperienza umana della sofferenza, della malattia e della morte cerca senza posa la risposta ad un “perché” che solo la fede può sciogliere. Per questo è assoluta­ mente necessaria la presenza materna della Chiesa, tramite la cura e l’amore degli operatori sanitari, dei volontari, dei familiari e di tutti guariti aspirano alla beatitudine promessa dal Signore: “Ero malato e mi avete visitato” ((Mt. 25,36).

La Chiesa Madre e Maestra vive in pienezza il suo mistero di fecondità spirituale quando rende i laici sempre più protagonisti convinti e attivi della sua vita e missione, secondo i doni che lo Spirito Santo distribuisce a ciascuno per il bene di tutti: “a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune” (1 Cor.12,7).

Il ricchissimo insegnamento del Concilio e del postconcilio (cfr. in particolare l’esortazione apostolica postsinodale Christifideles laici, 30 dicembre 1988) non ha certamente risolto nella pastorale comune e quotidiana la “questione” della presenza laicale nella vita e nella missione della Chiesa. In tal senso ci si deve seriamente interrogare ancora oggi sulla cosidetta “clericalizzazione” di tanta nostra pastorale. La consapevolezza che già Pio XII auspicava per i laici non può non interpellare i presbiteri e le persone consa­ crate: “I fedeli, e più precisamente i laici, si trovano nella linea più avanzata della vita della Chiesa; per loro la Chiesa è il principio vitale della società umana. Perciò essi, specialmente essi, debbono avere una sempre più chiara consapevolezza, non soltanto di appartenere alla Chiesa, ma di essere la Chiesa, vale a dire la comunità dei fedeli sulla terra sotto la guida del Capo comune, il Papa, e dei Vescovi in comunione con lui. Essi sono la Chiesa…” (Pio XII, Discorso ai nuovi Cardinali, 20 febbraio 1946).

In tal senso non ci si dovrà stancare:

–           nel coinvolgere i genitori nella prepara­ zione dei figli ai Sacramenti dell’iniziazione cristiana, ricordando che la catechesi ai fan­ ciulli – fatta con fiducia e impegno – si rivela non di rado un’occasione efficace di rievangelizzazione degli adulti;

–           nell’assicurare la presenza di catechisti e catechiste adeguatamente preparati, puntando non solo su qualche giovane e qualche mamma, ma anche sugli adulti e sulle coppie di sposi;

–           nel favorire la frequenza alla Scuola di “formazione dei farmatori” proposta dalla Diocesi;

–           nel sostenere la partecipazione alle Assemblee della Consulta delle aggregazioni laicali, in ordine ad approfondire la coscienza della vocazione e missione dei laici, a rendere più manifesto il dono divino dell’unità nella varietà e ad imprimere nelle molteplici e differenti attività e iniziative di ciascuna aggregazione un più gioioso e forte senso del servizio comune alla Chiesa come tale;

–           nel suscitare nel Consiglio Pastorale diocesano, “sotto l’autorità del Vescovo” e in uno spirito di fraternità, la comune volontà di “studiare, valutare e proporre conclusioni operative su tutto ciò che riguarda le attività pastorali della diocesi” (Codice di Diritto Canonico, can. 511).

  1. Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: “Vieni e seguimi” (Mc 10,21)

 

Una parola speciale vorrei riservare ai giovani.

Mentre esprimo la mia gioia nel sapere che nella nostra Chiesa si è oramai costituita una Commissione di Pastorale Giovanile, confesso che un più ampio e deciso sviluppo di questa pastorale rientra tra gli impegni che sento prioritari nella mia missione di Vescovo.

So di muovermi nella linea tracciata dal Signore Gesù e riproposta con grande fiducia e forza da Giovanni Paolo II.

Specificando l’appello del Card. Giovanni Canestri: “Genova, nella famiglia il tuo futuro”, dico: “Genova, nei giovani il tuo futuro”. Questo è vero per un evidente motivo anagrafico, ma ancor più per le potenzialità umane e spirituali di cui i giovani sono in possesso.

Tutti dovremmo portare il nostro con­ tributo per la riuscita del triplice incontro annuale dei giovani: quello d’inizio dell’anno pastorale, la Pasqua giovani la vigilia della Domenica delle Palme, la vigilia della Pentecoste al Santuario della Madonna della Guardia.

Giungere a tutti i giovani

Nel rilancio della Pastorale Giovanile, che chiede una “Consulta” rappresentativa non solo delle diverse aggregazioni di giovani ma anche dei giovani di altri ambienti, la Diocesi dovrà spingere per un’intonazione più decisamente  missionaria. Ripeto quanto ho detto ai giovani la sera del 17 giugno: “Tocca anche a noi costruire la Chiesa, costruire la città: siamo ‘protagonisti’ non tanto come speranza per il futuro, quanto come possibilità nel presente. Non accresciamo il numero dei ragazzi e dei giovani che pensano egoisticamente sol­ tanto a se stessi o che si limitano stolta­ mente a criticare e a demolire gli altri! A noi il Signore riserva la sua fiducia. A noi egli affida la sua Chiesa, affida il mondo intero. Occorre ‘prendere il largo’! La nostra vita ha diritto di avere le proporzioni della Chiesa e del mondo. Non sciupiamola, rendendola meschina e sterile!”.

Rivolgendomi ai sacerdoti e agli educatori dico: non dobbiamo temerli, i giovani, ma amarli; amarli di più. Avremo allora il coraggio di uscire dai nostri “cenacoli” per incontrare i giovani nei loro ambienti. Ai sacerdoti in particolare suggerisco la bontà e la pazienza nell’ascoltarli a uno a uno e nel guidarli soprattutto con la “direzione spirituale”. Avremo la semplicità e la fierezza evangelica di far loro proposte serie e impegnative di vita, sia sostenendo i giovani con gli ideali umani del servizio alla causa della giustizia, della solidarietà e della pace, sia orientandoli alla scelta convinta e gioiosa di seguire Gesù Cristo in una comunione di amore e di vita: “Una cosa ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi” (Mc. 10,21 ).

Nelle nostre iniziative pastorali per e con i giovani tentiamo spesso tattiche e strategie le più generose e originali, ma corriamo il rischio di dimenticare un’esigenza fondamentale: i giovani vanno cercati e incontrati là dove sono. Per questo la pastorale giovanile dovrà riservare una specifica attenzione al mondo della scuola, del lavoro, del tempo libero e dello sport. In particolare è da sollecitarsi sempre più un maggior incontro tra la pastorale giovanile e la pastorale scolasti­ ca, così come è da riconoscersi il contributo qualificato che deve essere dato dai docenti di Religione preparati e motivati e dagli in­ segnanti veramente cristiani.

Ogni giovane è chiamato e mandato

La Pastorale Giovanile si risolve in un’opera educativa sapiente e coraggiosa, che conduce i giovani a interpretare e a vivere l’esistenza nei termini di una vocazione e di una missione: percepirsi e liberamente accettarsi come chiamati e mandati è condizione indispensabile e contenuto centrale della forma­ zione di un’autentica personalità in senso umano e cristiano.

In questo alveo si inserisce la proposta vocazionale specifica al sacerdozio e alla vita religiosa. Sta qui una sfida per il futuro della nostra Chiesa, in termini più drammatici di quanto abitualmente non si pensa.

La decisione di togliere il “seminario minore” dal Chiappeto per la drastica riduzione dei ragazzi si accompagna alla volontà di rilanciare la Pastorale Vocazionale in Diocesi, non solo con gli Incontri di Orientamento vocazionale, ma anche in nuove forme da studiarsi insieme e da realizzarsi in ambito vicariale. È chiaro che la responsabilità per una simile pastorale non tocca soltanto alcune persone, come i rettori del Seminario, i giovani che si preparano al sacerdozio e i membri del Centro Diocesano Vocazioni, ma coinvolge l’intera comunità cristiana e in particolare ogni singolo sacerdote e i responsabili della Pastorale Giovanile.

Nel cammino diocesano di risveglio delle vocazioni sacerdotali, desidero rendere più significativo ed eloquente per il Popolo di Dio il tempo liturgico che va dalla Pasqua alla Pentecoste. In tal senso chiedo, soprattutto ai sacerdoti, di favorire una maggiore sensibilizzazione per la Giornata Mondiale per le Vocazioni (28 aprile), preceduta il Venerdì dalla Veglia diocesana di preghiera.

Come gli altri anni, il conferimento dei Ministeri avverrà in occasione del pellegrinaggio annuale dei sacerdoti al Santuario della Guardia.

Nelle settimane successive alla Pasqua verranno ordinati i Diaconi nelle loro parrocchie di origine, mentre l’unica ordinazione dei Presbiteri avrà luogo nella Cattedrale la solennità di Pentecoste.

So bene che il periodo pasquale è segna­ to dall’impegno pastorale delle Prime Comunioni. Sarà anche questa un’occasione preziosa per la preghiera per le vocazioni sacerdotali: non c’è Eucaristia senza Sacerdozio!

  1. Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo (Mt. 5,13-14)

La Chiesa è per sua natura missionaria, perché mandata a tutti per rivelare e comu­nicare l’universale amore di Dio Padre: non può vivere, dunque, solo al suo interno. Gesù l’ha voluta e costituita sale della terra, luce del mondo, città posta sul monte, lievito nella pasta, fuoco che brucia. Da Gesù risorto la Chiesa ha ricevuto il mandato missionario: “Andate in tutto il mondo e predicate il van­ gelo ad ogni creatura” (Mc. 16,15; cfr. Mt. 28,19-20 ); e col mandato missionario, da Gesù ha ricevuto il suo Spirito, perché in lei sia principio di comunione e forza di apertura e donazione a tutti.

Una Chiesa sempre più missionaria

L’azione pastorale della Chiesa non può limitarsi a “conservare” – anche se la vitalità all’interno di una comunità cristiana è già segno luminoso e richiamo per tutti -, ma deve proporsi un obiettivo più esplicitamente missionario. “Andate in tutto il mondo…”: il comando del Signore s’incontra con situa­ zioni e condizioni pastorali sempre più presenti e urgenti anche all’interno della stessa nostra comunità cristiana. Sono allora parte essenziale della pastorale ordinaria:

– la rievangelizzazione di quanti, pur battezzati, hanno perso la fede, o non vivono in modo coerente ad essa, o la ritengono del tutto non significativa per le scelte concrete di vita personale e sociale;

–           il dialogo pastorale con quanti sono “lontani” dalla Chiesa e dal Vangelo di Cristo, perché ostili o indifferenti o ancora alla ricerca di valori morali e spirituali;

–           la preghiera e l’aiuto per le “missioni” in senso classico, facendo crescere la coscienza della cooperazione missionaria tra le Chiese.

Al di là di benemerite iniziative partico­ lari di missionari e di gruppi ad essi collegati, è necessario sensibilizzare le singole comunità parrocchiali ad avere un respiro più missionario in tutte le loro attività. C’è un testo del Concilio che invita ad una riflessione quanto mai seria: “La grazia del rinnovamento non può crescere nelle comunità, se ciascuna di esse non allarga gli spazi della carità sino ai confini della terra, dimostrando per quelli che sono lontani la stessa sollecitudine che per coloro che sono suoi propri membri” (Ad gentes, 37). Non è forse qui indicata la ragione dell’immobilismo o della sterilità, da cui qualche comunità parrocchiale può essere colpita?

Colgo l’occasione per salutare e ringraziare tutti i sacerdoti, i religiosi e i laici missionari sparsi nel mondo e che hanno legami di nascita e di amicizia con Genova, e soprattutto l’amata comunità del Barrio Guaricano di Santo Domingo, che ho avuto la gioia di visitare e di apprezzare nel mese di agosto. L’augurio è che questa “presenza” della Chiesa di Genova nelle Chiese sparse nel mondo serva di stimolo a tutti noi nell’intensificare i nostri rapporti di preghiera e di cooperazione e nell’assolvere quell’opera di evangelizzazione che il Concilio qualifica come “dovere fondamentale del Popolo di Dio” (Ad gentes, 35).

La Veglia Missionaria Diocesana, che si celebrerà in modo solenne in Cattedrale Venerdì 20 ottobre, vuole essere insieme un segno e una spinta per confessare nella fede e nella vita la Chiesa una e cattolica.

“Andate in tutto il mondo…”. Perché sia veramente efficace, la missione della Chiesa esige la comunione: “Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Cv. 17, 21). Emerge così una questione fondamentale della vita della Chiesa: quella dell’unità dei cristiani. “In quest’ultimo scorcio di millennio-ci ricorda Giovan­ ni Paolo II – la Chiesa deve rivolgersi con più accurata supplica allo Spirito Santo implorando da Lui la grazia dell’unità dei cristiani. È questo un problema essenziale per la testimonianza evangelica nel mondo” (Tertio Millennio Adveniente, 34). Occorre dunque che l’attività pastorale della nostra comunità ecclesiale assuma sempre più coscientemente un profondo respiro ecumenico. In tal senso sono da valorizzarsi la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-25 gennaio) e alcune iniziative specifiche di incontro con i fratelli e le sorelle delle altre Chiese e comunità cristiane.

Dobbiamo inoltre accogliere le forti pro­ vocazioni del Papa ad affrontare, nella prospettiva del grande Giubileo, le nuove frontiere del dialogo interreligioso, dando un posto preminente al popolo ebraico e ai fedeli dell’Islam, senza peraltro dimenticare i membri delle grandi religioni orientali. Per questo, il calendario ha voluto mettere in evidenza la Giornata per il dialogo Ebrei-Cristiani (17 gennaio). Inoltre, la prima parte delle Scuole vicariali di quest’anno comporterà lo studio della recente enciclica Ut unum sint sull’impegno ecumenico e del significato delle religioni nella ricerca di Dio e del senso della vita.

I cristiani, anima del mondo

In questo spirito di apertura sarà più facile vivere un altro aspetto essenziale della missione della Chiesa, quello di essere germe di speranza e forza di vera libertà e nuova solidarietà nella società umana: “ciò che l’ani­ ma è nel corpo, questo siano nel mondo i cristiani”, si legge nella Lettera a Diogneto (n.6).

– La nostra azione pastorale rischia, il più delle volte, di essere troppo esclusivamente intraecclesiale, chiusa cioè nei confini della comunità cristiana, e dimentica che il servi­ zio all’uomo e alla società è parte integrante dell’annuncio del Vangelo: “Proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore, (Cristo) svela anche pienamente l’uomo al­ l’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione” (Gaudium et spes, 22).

In tal senso, la partecipazione meno individualistica e critica e più comunitaria e costruttiva ai problemi della città e della società – peraltro in un contesto europeo e mondiale – non è soltanto un diritto democratico, ma anche e anzitutto un dovere morale. La gravità poi dei problemi sociali che oggi pesano sulle nostre città – la disoccupazione, il benessere egoistico, la disgregazione familiare, il disagio giovanile, l’immigrazione, l’emarginazione degli anziani, ecc. – rende ancora più urgente l’educazione a una coscienza civica e politica quale aspetto necessario della coscienza morale umana e cristiana. Anche in questo ambito si può cadere nel peccato di omissione: e spesso non è il meno grave!

– Desidero qui ricordare con gratitudine l’opera di educazione e di stimolo alla testimonianza della carità evangelica della Caritas diocesana, incaricata di svolgere azione di coordinamento nell’intervento caritativo-assistenziale di tutta la nostra Chiesa a fronte delle povertà e delle emergenze in ambito territoriale e internazionale.

Faccio mio l’auspicio dei Vescovi italiani circa il sorgere della “Caritas parrocchiale in ogni comunità” (Orientamenti pastorali per gli anni ’90, Evangelizzazione e testimonianza della carità, 48). Si tratta di un obiettivo molto concreto e tutt’altro che marginale, perché rimanda a una responsabilità formativa di grande significato pastorale. I sacerdoti, in­ fatti, sono chiamati ad assicurare alle loro comunità il volto tipicamente cristiano e fortemente unitario di “comunità di fede, di preghiera e di carità”: infatti, “se la comunità ecclesiale è stata realmente raggiunta e convertita dalla Parola del Vangelo, se il mistero della carità è celebrato con gioia e armonia nella liturgia, l’annuncio e la celebrazione del Vangelo della carità non può non continuare nelle tante opere della carità testimoniata con la vita e col servizio. Ogni pratico distac­ co o incoerenza fra parola, sacramento e testimonianza impoverisce e rischia di deturpare il volto dell’amore di Cristo” (Ibid., 28).

– Di grande aiuto in questo senso vuole essere l’imminente Convegno ecclesiale di Palermo (20-24 novembre 1995), con il quale la Chiesa in Italia è chiamata a “ripensare e ridisegnare correttamente, alla luce del van­ gelo della carità, la propria identità e la pro­ pria presenza in una società che sembra aver perso i punti di riferimento tradizionali” (Traccia di riflessione in preparazione al Convegno, 10).

La nostra Diocesi , dopo una preparazione già avvenuta da parte di alcuni singoli gruppi, dedicherà nel mese di ottobre una specifica attenzione al Convegno. Così da Sabato 14 a Venerdì 20 la tradizionale “Settimana del laicato” verrà sostituita da una serie di incontri e iniziative che, sotto il tema unitario “Il Vangelo della carità: la Chiesa di Genova verso il Convegno ecclesiale di Palermo”, analizzeranno i contenuti del grande appuntamento della Chiesa italiana, ossia alcune vie preferenziali della nuova evangelizzazione (cultura e comunicazione sociale, impegno sociale e politico, amore preferenziale per i poveri, famiglia, giovani) e alcuni criteri con cui attuare l’impegno pastorale all’interno di ciascuna delle vie preferenziali (formazione, comunione, missione, spiritualità).

– Non mancano fortunatamente, in campo sia ecclesiale che laico, numerose e diverse forme di volontariato verso le vecchie e nuove ”povertà”. Ma la partecipazione ai problemi della città e della società non può limitarsi alla forma del volontariato e dell’impegno sociale: deve assumere anche la forma di una presenza più direttamente ”politica”, ovviamente con diversità e complementarietà di forme, livelli, compiti e responsabilità. È scritto nel Concilio Vaticano II: “La Chiesa stima degna di lode e di considerazione l’opera di coloro che per servire gli uomini si dedicano al bene della cosa pubblica e assumono il peso delle relative responsabilità” (Gaudium et spes, 75).

La necessità, da tutti sottolineata, di preparare un domani migliore, nel quale veramente la politica si ispiri al perseguimento del bene comune, cammini sempre sulla via della giustizia, sia animata da competenza, efficienza e spirito di servizio (cfr. Christifideles laici, 42), mi ha condotto a decidere la costituzione – peraltro già da tempo auspicata – di una “Scuola di formazione all’impegno sociale e politico”, come espressione diretta della Diocesi e secondo le linee quanto mai innovative della Dottrina sociale della Chiesa.

  1. Senza di me non potete fare nulla (Gv 15,5)

La vita cristiana e l’attività pastorale hanno la loro radice vivificante e il loro in­ cessante dinamismo nella “spiritualità”, nel­ la comunione con il Padre nel Figlio mediante lo Spirito Santo. L’immagine evangelica della vite e dei tralci ha un’eloquenza immediata e suggestiva: “Come il tralcio – dice Gesù – non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15,4-5).

In questa prospettiva prendono significa­ to, all’interno del “Calendario attività diocesane”, alcune iniziative, come:

–           gli incontri e le scuole di preghiera, che in modalità varie sono già presenti e attive in diverse chiese della Diocesi;

–           le giornate di spiritualità, che vengono attuate da singoli, gruppi, associazioni e movimenti, comunità parrocchiali, special­ mente nel periodo dell’Avvento e della Quaresima e in occasione della preparazione alla celebrazione dei Sacramenti.

Ai presbiteri e religiosi sono proposti, come già detto, i 6 incontri di preghiera e di studio e gli Esercizi spirituali guidati dall’Arcivescovo.

Così pure per le religiose, al di là delle giornate di spiritualità proprie alle singole Congregazioni, l’U.S.M.I. (Unione Superiore Maggiori d’Italia) provvede ad incontri co­ muni di preghiera e riflessione.

Per i laici sono offerti 2 Corsi di Esercizi Spirituali, l’uno per i giovani, l’altro per gli adulti.

–           Al servizio di un’esperienza del pregare cristiano sempre più illuminata dalla “intelligenza della fede” si vuole porre la “Scuola diocesana di spiritualità e di preghiera”.

–           Nell’ambito della pietà popolare un posto significativo continueranno ad avere i tradizionali Pellegrinaggi al Santuario del­ la Madonna della Guardia, in particolare quelli dei presbiteri, delle religiose, dei giovani, del mondo del lavoro e della terza età.

Il pellegrinaggio non comporta solo la preghiera fiduciosa a Maria, Madre di Cristo e della Chiesa, ma costituisce anche una scuola che educa a partecipare alla “peregrinazione nella fede” di Colei che è beata per­ ché “ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore” (Le. 1,45). Così il pellegrinaggio diviene segno dell’esistenza cristiana come cammino quotidiano verso Dio nella speranza del suo incontro:

“Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio. Passando per la valle del pianto la cambia in una sorgente, anche la prima pioggia l’ammanta di benedizioni. Cresce lungo il cammino il suo vigore, finché compare davanti a Dio in Sion” (Salmo 83,6-8).

Coltivo nel cuore un desiderio, che sotto­ pongo all’attenzione e al consiglio di tutti voi: è il desiderio di un pellegrinaggio mattutino, il primo Sabato di ogni mese, al Santuario della Madonna della Guardia, guidato dal­ l’Arcivescovo. È chiedere troppo a Genova “Città di Maria Santissima”?

– Le 10 Comunità monastiche di clausura della nostra Diocesi, per le quali siamo chiamati a conservare e ad accrescere la nostra stima attenta e operosa e ad avvertire più abitualmente il nostro debito per il grande “dono” che esse costituiscono per la vitalità spirituale e apostolica della Chiesa, siano per tutti noi esempio e stimolo per­ ché non venga meno nella nostra vita il primato di Dio.

Devo ricordare a me e a tutti che la preghiera non è solo elemento irrinunciabile della santificazione personale e condizione indispensabile per l’efficacia dell’azione pastorale, ma essa stessa è la prima e insuperabile attività pastorale della Chiesa.

Come diceva san Giovanni Crisostomo: “L’ uomo che prega ha le mani sul timone della storia”. Lo ricordino, in particolare, le persone ammalate o anziane e quanti temo­ no di essere diventati inutili e di peso agli altri. In realtà, non venendo meno la loro preghiera, non viene meno il loro contributo alla santità della Chiesa e al rinnovamento della società.

 

  1. Cristo ha amato la Chiesa (Ef 5,25)

Vorrei riassumere tutto quanto sinora ho detto con un’unica parola. Mi è suggerita dall’apostolo Paolo, che così scrive nella lettera agli Efesini: “Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei” (5,25).

Se Cristo ha amato la sua Chiesa e continuamente la ama, anche noi la dobbiamo amare: è un dovere, ma ancor più una grazia.

Amiamo la Chiesa come maestra e madre, perché ci rivela Cristo e ci dona la sua Vita.

Amiamo la Chiesa nella sua varietà e ancor più nella sua unità: solo un vero amore alla Chiesa ci preserva da particolarismi concorrenziali e sterili e ci sollecita a mettere a disposizione di tutti i doni di cui lo Spirito arricchisce ciascuno (cfr. 2 Cor. 12,7).

Amiamo la Chiesa e sentiamo l’onore di prendere parte alla sua missione di salvezza: diciamo la nostra gratitudine per quanto la Chiesa ci dona impegnandoci generosamente, come pietre vive, alla sua costruzione (cfr. Pt. 2,5) a lode di Dio e per il bene dell’umanità.

Amiamo la Chiesa e preghiamo per lei, così come fa la Liturgia:

“Fiorisca sempre nella Chiesa di Genova,

[o Padre, fino alla venuta del Cristo suo Sposo,

l’integrità della fede, la santità della vita, la devozione autentica e la carità

[fraterna: tu che la edifichi incessantemente

con la parola e il corpo del tuo Figlio, non privarla mai della tua paterna

[protezione.

Per Cristo nostro Signore”.

Amiamo la Chiesa con il cuore di Maria: sia Lei a ottenere da Cristo, il frutto benedetto del suo grembo, un anno pastorale fecondo e ricco di grazia.

 

Genova, 29 agosto 1995

Solennità della Beata Vergine Maria “della Guardia”

 

Dionigi Tettamanzi

Arcivescovo

29-08-1995
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