“Tornare a casa”

Lettera Pastorale 2015-2016

Cari Amici,
avere il desiderio di tornare a casa è come radunarsi in cucina attorno al fuoco in una notte d’inverno, è come una lampada che arde nel buio. La casa è il luogo dove qualcuno ci pensa e ci aspetta desiderando di rivederci. È un focolare di affetti, dove ci sentiamo stimati, amati non per quello che facciamo o abbiamo, ma per quello che siamo. Per questo, quando sul far della sera vedo la gente che torna a casa, prego per loro perché, dopo la fatica del giorno, sia un tornare desiderato, perché varcando la soglia ognuno possa ascoltare le voci più care e vedere le presenze più amate, possa sentirsi guardato con un sorriso lieto. Perché si scaldi il cuore! È come un miracolo. Chi di noi non ha provato la dolcezza del ritorno?
La famiglia
La prima casa dove tornare è la famiglia, comunità d’amore e di vita. Se diamo voce alla nostra giovinezza, essa ci ricorda che dentro a quel grembo ci sentivamo custoditi, i genitori avevano fiducia in noi nonostante i nostri limiti, insuccessi o paure. Non era un nido dove fuggire dal mondo concreto, non era un luogo dove ci veniva risparmiata la parola severa, le regole, o dove eravamo messi al riparo dalle difficoltà. Era uno spazio dove si faceva verità su di noi in modo saggio, dove si dava il nome giusto alle cose; dove si imparava la distinzione tra ciò che è bene e ciò che è male, tra doveri e diritti. Così, dentro a quel grembo, abbiamo imparato ad avere fiducia in noi stessi, negli altri, nella vita. E la fiducia ha generato sicurezza. Abbiamo imparato a non aver paura delle prove, ma ad affrontarle con l’aiuto di Dio e degli altri.
La Chiesa
Un’altra casa è la Chiesa, così come ricorda Sant’Agostino: “Non si può avere Dio come Padre se non si ha la Chiesa come madre”.
E Bernanos confida: “Nella Chiesa io mi sento a casa mia”. Gesù ha voluto avere un “corpo” nella storia fino alla fine dei tempi: è la Chiesa, il suo “corpo mistico”, la sua “sposa”, come dice l’Apostolo Paolo. Essa, fondata da Gesù sugli Apostoli, è mistero di comunione con Dio e con i fratelli: mistero non perché misteriosa e incomprensibile, ma perché, povero popolo di uomini, la Chiesa comunica realmente l’amore e la vita di Dio. La sua forza è la sua unione a Cristo come il tralcio alla vite. Far parte veramente della comunità cristiana ha il sapore della casa, dove ci si riconosce anche senza sapere il nome di ciascuno, ci si guarda come figli e fratelli. Dove si ritorna per ascoltare l’insegnamento degli Apostoli, pregare insieme, partecipare all’Eucaristia, sperimentare umilmente l’unione dei cuori e la fraternità operosa (cfr Atti 2,42). Dove si rinnova lo slancio per annunciare a tutti il Vangelo.
L’Eucaristia
Anche l’Eucaristia è casa. “Egli entrò per rimanere con loro”, racconta San Luca. Gesù, giunto ad Emmaus con i due discepoli tristi, fa finta di andare oltre perché non vuole imporre la sua presenza: l’amore non si impone e non si pretende, ma si offre e si domanda. Attorno al Pane consacrato, i discepoli riconoscono Gesù Risorto, comprendono che la croce non è la fine ma l’inizio di una vita nuova, la loro fede prende ali. Scoprono – quale trepida gioia! – di avere ospitato nella locanda il Signore, ma ora di essere loro ospitati nel segno eucaristico. L’esperienza del Congresso Eucaristico Nazionale, che sarà a Genova dal 15 al 18 settembre 2016, spero che sia per tutti come un “tornare a casa”: in quei giorni intensi vorrei che ognuno potesse toccare con mano la bellezza di entrare nella misericordia divina. Il Signore Gesù è il volto della misericordia perché porta il cuore di Dio accanto a noi, miseri e bisognosi di perdono, d’amore, d’infinito. La Santa Eucaristia – presenza reale di Cristo – ci invita a tornare a casa, ad entrare nel suo cuore. Per prepararci al Congresso Eucaristico, invito tutti a partecipare il più possibile alla santa Messa anche nei giorni feriali.
Il Cielo
Infine, la casa definitiva e piena è il Cielo, la vita eterna, l’incontro con il Padre, l’essere con Cristo per sempre. Là dove non ci saranno più né lutto né dolore, ma solo vita e gioia. Vedere Dio, il suo volto, la sua bellezza, è non solo essere felici, ma – ben di più – essere beati. La Scrittura parla di questa realtà che ci attende con immagini: vita, luce, pace, casa del Padre, Gerusalemme celeste, Paradiso. Lì ci ritroveremo: ritroveremo le persone che abbiamo amato, e nessuna ombra avrà potere. Lì, “il tornare a casa” sarà pieno e definitivo. Oggi si pensa poco al Cielo, si è talmente presi dalla vita terrena che sembra essere l’unica cosa che conti. Alla vita eterna dovremmo pensare di più, tenere gli occhi della fede puntati al Cielo per vedere meglio anche la terra. Per riconoscere negli altri non solo dei “simili”, ma dei “fratelli”. A questo destino dobbiamo oggi prepararci con la preghiera e la bontà del cuore, con le buone opere della vita.
Cari Amici, vi auguro ogni bene in Gesù: senza la sua luce, la nostra vita sarebbe solo oscurità. Chiediamo al Signore che aumenti la nostra fede: essa è come una lampada che guida i nostri passi, e questo basta per il cammino di ogni giorno. Prego per voi, vi chiedo di pregare per me.
Con affetto vi benedico.
Angelo Card. Bagnasco
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