“Sulla Tua Parola getterò le reti”

Lettera Pastorale 2012-2013
A ncora una volta vengo accanto a ciascuno per dire una parola umile e convinta. È una parola che viene da lontano – ha duemila anni di storia! – eppure è sempre attuale: il cuore degli uomini spesso la cercano, inconsciamente l’aspettano, desiderano ascoltarla. Dico il “cuore”, perché di solito la mente è presa da tante cose immediate, da compiti e problemi da risolvere, così che non di rado è distratta e stanca. Ma il cuore si lascia ingannare di meno dalla frenesia della vita: esso – più veloce che la mente – ascolta le voci profonde dell’anima, le domande che, nonostante tanti rumori, non muoiono. Domande che sono sempre lì, a volte come delle fiammate impetuose, altre volte come la brace sotto la cenere. Ma ci sono! E il cuore più facilmente le percepisce.
 
Quali sono queste domande che mai ci lasciano? La domanda siamo noi! Ognuno di noi è domanda a se stesso: a che punto sono del mio cammino? dei miei anni? per che cosa sto vivendo? perché tante sofferenze e dolori? e oltre questa vita? gli affetti più veri? quel patrimonio di bontà e di bellezza, di amore e verità che costituisce la vita di ciascuno? tutto nel buio del nulla? Se la mente – di fronte a queste formidabili domande – a volte esita ed incespica, il cuore ha un sussulto immediato, e reagisce all’idea di una totale rovina e di un annientamento definitivo. Riconosce la voce che sale dall’esperienza e dice: niente riesce a colmare l’uomo nella sua sete di felicità. Le soddisfazioni sono parziali e, comunque, minacciate dal tempo.
 
E allora? Per questo sono venuto a dirvi una parola quasi sottovoce, ma con gioia e speranza: la gioia di poter condividere un tesoro troppo grande per tenerlo da solo, e la speranza che lo vogliate condividere con me e con tutti. La parola, antica e sempre nuova, misteriosa eppure familiare, è un nome: Gesùl È la sua persona e il suo Vangelo. È Lui la speranza vera che il cuore attende anche senza conoscerlo. Eppure, appena lo intravede, appena ne scorge i lineamenti, ha un moto come quando si riconosce all’improwiso ciò che si cercava e che si desiderava: Gesù!
 
Abbiamo vissuto l’Anno della Fede indetto dal Santo Padre Benedetto XVI, dall’ Il ottobre 2012 al 24 novembre 2013. L’occasione era duplice: il cinquantesimo anniversario del Concilio Vaticano II e il ventesimo del Catechismo della Chiesa Cattolica, compendio di tutte le verità della fede. Lo scopo era rinnovare la nostra adesione a Cristo nel segno della responsabilità e della gioia. Una fede stanca, infatti, non affascina nessuno, sembra essere un peso. Ma Gesù è amore e gioia. In questa breve Lettera, vorrei riflettere con voi sull’episodio dell’Apostolo Pietro in riva al mare di Galilea. Su quel mare, tra le reti, Pietro nasce alla fede e trova se stesso.
 
«Quando ebbe finito di parlare, (Gesù) disse a Simone: prendi il largo e calate le reti per la pesca»
 
Sembra un invito di poco conto, e invece è una sfida su cui Simone si gioca la vita. Infatti, davanti all’Apostolo si aprono improwisamente due strade. La prima è fidarsi del Maestro e obbedire, apparendo agli occhi dei presenti credulone poiché Gesù è un “carpentiere” non un pescatore.
Pietro è un uomo di mare: “Abbiamo faticato tutta la notte e norì abbiamo preso nulla”.
 
Che senso ha tornare al largo? Linvito suona contrario al buon senso, all’esperienza del mestiere. Oppure, Simone può opporsi, far valere la sua perizia, rifiutarsi. Allora la gente gli darà ragione, sarà con lui, ma lui non sarà col Maestro. Che fare?
 
Il credente si trova spesso in situazioni simili: obbedire alla fede apparendo retrogrado, insensato, fuori dal mondo, magari solo e giudicato forse buono ma “semplicione”. Oppure adeguarsi al così pensano tutti, così fan tutti, e godere del plauso del pensiero unico e dominante, non sentirsi isolato. Ma il Signore? Resta sulla riva del nostro cuore e attende.
 
«Sulla tua parola getterò le reti»
 
Ecco la decisione di Simone: decide di fidarsi e rischia, nel giudizio della folla, la sua reputazione. La fede è proprio fidarsi di Gesù. E dato che la fiducia la si misura nelle sfide, nelle prove, l’Apostolo obbedisce e getta le reti. In modo significativo sottolinea che le getta “sulla tua parola”, quasi a voler impegnare il Maestro davanti a tutti, rischiando lui su di Lui. La fede è dunque una specie di intreccio: la parola di Dio chiede fiducia all’uomo non perché essa è evidente, ma perché la dice Dio. Dio ci mette la sua fedeltà e l’uomo la sua fiducia: è l’intreccio della fede.
 
Non era evidente né logico ritornare sul mare dopo una notte insonne e infruttuosa, ma Pietro vi ritorna perché lo dice il Maestro e basta. E sfida il giudizio dei presenti.
 
A volte, si crede solo a quello che comprendiamo, che pare logico e chiaro alla nostra mente. Ma allora la fiducia dov’è? La fede è – come per Pietro – un incontro con Gesù, è fidarci di Lui, e quindi è credere a tutto ciò che Lui dice e che ha affidato alla sua Chiesa.
 
«D’ora in poi sarai pescatore di uomini»
 
Nella fede Pietro scopre anche se stesso: “Si gettò alle ginocchia di Gesù dicendo: Signore, allontanati da me che sono un uomo peccatore”. Sì, Simone giunge alla verità della sua piccolezza, scende dal suo piedistallo – tutti ne possiamo avere – e si riconosce bisognoso di misericordia e di perdono. È questa la realtà più vera di ogni uomo, il bisogno che spesso non vogliamo ammettere presi come siamo da tanti altri bisogni e desideri.
 
In ginocchio davanti a Gesù Pietro è grande perché nella verità. Riconoscere di aver bisogno della misericordia di Dio non umilia, non schiaccia, al contrario fa grande l’anima e l’uomo scopre chi è: non solo e orfano, ma figlio amato del Padre. C’è qualcosa che possiamo desiderare più di questo? Dall’eternità essere conosciuti per nome, desiderati da Dio, redenti dall’amore crocifisso di Gesù. Con parole poetiche e commoventi il profeta Isaia scrive: “Si dimentica forse una donna del suo bambino? (.. ) Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani” (Isaia 49, 15-16).
 
Gesù è la Parola incarnata: rivela che Dio è Padre e l’uomo è figlio. Per questo illumina le tenebre del mondo e irrora i nostri deserti. Simone, dopo la pesca miracolosa, ritorna a riva, ma tutto è ormai cambiato: il sole della fede si era levato nel suo cuore e le cose ora erano diverse.
 
Le difficoltà, le prove che viviamo in questi tempi difficili, se le viviamo con Lui e stretti tra noi, non uccideranno la speranza. Pietro è un uomo nuovo e ha una nuova, misteriosa missione: “pescatore di uomini”. Che cosa voglia dire, non lo sa. Ma, come prima, non fa domande, non chiede prove e garanzie: si fida della parola del Maestro. Lui sa, e questo basta per chi ha fede.
 
Ringraziamo Pietro perché ci ha insegnato la via della fede: è affidarsi al Signore. Era questa la parola, anzi il Nome, che volevo dire ai vostri cuori: Gesù!
Angelo Card. Bagnasco
 
 
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