Mercoledì 19 giugno 2024 incontro “Di cosa è fatta la speranza. Il dolore, la solitudine, la vita che resta da vivere”

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Il Centro culturale Charles Péguy, insieme all’Ufficio per la Pastorale Universitaria dell’Arcidiocesi di Genova, a partire dalla lettura del libro di Emmanuel Exitu “Di cosa è fatta la speranza” sulla vita e l’opera di Cicely Saunders, offre una riflessione e un dialogo confrontandosi con gli attuali interrogativi sulle cure e sulle scelte alla fine della vita.

Mercoledì 19 giugno 2024, ore 20.45, presso la Sala Quadrivium, Piazza S. Marta 2, Genova nell’incontro “Di cosa è fatta la speranza. Il dolore, la solitudine, la vita che resta da vivere” il Dott. Marco MALTONI, Direttore Unità cure palliative AUSL Romagna e Presidente dell’Associazione “Sul sentiero di Cicely” e il Prof. Antonio D’ALOIA, Ordinario di Diritto Costituzionale dell’Università di Parma, dialogheranno sui temi proposti dal volume che richiamano la viva attualità del dibattito in corso.

L’incontro nasce da un dialogo tra giovani, medici e giuristi, alcuni dei quali coinvolti anche nel percorso Vita e Vangelo, un gruppo di riflessione promosso dall’Arcivescovo padre Marco Tasca sulle tematiche del fine vita. Dinanzi a questi temi ci si può trovare su diverse posizioni. È Simone che spiega due possibili alternative: “la prima consiste nell’idea che la “legge” abbia il compito di difendere tout court ogni momento della vita, impedendo che vengano attuate condotte contrarie; l’altra, invece, prende le mosse dalla consapevolezza che il diritto è uno strumento che una comunità utilizza per autoregolarsi in un dato momento storico e che, quindi, può mutare”. Ma entrambe le posizioni possono avere qualcosa di vero? Per rispondere, ci dice Micol, “è’ sorto il desiderio di approfondire un tema tanto delicato che, allo stesso tempo, invita a trovare modalità per dialogare con chi ha comunque “diverse visioni del mondo” come dice Papa Francesco, quando ricorda che “in seno alle società democratiche, argomenti delicati come questi vanno affrontati con pacatezza: in modo serio e riflessivo, e ben disposti a trovare soluzioni – anche normative – il più possibile condivise. … “ per promuovere il bene comune nelle situazioni concrete». Forse, l’unica possibilità, per tutti, potrebbe essere quella di soffermare l’attenzione sulla compagnia alla persona che soffre e sulla prospettazione di una presa in carico globale che possa anche far vedere, al paziente, la possibilità di affrontare con speranza ciò che gli resta da vivere. Infatti, come faceva anche notare Luigi Carlo Vinelli recentemente proprio sul Il cittadino, ci si potrebbe interrogare sugli strumenti (anche normativi) che potrebbero permettere di non lasciare nessuno solo e, di conseguenza, favorire che chi si trovi in una situazione di particolare dolore e fatica sia realmente accompagnato.

Micol e Simone, insieme a Federica e Francesco, hanno coinvolto alcuni medici con molti anni di esperienza in questo ambito, i responsabili del Centro culturale Charles Peguy e don Tommaso Danovaro e l’Ufficio di Pastorale Universitaria, per proporre insieme un incontro pubblico, un contributo offerto alla città per riflettere e approfondire il tema.

Sulla strada hanno incontrato un piccolo grande best seller “Di cosa è fatta la speranza” di Emmanuel Exitu, edizioni Bompiani, che è giunto in poco tempo alla sua quarta ristampa e ha riscosso il plauso di autori come Daniele Mencarelli e Alessandro D’Avenia. In forma di romanzo Exitu racconta le vicende umane e professionali di Cecily Saunders: prima, infermiera durante la II Guerra mondiale, assiste e cerca di alleviare le sofferenze dei feriti, poi, assistente sociale, si trova a lenire il dolore dei malati che le sono affidati. E’ lei  che nel 1967 creò il primo hospice e avviò la medicina che prende in carico l’intera persona. La sua fu una rivoluzione a partire dalla speranza di cura. Come scrive Alessandro D’Avenia: “Cicely fu visionaria perché sperava: essere visionari non significa avere visioni, ma scorgere il possibile dove tutti vedono l’impossibile. Bisogna diventare visionari del qui e ora.” Una speranza che si nutra di concretezza e di persone presenti: la controcopertina del libro ricorda che “la speranza è fatta di cose che hanno bisogno di qualcuno che le faccia accadere.” A partire da qui le domande a Marco Maltoni, che ha voluto proseguire “il sentiero di Cicely” e Antonio D’Aloia che si è confrontato con i diritti e i livelli essenziali delle prestazioni sociali e sanitarie. Un dialogo per capire, per approfondire, per far crescere la speranza.