Un dibattito condotto con semplicità, chiarezza e voglia di confrontarsi quello svolto domenica 6 dicembre nel Salone dell’Episcopio sull’attualissimo tema della pandemia.
Al tavolo dei relatori sono intervenuti, invitati dall’Arcivescovo e da Don Paolo Fontana, Presidente della Commissione diocesana per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso, Giuseppe Momigliano, Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Genova, Alfredo Maiolese, Imam della comunità musulmana di Genova e Don Andrea Villafiorita, Direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose.
Il dibattito, grazie allo staff di TNN, è stato trasmesso in diretta streaming sul canale YouTube de Il Cittadino.
I tre relatori hanno analizzato il delicato momento storico che il mondo sta vivendo sotto vari aspetti, ognuno ha sottolineato quanto l’emergenza sanitaria abbia inciso e tuttora incida sulla quotidianità e, in particolare, si sono soffermati sul fatto che le abitudini e le tradizioni religiose, soprattutto comunitarie, siano state modificate, limitate e, addirittura, nel periodo primaverile del lockdown, bloccate.
Pur nella diversità dell’identità di culto, la visione su temi importanti come quelli della vita, della malattia, della morte, del rapporto con Dio è comune. Cosiccome l’osservanza delle leggi, l’attenzione ai meno fortunati, ai poveri e agli ammalati.
Se i luoghi di culto sono stati chiusi e poi riaperti con tutte le dovute cautele – hanno sottolineato – non è mai mancata la ‘fantasia’ per incoraggiare la preghiera personale, in famiglia e, grazie alla tecnologia, in comunità anche se a distanza.
Un grande dolore è derivato dal fatto di non aver potuto celebrare i riti funebri e aver dovuto lasciare le famiglie sole nel distacco dal congiunto morto, senza la possibilità di un conforto religioso.
Tutti hanno sottolineato quanto ci sia il concreto rischio dell’inaridimento delle relazioni umane. Viviamo da diversi mesi nel disorientamento, nell’incertezza e nell’angoscia. Le relazioni sono inevitabilmente cambiate, sono diventate virtuali, e l’isolamento personale favorisce l’assuefazione a questo stato che, alla lunga, è pericoloso. Ci sono più persone sole, e le persone che già lo erano ora lo sono ancora di più. Inoltre, è cresciuta la diffidenza verso il prossimo, si considera l’altro come un pericolo che può potenzialmente farci ammalare. A lungo andare, le relazioni vanno via via sgretolandosi, e le categorie che più ci rimetteranno sono i giovani e gli anziani.
È poi anche facile ‘incolpare’ Dio per la pesante situazione che attanaglia il mondo da un anno, ma “Dio non è cattivo – ha detto Maiolese – fa tutto parte della vita terrena, che non può essere solo perfetta”. Secondo Momigliano, “la sofferenza ci deve stimolare alla preghiera e al pentimento. Dio non ci chiede di accettare passivamente le calamità, ma noi dobbiamo onestamente valutare che potrebbero esserci dei comportamenti sconsiderati dell’uomo dietro le disgrazie”. Per Villafiorita, “Dio, nella sua onnipotenza, ha deciso di non cancellare il male sulla terra, ma di prenderlo su di sé, e di renderlo una via di salvezza; per noi cristiani, quindi, la risposta al problema del male è il Crocifisso. Dio si rende vicino all’uomo nella sua sofferenza fino a morire per lui e con lui”.
Infine, in attesa della risposta medica al covid, che pare essere vicina con l’arrivo del vaccino, i relatori hanno sottolineato che la scienza fornisce strumenti di vita che dovranno, in questo caso, essere accessibili a tutti; il vaccino sarà una benedizione, che però non dovrà farci pensare che siamo esseri ‘invincibili’: questa lezione ci ha fatto toccare con mano quanto l’umanità sia fragile e limitata.
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