Sgarbi in Cattedrale: «Quella cristiana è una grande civiltà dell’uomo» – IL VIDEO INTEGRALE DELLA CONFERENZA

La prima opera d'arte che Vittorio Sgarbi ha notato entrando in Cattedrale è stato il trittico di Gaetano Previati  raffigurante l'Assunta, posto sulla bussola dell'ingresso laterale: un'opera poco apprezzata anche per la sua infelice posizione, ma che può essere considerata come uno dei dipinti più suggestivi dell'artista ferrarese, tra i più importanti esponenti del divisionismo. 
Sgarbi ha sottolineato il particolare formato del quadro che non ripete il modulo verticale, tipico delle pale d'altare, ma accogliendo la rivoluzione simbolica operata da Pellizza da Volpedo nel Quarto Stato, propone il motivo ascensionale della Vergine inquadrandolo in una cornice orizzontale. 
E' significativo che la lettura delle opere della Cattedrale di San Lorenzo sia partita da un'opera d'arte contemporanea: il dipinto fu eseguito dal Previati  nel 1907 e donato dal Comune di Genova alla Cattedrale nel 1927, dove fu accolto il giorno di San Giovanni Battista. Sgarbi ha infatti sottolineato che poche cattedrali italiane sono così ricche di opere d'arte appartenenti a tutti i periodi artistici, e che San Lorenzo custodisce opere così importanti da rappresentare un unicum nel panorama italiano ed europeo. 
Qui hanno lavorato artisti come Lazzaro Tavarone, allievo di Luca Cambiaso, definito artista antesignano di Caravaggio, in quanto  inventore del notturno, ma anche un possibile pittore locale che potrebbe avere dipinto il Giudizio Universale nella controfacciata, artista che si porrebbe alla stregua di Giotto e Cavallini: l'ipotesi rivoluzionerebbe le attuali attribuzioni che afferiscono l'affresco a un artista costantinopolitano, definito il Maestro di San Salvatore di Chora, il cui stile sembra ben rintracciabile. 
Dopo avere riconosciuto la straordinaria struttura architettonica della Cattedrale, sulla cui facciata ha evidenziato la particolare disposizione a una sola torre campanaria e il bellissimo portale scolpito, Sgarbi ha posto l'attenzione sulla cappella di San Giovanni Battista, alla cui realizzazione hanno lavorato artisti “stranieri” provenienti dalla vicina Toscana: Matteo Civitali e il Sansovino. 
Lo splendore dei marmi e delle statue conservate mostra l'affezione dei genovesi per il loro santo protettore, San Giovanni Battista, le cui reliquie giunsero a Genova nel 1101, a seguito della prima crociata. 
Il fascino di queste tradizioni è raccolto all'interno del capolavoro di Franco Albini, l'architetto che alla metà del secolo scorso ha progettato e allestito il Museo del Tesoro, nel quale sono conservate opere d'arte di eccezionale valore. 
La particolare tenue illuminazione delle sale ipogee invita ad avvicinarsi agli oggetti con estremo rispetto, comprendendo l'alta valenza  simbolica del Sacro Catino, un simbolo della città e della Cattedrale, o dell'Arca di San Giovanni Battista. 
Ogni oggetto contenuto nel Museo del Tesoro è legato a una storia, a una tradizione particolare della Cattedrale, mentre nel Chiostro dei Canonici, posto affianco alla Cattedrale, il Museo Diocesano conserva opere che testimoniano la ricchezza culturale della Diocesi di Genova, con opere dei grandi artisti genovesi, tra i quali, ancora una volta si distingue Luca Cambiaso.
Grazia Di Natale – Ufficio Beni Culturali Diocesi di Genova
 
Non è rimasto un posto a sedere in San Lorenzo per partecipare alla seconda conferenza di Cattedrale Aperta: a parlare della Cattedrale, in occasione dei 900 anni dalla consacrazione, è un relatore d’eccezione, lo storico dell’arte Vittorio Sgarbi che ha condotto un interessante e intenso excursus di carattere storico artistico, citando alcune tra le opere più significative di S. Lorenzo, ma soprattutto si è soffermato sul valore della bellezza e della cristianità che deve oggi essere motivo di orgoglio. “Alcuni simboli della fede cristiana ci fanno riflettere sui valori profondi della religione – ha detto Sgarbi – la presenza di Dio non è lontana. La produzione artistica è infinita, racconta la vita di Gesù; si è misurata nel corso dei secoli con un Dio che ci accompagna e che vive con noi. Il mio compito è accompagnare con le parole le immagini che voi vedete, ma anche dire che mai come in questo momento l’idea di nove secoli di civiltà cristiana in questa Cattedrale servano ad augurarcene altrettanti. Niente come l’abbandono di valori di spiritualità come quelli cristiani umilia l’uomo e lo porta a una finta tolleranza”.
Sgarbi in particolare ha espresso il suo sdegno per la possibilità ventilata negli ultimi anni di togliere il simbolo del crocifisso dalle scuole: “La religione cristiana è una grande civiltà dell’uomo – ha detto – al di là della fede, non si può immaginare di vedere Cristo come portatore di conflitti con chi crede in un altro Dio. Allora ho pensato di inviare nelle scuole l’immagine del Cristo morto di Mantegna, chi ha il coraggio di toglierlo? L’idea di una distanza tra mondo civile e cristiano è un segnale di grande decadenza civile. I valori cristiani sono valori dell’uomo e rinunciarvi significa accettare di essere sopraffatti. Dobbiamo invece essere orgogliosi di essere cristiani, non ridursi a pensare che tutte le religioni siano uguali. L’idea che questa chiesa abbiamo mantenuto il suo aspetto dopo ben nove secoli ci dà il tempo della grandezza dell’istituzione della Chiesa: la Chiesa ferma il tempo e mostra valori che servono attraverso la fede, la devozione, l’arte e attraverso il lavoro dei sacerdoti”.
L’ultima riflessione del dottor Sgarbi è andata proprio all’impegno dei sacerdoti nella conservazione del patrimonio artistico, questi sacerdoti che troppo spesso vengono attaccati: “La conservazione del patrimonio artistico, i valori di fede e estetici che si fondono è una cosa straordinaria che è stata portata avanti grazie alla pazienza dei sacerdoti. Le chiese sono esempi di pulizia e rigore che somigliano a quello morale; prima di aggredire il mondo dei preti occorre immaginare il loro impegno in questo ambito! Lo fanno per amore di Dio e per amore degli uomini perché gli uomini senza questi simboli non sono uomini”.
Laura Ferrero
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