Dal 6 al 18 febbraio i seminaristi hanno vissuto per due settimane in Parrocchia. Il progetto prende le mosse dalla cura per la formazione pastorale che le varie Ratio (siamo in attesa della conferma da parte della Congregazione dell’ultima nazionale approvata dall’Assemblea della Cei a novembre) suggeriscono di far fare a chi si prepara al presbiterato. I seminaristi vengono mandati “a due a due” come evangelicamente prescritto e affidati a una parrocchia o meglio a un gruppo di parrocchie, sotto la tutela di un parroco, che per 15 giorni ne diventa il formatore. I nostri seminaristi sono stati così a Santa Zita, alle Vigne, ad Arenzano, e a Oregina. Il rettore contatta i parroci proponendo loro un patto formativo che pubblichiamo integralmente a lato. Non vi è solo la conoscenza del territorio e di una o più comunità come obiettivo, ma anche altre esperienze quali la conoscenza dei Cappellani del lavoro, del mondo del carcere, dell’esperienza di cosa è un “parroco moderatore” e naturalmente vivendo a stretto contatto col parroco anche conoscere cosa è la vita di un prete. Se lavorando a stretto contatto con la Pastorale giovanile i seminaristi conoscono il variegato mondo associativo e movimentistico, in Parrocchia prendono visione del territorio e delle comunità radicate nella vita quotidiana della gente. Qualcuno potrebbe obiettare che i seminaristi avranno tempo dopo a conoscere tutto questo e che il seminario è tempo di studio, silenzio e vita ritirata.
Tuttavia, le indicazioni delle Ratio vanno nella direzione di prevenire uno smarrimento che si è a volte notato quando il presbitero esce dal ‘guscio’ del seminario che protegge da mille situazioni che poi, però, il presbitero, pur giovane e inesperto, si troverà a dover affrontare.
Quindi è consigliato di far fare prolungate esperienze pastorali. Certamente i 15 giorni non sono molti, lo stress-test è forte; la scuola non è più sotto il letto per cui basta scendere ed è fatta; occorre viaggiare, mettersi in movimento, cosa che fanno tutti gli universitari di questo mondo. Ci si accorge allora che lo spazio per la preghiera occorre ‘difenderlo coi denti’ e non è un’ovvietà, un’abitudine, ma il desiderio di stare con l’Amato, di cercare la ricarica giusta e necessaria per vivere con Lui la giornata. Ci si mette alla prova nelle relazioni, si esce allo scoperto. Non sarà certo come andare in missione nei secoli scorsi, nessuno rischia la vita, ma è un primo sperimentare una vita bella che dovrà essere vissuta con gioia ed entusiasmo: la vita del Presbitero.
Al rientro, si valuterà con i seminaristi l’esperienza che essi hanno vissuto e ai parroci verrà chiesta una piccola relazione che entrerà nel curriculum del seminarista.