Dal 7 al 15 maggio 2024 svolto il XXV Convegno nazionale di Pastorale della salute

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Di fronte alla sofferenza , alla malattia, sperimentiamo la debolezza e la fragilità umana. Una preoccupazione che incide anche sulla nostra fede perché ci sentiamo abbandonati dalla gente, e sembra anche dal Padre Eterno. Ma Lui, il nostro Signore e creatore non manca di avere il suo sguardo amorevole e misericordioso su di noi perché si avvicina sempre facendoci questa domanda: “voi guarire?”. La nostra risposta rimane sempre un lamento di abbandono di solitudine ignorando la presenza di qualcuno accanto a noi e ci vuole bene, soffre con noi ed è pronto per salvarci.
“Non ho nessuno che mi immerga”. Ecco la risposta del malato di Betzaetà che ci ha trattenuto lungo il XXV Convegno Nazionale della Pastorale della Salute a Verona. Al centro di questo dibattito era la persona, immagine del malato della piscina di Betzatà. È stata un’occasione per sentire e ascoltare gli esperti e i professionisti della sanità per riflettere insieme sul miglioramento del sistema sanitario nazionale invitando gli istituzioni politici e civili, operatori sanitari e agenti della pastorale della salute a promuovere la dignità umana, l’uguaglianza, lo spirito di gratuità e di compassione.
La malattia ci fa perdere il contatto con Dio. Questo ci manda ad avere un’attenzione particolare ai malati e a prendere l’iniziativa per curare la fede del malato, ma anche di tutti noi quando veniamo bagnati dalla sofferenza. La cura della persona passa attraverso la cura dell’ambiente e della società in cui viviamo. La cura infatti è relazione, ascolto, condivisione e liberazione. La comunità cristiana deve testimoniare questa realtà ecclesiale per offrire una aria di speranza e diventare una comunità sanante.
Questo convegno, oltre uno stimolo alle autorità sanitarie per una revisione del sistema sanitario a beneficio di tutti, permetterà alla pastorale della salute di fare un ri-orientamento della sua missione per rimanere guardia dell’universalità e diritto di accesso alle cure. È anche un richiamo ad ogni cristiano: presbitero, religioso, religiosa, laica e laico, ognuno nella sua posizione a prendere in considerazione questo invito a essere Cristo, che non aspetta che il malato del Betzaetà chieda il suo aiuto ma va Lui stesso a proporre il suo conforto, la sua vicinanza dando guarigione e salvezza.
Padre Felice, M.I.,
Cappellano dell’Ospedale Galliera, Membro aggiunto della Consulta
della Pastorale della Salute