Si è conclusa la decima edizione di Cattedrale Aperta con la relazione del prof. Roberto Cingolani, Direttore scientifico dell’istituto Italiano di Tecnologia di Genova, e del dott. Alberto Magnani, giornalista de Il Sole 24 ore, sul tema ‘Robotica: tra scienza e fantascienza’.
E’ la macchina a fare paura o è l’uomo che non sa gestire il cambiamento? Il prof. Cingolani si è detto preoccupato più dell’uomo che dell’umanoide e ha affermato la necessità di investire proprio in una strategia comune che faciliti l’assorbimento del cambiamento.
Il Cardinale Bagnasco ha accolto le indicazioni dei relatori affermando quindi che il problema non sono le macchine, ma l’uomo: “La macchina si programma, l’uomo si educa. Nostra preoccupazione come sacerdoti è proprio quella di educare”. Il tema dell’educazione quindi è sempre centrale, è un’esigenza che deve essere portata avanti con convinzione. L’ultima serata di Cattedrale Aperta è stata quindi un rilancio un po’ inaspettato dell’impronta educativa e antropologica, che tra l’altro è giunto da uomini di scienza.
Il giovane giornalista Magnani ha introdotto alcune tematiche trattate poi in modo più approfondito dal prof. Cingolani, come le problematiche sociali ed economiche legate ai robot che se da una parte aumentano la produttività nel mondo del lavoro, dall’altra vengono ‘accusati’ di togliere lavoro proprio all’uomo. Già oggi robot ed essere umani convivono nel mondo del lavoro, la robotica e l’automazione industriale non sono certo processi indolori. Ma che cosa sono esattamente i robot e perché temerli può risultare pericoloso? Il dottor Cingolani nel rispondere è partito da due punti principali: ogni azione ha delle conseguenze, che possono essere buone o cattive e vanno sempre valutate, lo scienziato questo lo sa molto bene; secondo aspetto, non bisogna temere ciò che non si conosce, ma semmai bisogna studiarlo e approfondirlo, lo scienziato è sempre in bilico su questo punto. E’ sempre comunque l’uomo che decide quanto la tecnologia sia ben usata. Il problema è il robot di per sé o il fatto che abbia un’intelligenza artificiale forte? Il robot vince sempre sull’uomo per quanto riguarda l’elaborazione dei dati e la statistica che sono i suoi elementi di forza, ma quando si parla di creatività e di invenzione, può fare al massimo una generazione casuale. Questo elemento deve essere sfruttato secondo Cingolani non soltanto per aumentare la qualità del prodotto, ma anche la quantità e l’impatto.
Certamente però è sempre l’uomo che decide l’uso e la potenzialità della tecnologia e che ha quindi nelle mani il suo futuro: “E’ importante parlarne adesso di questi aspetti – ha detto il Direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia – perché non siamo ancora in una fase di minaccia o pericolo immediato, ma tra 10-15 anni potrebbe non essere più così. Per questo è necessario un confronto tra chi vede e studia l’umano e l’umanoide tutti i giorni. Non si tratta solo di scienziati, ma anche di filosofi, teologi, di uomini di cultura”.
Il Cardinale Bagnasco nel suo saluto finale ha ripreso proprio questo aspetto sottolineato da Cingolani: “Mi ha piacevolmente stupito sentire parlare questa sera non soltanto di scienza, ma anche di cultura, etica, filosofia e teologia. Sono aspetti che non possono prescindere dall’educazione dell’uomo. E’ stato davvero illuminante sentire dire dai relatori di questa sera che il primo investimento che farebbero riguarda proprio l’educazione, che nessuna macchina può sostituire. Un’esigenza che i vescovi hanno messo al centro della pastorale di questi anni, ma purtroppo non penso ci sia reale consapevolezza di questa esigenza così profonda” – ha concluso l’Arcivescovo.
E’ la macchina a fare paura o è l’uomo che non sa gestire il cambiamento? Il prof. Cingolani si è detto preoccupato più dell’uomo che dell’umanoide e ha affermato la necessità di investire proprio in una strategia comune che faciliti l’assorbimento del cambiamento.
Il Cardinale Bagnasco ha accolto le indicazioni dei relatori affermando quindi che il problema non sono le macchine, ma l’uomo: “La macchina si programma, l’uomo si educa. Nostra preoccupazione come sacerdoti è proprio quella di educare”. Il tema dell’educazione quindi è sempre centrale, è un’esigenza che deve essere portata avanti con convinzione. L’ultima serata di Cattedrale Aperta è stata quindi un rilancio un po’ inaspettato dell’impronta educativa e antropologica, che tra l’altro è giunto da uomini di scienza.
Il giovane giornalista Magnani ha introdotto alcune tematiche trattate poi in modo più approfondito dal prof. Cingolani, come le problematiche sociali ed economiche legate ai robot che se da una parte aumentano la produttività nel mondo del lavoro, dall’altra vengono ‘accusati’ di togliere lavoro proprio all’uomo. Già oggi robot ed essere umani convivono nel mondo del lavoro, la robotica e l’automazione industriale non sono certo processi indolori. Ma che cosa sono esattamente i robot e perché temerli può risultare pericoloso? Il dottor Cingolani nel rispondere è partito da due punti principali: ogni azione ha delle conseguenze, che possono essere buone o cattive e vanno sempre valutate, lo scienziato questo lo sa molto bene; secondo aspetto, non bisogna temere ciò che non si conosce, ma semmai bisogna studiarlo e approfondirlo, lo scienziato è sempre in bilico su questo punto. E’ sempre comunque l’uomo che decide quanto la tecnologia sia ben usata. Il problema è il robot di per sé o il fatto che abbia un’intelligenza artificiale forte? Il robot vince sempre sull’uomo per quanto riguarda l’elaborazione dei dati e la statistica che sono i suoi elementi di forza, ma quando si parla di creatività e di invenzione, può fare al massimo una generazione casuale. Questo elemento deve essere sfruttato secondo Cingolani non soltanto per aumentare la qualità del prodotto, ma anche la quantità e l’impatto.
Certamente però è sempre l’uomo che decide l’uso e la potenzialità della tecnologia e che ha quindi nelle mani il suo futuro: “E’ importante parlarne adesso di questi aspetti – ha detto il Direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia – perché non siamo ancora in una fase di minaccia o pericolo immediato, ma tra 10-15 anni potrebbe non essere più così. Per questo è necessario un confronto tra chi vede e studia l’umano e l’umanoide tutti i giorni. Non si tratta solo di scienziati, ma anche di filosofi, teologi, di uomini di cultura”.
Il Cardinale Bagnasco nel suo saluto finale ha ripreso proprio questo aspetto sottolineato da Cingolani: “Mi ha piacevolmente stupito sentire parlare questa sera non soltanto di scienza, ma anche di cultura, etica, filosofia e teologia. Sono aspetti che non possono prescindere dall’educazione dell’uomo. E’ stato davvero illuminante sentire dire dai relatori di questa sera che il primo investimento che farebbero riguarda proprio l’educazione, che nessuna macchina può sostituire. Un’esigenza che i vescovi hanno messo al centro della pastorale di questi anni, ma purtroppo non penso ci sia reale consapevolezza di questa esigenza così profonda” – ha concluso l’Arcivescovo.
Laura Ferrero
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