Rito del Venerdì Santo. L’Arcivescovo: “Dio doveva morire perchè potesse realmente vivere in noi”

Venerdì 30 marzo in Cattedrale il Cardinale Angelo Bagnasco ha presieduto il rito della passione e della crocifissione di Gesù Cristo.
La liturgia è incentrata sulla narrazione delle ultime ore della vita terrena di Gesù secondo il Vangelo di Giovanni e sull'adorazione della croce, con la distribuzione dell’Eucaristia consacrata il giorno precedente.
Il Venerdì della morte di Cristo – ha ricordato nell’omelia l’Arcivescovo – va vissuto insieme al Sabato del grande silenzio e della grande attesa.
Il nostro tempo sembra avere i tratti del Venerdì Santo, ma Dio è debole e timoroso quando la nostra fede è debole e timorosa.
“Dio doveva morire – ha detto –  perché potesse realmente vivere in noi”. E il silenzio di Dio è una grazia perché fa emergere per contrasto la nostra povertà, le nostre povere parole, l'incapacità di vivere all'altezza di noi stessi.
“Guardando la Croce e davanti al sepolcro – ha proseguito il Cardinale – ci chiediamo quale sia la nostra altezza! Forse il successo, il prestigio, la ricchezza, il plauso degli uomini, la notorietà, la soddisfazione delle aspettative mondane? Abbiamo abbastanza esperienza per risponderci. La dignità, a cui il Creatore ci chiama, non è nulla di tutto questo; essa è incisa sul legno secco della croce: la nostra altezza e l'altezza di Dio”.
In mezzo alle ombre del mondo siamo grati per la luce che viene a noi proprio dal buio della morte e delle umane fatiche.

Leggi il testo integrale dell'omelia dell'Arcivescovo
 

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