Dopo la Messa, Mons. Repetto viene commemorato dal prof. Giovanni Battista Varnier.
Il 1° dicembre, ricorre il centenario della nascita di Francesco Repetto, sacerdote genovese di cui è bene non perdere la memoria dell'azione svolta a favore degli ebrei durante la persecuzione razziale.
Come tanti miei coetanei conobbi Don Repetto tra la fine degli Cinquanta e i primi dei Sessanta quando gli facevo da chierichetto nella parrocchia di San Siro. Fu però solo molti anni dopo, nel 1982, quando lo Yad Vashem dello Stato di Israele gli assegnava la “Medaglia dei giusti fra le nazioni” riservata a coloro che più si prodigarono per gli ebrei durante le persecuzioni razziali, che conobbi un lato fino ad allora insospettabile di quel sacerdote; penso anzi di poter dire che nessuno di quei ragazzi che facevano servizio all'altare avrebbe potuto immaginare che quel pretino, all'apparenza così fragile, potesse aver fatto ciò per cui veniva premiato.
Mons.Francesco Repetto, nato a Genova il 1° dicembre 1915, è ordinato sacerdote dal Cardinale Boetto, nella cattedrale di San Lorenzo, il 24 settembre 1938. Completò i suoi studi presso la Pontificia Università Gregoriana dove conseguì la laurea in teologia dogmatica nel luglio 1941.
Dal 1° ottobre 1940 fu segretario del Cardinale Boetto, che morì fra le sue braccia il 31 gennaio 1946. Successivamente svolse il suo ministero nel clero diocesano, come cappellano nella Parrocchia di San Siro, insegnando sia in Seminario che presso Istituti scolastici genovesi; dal 1968 al 1979 fu prefetto della Biblioteca Franzoniana. In questi stessi anni fu Assistente delle Giovanissime di Azione Cattolica e si occupò, con intensa partecipazione, dell'ecumenismo, della dottrina sociale della Chiesa, delle Cause di beatificazione e di canonizzazione di alcuni Santi genovesi.
Nel 1963, il Papa Paolo VI, da cui era legato da amicizia dai tempi in cui frequentava il Collegio Lombardo a Roma e con il quale, essendo Montini nella Segreteria di Stati aveva collaborato per la questione ebraica, lo annoverò tra i suoi “Camerieri segreti soprannumerari”.
Morì a Genova il 14 ottobre 1984.
L'opera di soccorso agli Ebrei da lui compiuta in stretta collaborazione con il Cardinale Boetto (dall'elenco redatto dallo stesso Repetto risulta che oltre quattrocinquanta furono gli ebrei che ricevettero aiuto dalla Chiesa Cattolica genovese) fu già riconosciuta nel 1955, quando egli venne premiato con medaglia d'oro dall'Unione delle Comunità Israelitiche Italiane. Nella motivazione si leggeva: «Don Francesco Repetto, segretario dell'Arcivescovo di Genova, dopo l'8 settembre 1943, si assunse il compito di proseguire nella clandestinità l'opera ardua e difficile ad allora condotta dalla delegazione assistenza emigrati ebrei (DELASEM), cessata a seguito dell'occupazione nazista. In tale sua opera nobilissima, non curante di numerose denunce, minacce e ordini di cattura, ai quali riuscì fortunatamente a sottrarsi, creò una vera e propria organizzazione per la distribuzione di viveri, per il ricovero in luoghi sicuri, per l'emigrazione, riuscendo a recare aiuto a centinaia di perseguitati.»
Come già ricordato il 20 aprile 1982 gli venne assegnata dallo Yad Vashem dello Stato di Israele la “Medaglia dei giusti fra le nazioni” e da ultimo, quando ormai era già morto da quasi vent'anni, il Comune di Genova nel gennaio del 2002 gli assegnò il “Grifo d'argento” alla memoria a ricordo del salvataggio di perseguitati durante la seconda guerra mondiale.
A distanza di tanti anni, mi paiono molto significativi ed attuali alcuni passi tratti dal discorso che pronunciò in occasione della consegna della “Medaglia dei Giusti”:
“Ecco, siamo qui tanti e diversi e le nostre diversità costituiscono altrettante risorse e gioie per la nostra convivenza […] se voi, come sinceramente fate, tributate onore a coloro che hanno difeso i deboli, vuol dire che, dunque,voi riconoscete che i deboli devono essere difesi. E che il loro diritto è il più forte diritto. Assaporiamoci questa convinta unanimità… I deboli sono tanti: i senza pane, i senza casa, i senza istruzione, i senza lavoro, i senza affetti, gli infermi, gli oppressi, i nascituri [… ]. Molti di noi credono, per una parola annunciata che il Giudice Supremo, nella finale sentenza, darà la retribuzione ad ognuno, secondo quello che ognuno avrà fatto per chi incontrò a soffrire. E il giudice allora svelerà (lo ha già svelato): Voi l'avete fatto a me.”
Rispetto agli avvenimenti di questi ultimi giorni dove di fronte ai quali si rimane sgomenti ed inermi e l'unica speranza al Signore, mi piace ricordare le parole finali che Mons. Repetto pronunciò nella Commemorazione di Riccardo Pacifici, Rabbino Capo di Genova, vittima delle persecuzioni naziste:
” Talvolta,in qualche sempre più raro e lento passeggio,mi porto fino alla piccola piazza che la Città di Genova gli ha dedicato, lungo la circonvallazione a monte. La conoscete, vero? Alla sera, come stasera, un gran pigolio scende dagli alberi che l'ombreggiano e la fanno adorna. Splende di fronte al tramonto, la bronzea cupola della sinagoga; splende accanto, alta sulla guglia marmorea, l'immagine d'una fanciulla della casa di David. Si prega sotto la cupola si prega sotto la guglia. Per sentieri diversi, se i cuori sono sinceri, ogni preghiera non giungerà, al di là della nostra separazione e del suo mistero, all'unico vertice? Sì, a Dio che è Padre, Salvatore, Amore. Perciò sulla piccola piazza, piena d'ombre e di gorgheggi, dedicata al Rabbino Riccardo Pacifici, martire per l'amore al suo popolo, mi fermo e a lui, come qui adesso, in questa nostra sera di lacrime e di consolazioni, sussurro il fidente saluto: Addio. A ritrovarci! Vicini a Dio.”