Genova missionaria: un impegno di sempre….di ogni giorno. Occorre riprogettare la missionarietà

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La nostra diocesi negli ultimi 20 anni ha visto mutare la sua struttura pastorale sul territorio. Molti Istituti religiosi hanno chiuso, alcuni si sono ridotti e molte realtà si sono disperse a causa di un cambiamento generazionale e di cultura. Le parrocchie con la riduzione delle vocazioni hanno diminuito la loro incisività sul territorio;  il calo di vocazioni ha toccato anche  il mondo missionario causando un rallentamento alla chiamata alla missio ad gentes che nei decenni passati ha acceso di passione missionaria tanti giovani.

La nostra realtà ecclesiale, in compenso, in questi anni, si è arricchita di associazioni, di movimenti e di piccoli istituti, con una forte dimensione di testimonianza cristiana, sia a livello locale sia nazionale, che, coinvolgendo le generose forze economiche e umane, hanno dato il via a numerosi progetti di accompagnamento alla fede e di sostegno alle fasce deboli sia in città che nel mondo. Tanti sacerdoti diocesani, religiosi e religiose anche di nuove comunità, sono presenti in Italia non solo per un soccorso alle realtà già preesistenti, ma animati da una finalità missionaria si stanno riprogettando per una nuova dimensione di “evangelizzazione inversa”.

Da molto anni la Chiesa Cattolica Italiana, sotto la guida della Conferenza Episcopale, si è domandata come “comunicare e vivere il vangelo tra la gente in un mondo che cambia” riconoscendo che non saranno innanzitutto i progetti pastorali a fare dell’annuncio una percorso di salvezza ma solo ritornando a quell’amicizia con Gesù dei primi discepoli; solo, infatti, una rinnovata passione per Cristo ci potrà salvare dalla paura minacciosa che periodicamente si presenta alla porta delle nostre società.

L’appello all’evangelizzazione ci provoca ogni giorno “andate e rendete discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19),  sempre si rinnova, anche in un’epoca di cambiamento come la nostra. La missio ad gentes diventa il nostro orizzonte ordinario senza il quale anche l’impegno pastorale quotidiano rimane impoverito e non “cattolico”. Nella vita delle nostre parrocchie, negli istituti e nei movimenti l’obiettivo è sempre guardare il mondo nel desiderio di arrivare a tutti per proporre  l’esperienza dell’amore di Dio in Cristo crocifisso e risorto in un clima di fraternità sempre più cattolica, cioè universale. 

Non possiamo rinunciare a guardare al mondo “missionario” per superare una pastorale tesa alla conservazione della fede  attraverso la cura di una presenza locale sbrigativa e fredda.

È necessario una pastorale missionaria che annunci nuovamente il vangelo attraverso liturgie curate, la centralità della domenica,  con una preparazione meno frettolosa, con un omelia preparata (magari consegnando una traccia per la settimana con alcuni punti di verifica personale), l’adorazione eucaristica e la vita del quartiere con uno spirito aperto e di gioia; è necessaria una rinnovata attenzione al mondo del lavoro, della cultura delle arti, della politica, della famiglia, vivendo le tappe della vita come accoglienza e carità; occorre una Chiesa che sappia rinnovarsi nelle strutture e negli impegni, creando comunità di famiglie con famiglie, una chiesa che sappia riportarci alla preghiera personale, alla Parola di Dio come sorgente di verifica e a una vita di  servizio e di carità .

 

Occorre una pastorale missionaria che sappia guardare il mondo, coinvolgendo nelle proprie liturgie le voci missionarie, i temi della mondialità non solo per una giornata (vedi la giornata missionaria in ottobre) ma per tutto il corso dell’anno. Occorre una pastorale che riconosca che i temi missionari oggi sono in modo più radicale presenti nei nostri quartieri nelle nostre città, attraverso atteggiamenti e modalità che la maggioranza dei nostri sacerdoti diocesani e religiosi /e sono già abituati a vivere con generosità e grande zelo di apostolato.

“Non temete” dice Gesù ai suoi discepoli, non temiamo se il territorio sembra che si impoverisca di punti di riferimento, di un pastorale dedicata e specifica alla missione dobbiamo essere consapevoli che siamo chiamati a rivedere le nostre strutture e a ripensarle. Parrocchie e istituiti religiosi oggi sono chiamati a progettare la loro presenza sul territorio insieme senza quell’autonomia che alcune volte non ha permesso di collaborare disperdendo le forze. Che bello se ci fosse in ogni canonica ( ne abbiamo già esperienze molto belle) una piccola comunità di religiose che con il sacerdote diocesano o un diacono portano avanti una pastorale d’insieme. Un segno profetico per le vocazioni,  segno di grandezza spirituale !!!

 

Don Francesco di Comite

Coordinatore Ufficio per la Pastorale Missionaria