Dalla Pasqua la gioia e il coraggio

L e domeniche di Pasqua ci offrono l’occasione di ripensare il valore della testimonianza in Gesù Risorto. Sembrano cose ripetitive e date per conosciute e scontate, ma alla fine il coraggio di rischiare – e di testimoniare – nasce solo quando l’orizzonte della vita si spalanca oltre lo spazio e il tempo di una vita puramente umana capace di aprirsi alle parole sempre nuove di Dio.
Il tempo pasquale è tempo dello Spirito che origina in noi un coraggio inatteso e sconosciuto fino a quel momento, ma è anche il tempo della gioia. La vita di fede, vissuta sempre nella sua accezione missionaria, è la gioia davanti alla vittoria del Cristo risorto come è stata vissuta per gli stessi apostoli testimoni dell’umanità nuova, pacificata nell’amore di Cristo.
Commentando la Pasqua Papa Francesco ha suggerito di vivere la stessa coraggiosa esperienza degli apostoli attraverso una vita di obbedienza, testimonianza e concretezza, senza cercare compromessi mondani con una «fede all’acqua di rose».
Infatti, ha spiegato Francesco, “gli apostoli capivano perché vedevano il Signore, ma non capivano tutto: è stato lo Spirito Santo a far capire tutto e a dare quel coraggio, quel modo di agire totalmente diverso.
Possiamo dire che quella dei primi cinquanta giorni era una gioia timorosa; invece dopo la venuta dello Spirito Santo c’è la gioia coraggiosa che è sicura: sicura per la grazia dello Spirito”.
Nella cornice di questa gioia coraggiosa riceve un ruolo fondamentale la «seconda caratteristica» dei primi cristiani: la testimonianza di Gesù. “Gli apostoli realmente danno testimonianza perché non hanno paura di predicare Gesù al tempio, ma anche dopo, quando sono usciti dal carcere: sono coraggiosi, ma con il coraggio dello Spirito».
Del resto, «la vera testimonianza cristiana è una grazia dello Spirito e questo dà fastidio. La testimonianza cristiana dà fastidio, è più comodo dire: Sì, Gesù è risorto, è assunto al cielo, ci ha inviato lo Spirito, credo a tutto questo, ma cerchiamo una via di compromesso fra il mondo e noi”.
La testimonianza cristiana non conosce le vie di compromesso ha ricordato Francesco. Piuttosto «conosce la pazienza di accompagnare le persone che non condividono il nostro modo di pensare, la nostra fede, di tollerare, di accompagnare, ma mai di vendere la verità».
Il termine testimone è certamente il più appropriato per definire la missione. L’annuncio nasce dall’incontro con il Signore perché la missione, comincia da lì testimoniandolo; non si impara in un’accademia.
Non ci può essere un andare senza stare: prima di inviare i discepoli in missione, Cristo — dice il Vangelo — li “chiama a sé” (cfr. Mt 10, 1).
L’annuncio nasce dall’incontro con il Signore risorto; ogni attività cristiana, soprattutto la missione, comincia da lì.
“Beati quelli che pur non avendo visto crederanno” (Gv 20,29). Incomincia dall’incontro con il Signore.
Così, ha ribadito il Papa, “Testimoniarlo, infatti, significa irradiarlo; ma, se non riceviamo la sua luce, saremo spenti; se non lo frequentiamo, porteremo noi stessi anziché Lui — mi porto io e non Lui —, e sarà tutto vano. Dunque, può portare il Vangelo di Gesù solo la persona che sta con Lui. Uno che non sta con Lui non può portare il Vangelo. Porterà idee, ma non il Vangelo. Ugualmente, però, non c’è stare senza andare”.
Pasqua è gioia e coraggio. É riconoscere che la morte è stata vinta, che “Più forte della morte è l’Amore” (Ct 8, 6), più forte della violenza c’è l’Amore, più forte dell’arroganza c’è l’Amore.
Vivere da risorti è custodire la sorgente della gioia invincibile, aprire la mente alla verità rivelata da Gesù, in cui tutta la storia trova il suo compimento, per essere testimoni della conversione e del perdono.

don Francesco di Comite
Coordinatore Ufficio Missioni