Il servizio dei sacerdoti fidei donum: verso l’incontro del 14 febbraio

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In pieno accordo con il Cardinale Arcivescovo, l’Ufficio Missionario sta preparando per venerdì 14 febbraio un incontro pubblico che si terrà al Quadrivium a partire dalle ore 18. In esso verrà ripercorso il cammino missionario della Chiesa genovese a Santo Domingo (dal 1991 al 2008) e a Cuba (dal 2005). Aiuteranno la diocesi a ripercorrere il cammino fatto i sacerdoti diocesani che hanno vissuto in quelle missioni il servizio di fidei donum.

È opportuno quindi approfondire il senso di quest’espressione, fidei donum, e lo facciamo seguendo i nn. 67-68 dell’enciclica Redemptoris Missio (“La Missione del Redentore”) di San Giovanni Paolo II, promulgata nel 1990. Tra i “responsabili e operatori della pastorale missionaria” l’enciclica annovera, dopo i vescovi e gli istituti missionari, i “Sacerdoti diocesani per la missione universale”, cioè i “i presbiteri detti Fidei donum“. Ascoltiamo come ne parla l’enciclica:

“Collaboratori del vescovo, i presbiteri in forza del sacramento dell’ordine sono chiamati a condividere la sollecitudine per la missione: «Il dono spirituale che i presbiteri hanno ricevuto nell’ordinazione non li prepara a una missione limitata e ristretta, bensì a una vastissima e universale missione di salvezza, ‘fino agli estremi confini della terra’, dato che qualunque ministero sacerdotale partecipa della stessa ampiezza universale della missione affidata da Cristo agli apostoli» (n. 67).

Si vede chiaramente che non si parla di sacerdoti stanziali, alcuni dei quali sarebbero chiamati a partire, ma di una vocazione originariamente universale. E difatti lo stesso numero dell’enciclica continua presentando l’istanza che, nella formazione al sacerdozio, i futuri presbiteri siano abituati “a guardare oltre i confini della propria diocesi, nazione o rito, per andare incontro alle necessità della missione universale, pronti a predicare dappertutto il Vangelo».

Il seguito è ancora più forte: “Tutti i sacerdoti debbono avere cuore e mentalità missionaria”! Naturalmente, tale mentalità si esprimerà in vari modi: “essere aperti ai bisogni della chiesa e del mondo, attenti ai più lontani e, soprattutto, ai gruppi non cristiani del proprio ambiente”.

Si precisa anche il momento fontale di tale nuova mentalità: “Nella preghiera e, in particolare, nel sacrificio eucaristico sentano la sollecitudine di tutta la chiesa per tutta l’umanità”.

Il vertice della mentalità missionaria, che in tutti i presbiteri deve essere presente, è espresso con chiarezza subito dopo: “Essi non mancheranno di rendersi concretamente disponibili allo Spirito santo e al vescovo, per essere mandati a predicare il Vangelo oltre i confini del loro paese. Ciò richiederà in essi non solo maturità nella vocazione, ma pure una capacità non comune di distacco dalla propria patria, etnia e famiglia, e una particolare idoneità a inserirsi nelle altre culture con intelligenza e rispetto”. È con questo spirito appunto che una decina di sacerdoti genovesi si sono dal 1991 ad oggi messi a disposizione dell’Arcivescovo per la missione universale! Di questo la Chiesa genovese è riconoscente allo Spirito Santo, anzitutto, e al card. Canestri che ha dato il via al rinnovato impegno missionario della diocesi e a tutti gli arcivescovi che lo hanno portato avanti.

La Redemptoris Missio non manca di spiegare l’origine del servizio dei fidei donum: “Nell’Enciclica Fidei donum Pio XII con intuito profetico incoraggiò i Vescovi a offrire alcuni dei loro sacerdoti per un servizio temporaneo alle chiese d’Africa, approvando le iniziative già esistenti in proposito. A venticinque anni di distanza volli sottolineare la grande novità di quel documento, «che ha fatto superare la dimensione territoriale del servizio presbiterale, per destinarlo a tutta la chiesa»” (n. 68). Come si vede, quello che nel cuore di Pio XII era un’iniziativa per l’evangelizzazione dell’Africa è diventata molto presto passione di missione a tutti i continenti!

Il senso ancora attuale dell’invio dei presbiteri diocesani è molto ben spiegato: “i presbiteri detti Fidei donum evidenziano in modo singolare il vincolo di comunione tra le chiese, danno un prezioso apporto alla crescita di comunità ecclesiali bisognose, mentre attingono da esse freschezza e vitalità di fede”.

Come sogna quindi la Redeptoris Missio il presbiterio diocesano? lo immagina e prefigura desideroso di portare avanti la missione universale della Chiesa, sostenuto in questo dalle comunità parrocchiali e da tutta la comunità diocesana. Occorre vincere la tentazione di pensare che “non abbiamo nemmeno le forze per fare quello che c’è da fare qui”; guai alla comunità che teme di rimanere senza sacerdoti quando il Vescovo pensa di inviarne qualcuno in missione.

Un’altra tentazione è quella di pensare che siamo già missionari perché diamo attenzione pastorale e caritativa ai migranti che sono tra noi. La missione è anche questo ma non è riducibile a questo. Permane la parola forte e chiara del Risorto: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno” (Mc 16,15-18).

Possiamo così concludere citando ancora la Redemptoris Missio: “La missione [..] rinnova la chiesa, rinvigorisce la fede e l’identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni. La fede si rafforza donandola!” (n. 2).