Dal 19 al 25 giugno si è svolta l'iniziativa promossa dalla Pastorale Giovanile per far compiere ai giovani un'esperienza di fraternità e di servizio con i malati presso il Santuario di Lourdes.
100 i ragazzi presenti. Quest'anno erano affiancati alla sezione genovese dell' Unitalsi e durante il pellegrinaggio i ragazzi erano accompagnati dal Cardinale Angelo Bagnasco, da Mons. Nicolò Anselmi e da diversi sacerdoti. Riportiamo la testimonianza di una partecipante:
Lourdes. Molti possono pensare alla preghiera, alla fede o ai miracoli come protagonisti di questo luogo così conosciuto ma allo stesso tempo non da tutti vissuto. Ma ai giovani genovesi di diverse parrocchie è stato richiesto anche un vero e proprio servizio verso i disabili dell’Unitalsi, organizzazione volontaria specializzata alla cura e all’attenzione dei malati e anche quindi a questo tipo di pellegrinaggi.
Eravamo circa un centinaio di ragazzi a varcare la soglia di questa mistica cittadina, tutti di età compresa tra i 15 e i 18 anni, dopo aver affrontato la notte un lungo viaggio in pullman, e ci sentivamo pronti a metterci al servizio di chi ne aveva bisogno.
Ci accompagnava una grande emozione, un po’ di timore, ma soprattutto tanto amore da donare.
Indossavamo tutti una maglia colorata, gialla, arancione o rossa, che si intravedeva chiaramente a ogni processione e spiccava per le strade di Lourdes, con la scritta “Genova 2016”; perché tutti i genovesi aspettano con ansia l’arrivo del papa in questo anno, e questa maglietta ne faceva da testimone.
Il luogo dove questo nostro numeroso gruppo alloggiava era il “Salus Infirmorum”, struttura ampia e accogliente dell’Unitalsi poco lontana dal santuario che ha lo scopo di accogliere malati e pellegrini a Lourdes.
Tra i servizi principali che si potevano compiere abbiamo trovato in primo luogo il trasporto delle carrozzine, che noi ragazzi portavamo in vari percorsi e attività organizzate i disabili, senza mai tralasciare l’aspetto forse più importante, il dialogo; tra chiacchiere e sorrisi spontanei, le carrozzine venivano condotte con la giusta fatica da un luogo all’altro, in un cammino di pura fedeltà e preghiera.
Inoltre un aiuto si poteva offrire in refettorio, collaborando con i cuochi, servendo i pasti agli e mettendo in ordine piatti e posate.
Numerose attività sono state fatte e godute al massimo da tutti noi, compreso il Cardinale Bagnasco, abituati come sempre ad ascoltarlo distrattamente, che si è trasformato ai nostri occhi ed è diventato come uno di noi, giovane tra i giovani.
Ricordiamo con un sorriso e un po’ di malinconia la grotta, dove si riusciva a percepire la forza di ogni preghiera scandita dalle labbra di ogni fedele in ogni lingua; la messa internazionale, dove si è riuscita a creare una vera e propria unione di culture e lingue, che si ritrovavano ancora più legate nella gioia della messa; le piscine, dove l’acqua così fredda ti gelava le vene ma riusciva ugualmente a scaldare il cuore e risvegliare i sensi; la Via Crucis, una strada in salita e faticosa proprio come è stato faticoso il cammino di Gesù percorso nella sua passione, che attraverso le sue statue rappresentative è stata in grado di trasmettere ogni emozione e dolore della morte di Cristo.
Ci siamo fermati a Lourdes per meno di una settimana e ogni giorno si è rivelato una vera e propria scoperta: una scoperta del luogo, unico e meraviglioso, con la sua grotta, le sue chiese, i suoi infiniti negozi, le tante culture unite in ogni momento di preghiera.
Una scoperta delle persone, malate e non, grazie alle quali, attraverso un dialogo semplice ma efficace, ogni ragazzo volontario ha imparato a tirare fuori un carattere estroverso, spontaneo, dolce e disponibile, instaurando senza troppi sforzi un legame forte e soprattutto vero. Perché se per molti la verità nella quotidianità è molto spesso celata e nascosta da un velo di bugie, a Lourdes tutti si spogliano di una falsità che rende vuoti e incapaci di vedere la bellezza che esiste in un sorriso di un disabile o in un suo abbraccio colmo di calore, e mostrano ciò che avevano paura di mostrare e vivono pienamente la vita che avevano paura di affrontare attraverso la gioia del servizio, la gioia della missione.
Marta Bottaro