Le preghiere eucaristiche nella terza edizione del Messale Romano

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La preghiera eucaristica è il “cuore della Messa”, non solo perché contiene le parole della consacrazione, che ne sono il fulcro, ma perché essa è il momento culminante che dà il nome a tutta la celebrazione. Eucaristia, infatti, significa “rendimento di grazie” e l’invito al comune ringraziamento emerge fin dall’inizio di questa preghiera, nel dialogo tra il sacerdote e l’assemblea: “In alto i vostri cuori… sono rivolti al Signore”; “Rendiamo grazie al Signore nostro Dio… è cosa buona e giusta”. Si rende grazie Dio non dei doni che la vita e il Signore possono fare (che possono venire meno), ma “per Cristo Signore nostro”, cioè a motivo del “dono per Eccellenza” del Signore Gesù e della sua Pasqua.

Le preghiere eucaristiche sono: quattro, previste dalla riforma liturgica, e poste all’interno del rito della messa (Ordo missae); poi cinque (le due preghiere per la Riconciliazione e le tre forme della Preghiera eucaristica per le Messe “per varie necessità”), accolte nel Messale in un tempo successivo e disposte in appendice.

Quella che prima era chiamata “preghiera eucaristica V” (nelle quattro varianti A, B, C, D) nella nuova edizione è nominata “preghiera eucaristica per le messe “per varie necessità”. Anche le sue quattro varianti sono diversamente disposte e nominate: La Chiesa in cammino verso l’unità – Dio guida la sua Chiesa sulla via della salvezza – Gesù via al Padre – Gesù passò beneficando.

Le preghiere eucaristiche hanno parti comuni: il dialogo iniziale, il Santo, le parole della consacrazione nel racconto dell’istituzione, l’anamnesi (“Mistero della fede”, con le tre forme di risposte che sono riprese dal Messale precedente), la dossologia; queste parti sono identiche nelle diverse preghiere e non vi sono cambiamenti rispetto alla precedente edizione del Messale.

Nella traduzione della seconda preghiera eucaristica ha incuriosito il riferimento piuttosto insolito alla “rugiada dello Spirito”. Nell’epiclesi, cioè nell’invocazione allo Spirito Santo sui doni, che precede il racconto dell’istituzione e la consacrazione, il sacerdote guiderà la preghiera con le seguenti parole: “Santifica questi doni con la rugiada dello Spirito perché diventino per noi il corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo”. Da dove viene questo riferimento, che va a sostituire la preghiera precedente: “Santifica questi doni con l’effusione dello Spirito”?

Si tratta della traduzione letterale della preghiera Latina che recitava: “spiritus tui rore sanctifica”, cioè “santifica con la rugiada (rore) del tuo Spirito”. Questa espressione proviene dal testo più antico da cui è stata tratta la preghiera eucaristica, vale a dire la antichissima anafora contenuta nella “traditio apostolica”, un importante documento liturgico-canonico del III-IV secolo. Questa è stata inserita dagli estensori della seconda preghiera eucaristica dopo il Concilio Vaticano II, che l’hanno tratta da un’altra antica liturgia, quella ispanica, che in alcune sue preghiere associava il dono dello spirito alla rugiada. Anche nell’antica liturgia romana il tema della rugiada era presente e associato al dono della benedizione.

L’immagine della rugiada ha origini bibliche biblica e rinvia l’ambiente della Palestina, nel quale la rugiada costituisce un bene prezioso, che supplisce all’assenza della pioggia.

Per questo senso di prosperità, di fecondità, di risveglio e di forza vivificante che si posa nel silenzio, il profeta Osea ne parla per descrivere la presenza e l’azione di Dio verso Israele: “Sarò come rugiada per Israele” (Os 14,6). Nell’antico testamento, la rugiada è segno di benedizione dall’alto e permea ciò che tocca (la terra, il popolo). Essa è anche paragonata alla vita fraterna (“come rugiada dall’Ermon” sal. 133), alla parola di Dio che stilla come rugiada (Dt 32,2), allo sguardo tranquillo di Dio che si posa sulle sue creature (Is 18,4). La rugiada precede e svela il dono della manna (Es 16,13-14). Il suo simbolismo notturno – è di notte che si forma la rugiada – invita l’uomo a contemplare la gratuità dell’azione divina.

Dalla ricchezza simbolica di quest’immagine, la Chiesa non poteva non lasciarsi attrarre per descrivere l’azione benedicente di Dio che si posa sull’uomo e in particolare il dono dello Spirito che viene ad irrorare l’umanità. Lo spirito scende come rugiada e si posa sul pane e sul vino, perché diventino il sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo.

L’ispirazione biblica della nuova traduzione, è un invito a prestare attenzione sempre maggiore alla preghiera, accompagnata dal gesto dell’imposizione delle mani, con cui il Sacerdote invoca lo Spirito sui doni perché siano trasformati dalla parola del Signore.

Ci soffermiamo ora sulle diverse preghiere eucaristiche, per evidenziare alcune tra le più significative variazioni della versione. Sono dettagli che possono apparire minimi, ma rivelano un’attenzione rivolta non solo ad una traduzione più fedele alla lettera, ma ad una traduzione che nella versione più letterale ha riconosciuto un modo di esprimere meglio la profondità dei contenuti e la ricchezza dei significati delle singole preghiere.

La prima preghiera Eucaristica, l’antico canone romano, ha differenze minime: la più evidente è la resa in italiano di un’espressione latina molto significativa, che si riferisce ai circumstantium. La traduzione precedente invitava a pregare così: Ricordati di tutti i presenti dei quali conosci la fede e la devozione”, la nuova traduzione recita: “Ricordati di tutti coloro che sono qui riuniti”.

Nella seconda preghiera eucaristica, notiamo una variazione subito dopo il Santo: là dove si diceva “Padre veramente Santo”, ora si prega: “Veramente Santo sei tu, o Padre, fonte di ogni santità”. Troviamo ancora un cambiamento nelle parole che conducono al racconto d’istituzione e di consacrazione: “Egli consegnandosi volontariamente alla passione” (anziché: “Egli offrendosi liberamente alla sua passione”). Il riferimento alla consegna rende meglio il verbo “tradere”, presente nelle stesse parole latine dell’ultima cena: Prendete e mangiate, questo è il mio corpo, quod pro vobis tradetur”.

Nell’eucaristia, noi celebriamo la consegna di Gesù a noi, è il dono perfetto del suo amore e del suo sacrificio. Anche il tradimento di Giuda, in questo piano liturgico-salvifico, è una consegna attraverso la quale si compie dono finale di Gesù.

Sempre nella seconda preghiera eucaristica, al posto delle parole: “Ti rendiamo grazie per averci ammessi alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale”, troviamo l’espressione: “Ti rendiamo grazie perché ci hai resi degni di stare alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale”; al posto di: “in unione con il nostro vescovo… e tutto l’ordine sacerdotale”, troviamo le parole: “con il nostro vescovo, i presbiteri e i diaconi”.

Nella terza Preghiera eucaristica, nella supplica: “Egli faccia di noi un sacrificio perenne a te gradito” viene meglio precisato: “faccia di noi un’offerta perenne a te gradita”.

Nella quarta Preghiera eucaristica, sottolineiamo nel memoriale della creazione dell’uomo e della donna, questa nuova traduzione: “hai creato l’uomo a tua immagine, alle sue mani hai affidato la cura del mondo intero, perché nell’obbedienza a te, unico creatore, esercitasse la signoria (anziché il “dominio”) su tutte le creature”.

Altra variazione degna di nota è quella contenuta nella Preghiera di Riconciliazione I, dove non si domanda più di aiutarci a “costruire” insieme il regno di Dio, ma ad “attendere insieme l’avvento del Regno di Dio”. Concludiamo ricordando nella serie dei Prefazi, che fanno parte della Preghiera eucaristica, troviamo due nuovi Prefazi per i Pastori e i Dottori della Chiesa.

Mons. Gianluigi Ganabano

Direttore Ufficio Liturgico diocesano