La rappresentazione di Cristo nell’arte attraverso i secoli

Mercoledì 25 febbraio alle ore 16 presso la Sala Fieschi del Museo Diocesano viene presentato il volume di Mario Dal Bello 'Cristo. I Ritratti', (Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2013) L’introduzione sarà a cura di Mons. Marino Poggi. L'arte come straordinaria via di accesso al mistero: in un volume di pregio viene ripercorsa la storia della rappresentazione dell'immagine di Cristo nei diversi secoli e periodi artistici.

Il libro è acquistabile presso la redazione de Il Cittadino (Via Serra 6 A – 16122 Genova; Tel. 0105704389; info@ilcittadino.ge.it) al costo di Euro 25,00

Sono passati quasi 50 anni dal Messaggio agli artisti del Concilio Vaticano II, che segnava l’inizio della riappacificazione tra Chiesa e mondo dell’arte. La chiesa negli ultimi decenni ha guardato con particolare interesse alla ricerca di Gesù affiorata nelle opere degli artisti, e il mondo dell’arte – dal canto suo – è rimasto affascinato dal volto ineguagliato di Gesù, chiamato il Cristo, e si è sforzato di rappresentarlo. Ancora una volta un significativo impulso in questo senso è venuto dal Vaticano II e dai suoi epigoni, sia attraverso il suo insegnamento sulla cultura in generale contenuto nella Gaudium et Spes, sia dal successivo magistero pontificio, come la Lettera agli Artisti di Giovanni Paolo II, ma anche da segni concreti dal forte impatto evocativo, come l’incontro con gli artisti di Benedetto XVI, avvenuto il 21 novembre 2009 nella Cappella Sistina in Vaticano. Se si guarda indietro, ci si rende conto come davvero in duemila anni di cristianesimo, l’arte è stata una straordinaria via di accesso al Mistero; essa ha contribuito in modo determinante a suscitare stupore, interrogazione, contemplazione e, perfino, adorazione. Le opere d’arte sono diventate, in certo senso ‘mediazioni’ e attualizzazioni del Mistero del Verbo Incarnato. Rappresentare i volti di Cristo, vuol dire al contempo, entrare nel groviglio dell’umano, dal momento che il Verbo di Dio ha sposato la carne umana, come ha insegnato la Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II. In breve: l’arte ha dato nella storia, e può dare continuamente, un contributo determinante per farsi essa stessa attesa di redenzione. La via pulchritudinis diventa dunque via di salvezza. E’ stato sempre Giovanni Paolo II a evidenziare con decisione che: “la bellezza è cifra del mistero e richiamo al trascendente. È invito a gustare la vita e a sognare il futuro”. Ciò che la Chiesa è riuscita ad elaborare, più recentemente, è una fresca dottrina che riesce ad acquisire come la conoscenza del Dio di Gesù Cristo può avvenire non solo nel vissuto ecclesiale strettamente inteso (riflessione teologica, esperienza mistica, predicazione ecc…), ma anche nelle realizzazioni artistiche. Cosa sarebbe stato il cristianesimo, se non si fosse definito, attraverso il Concilio di Nicea II, che anche le raffigurazioni del volto di Cristo, potevano essere via regale di penetrazione del mistero dell’Incarnato? Il cristianesimo infatti, unica religione nella storia del mondo, ha tenacemente sostenuto come il mistero del Dio fatto Uomo è in modo speciale adatto a suggerire e interpretare la ricerca del senso della vita sul piano figurativo. Benedetto XVI, con il discorso durante l’incontro con gli artisti nella Cappella Sistina, aveva chiarificato puntualmente che l’arte può assumere davvero una “valenza religiosa e trasformarsi in un percorso di profonda riflessione interiore e di spiritualità”. Dunque la ‘lettura’ dei mille volti di Cristo nell’arte non è solo impresa critica, ma teologica, non soltanto gusto estetico, ma attiene strettamente al senso del Mistero, sia di Dio che dell’uomo. La molteplicità stupefacente dei volti di Cristo, sta lì a dimostrare come si tratti di una ricerca insonne e feconda, talvolta incerta, mai però vana. 

Proprio questa ricerca dei volti di Cristo, in quanto risposta alle grandi domande di senso degli esseri umani, caratterizza il saggio di MARIO DAL BELLO, Cristo. I Ritratti, (Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2013) che si sta imponendo a livello di critica. Esso non solo si affianca a pregevoli studi analoghi come per esempio quelli di Timothy Verdon, ma si sforza di leggere i mille volti di Cristo, nel sottofondo di una più importante ricerca cristologica. Dalle pagine di Dal Bello, si evince non solo la mano del critico d’arte, ma lo sforzo ben riuscito, quasi senza accorgersene, di chi opera una lettura cristologica vera e propria di quei volti. Volendo poi entrare nel dettaglio dell’esposto di Dal Bello si comprende subito che tutto ruota attorno alla convinzione che lungo i secoli si sono affermate due tendenze: la prima, quella che ha rappresentato Gesù come un giovane imberbe; la seconda invece è quella dell’uomo vincitore, dell’adulto snello, barba e capelli biondi o bruni, occhi dolci. Sono immagini già risalenti all’età paleocristiana: esemplate sul dio Apollo, la prima, o sul filosofo orientale, la seconda. Ogni epoca della  civiltà occidentale – il libro di dal Bello si dedica prevalentemente a questa parte dell’Europa – si è costruita una sua immagine del Cristo, e i capitoli della trattazione lo evidenziano costantemente, correlando il tutto con le vicende storico-ecclesiali e teologiche. All’interno del saggio davvero illuminante di Mario Dal Bello, vengono delineati i passaggi epocali che rendono attraente la figura di Cristo, i tanti e infiniti volti che Gli sono stati dati dicono un mistero imperscrutabile che si è fatto visibile, dal momento che il Logos carne è diventato (Gv 1,14). Le immagini di Cristo commentate da Mario Dal Bello aiutano proprio a elevare lo spirito e ad incontrare il mistero dell’Incarnato che, più ancora che nell’arte, rimane stampato nel profondo di ogni creatura che è fatta a Sua immagine.

Nicola Ciola
Professore Ordinario di Cristologia e Decano della Facoltà di Teologia 
della Pontificia Università Lateranense

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