GENOVA, REAGIRE ALLA SFIDUCIA!
Alla sera dell'ultimo giorno dell'anno, l'Arcivescovo, Card. Angelo Bagnasco, ha tenuto nella Chiesa del Gesù, com'è tradizione nella nostra città, l'omelia che ha preceduto la concelebrazione dei Vespri. Erano presenti, oltre ai Padri Gesuiti, il Vicario Generale Mons. Marco Doldi, i seminaristi dell'Arcidiocesi, numerosi religiosi e fedeli. L'omelia ha riguardato tutti gli aspetti della vita della persona, così com'è per la vita cristiana, nel quadro dei problemi del nostro tempo. “L'ultimo giorno dell'anno – ha esordito il Cardinale – è motivo per ringraziare il Signore che ci ha accompagnati nel cammino, ma è anche occasione per dare uno sguardo al tempo trascorso e farne tesoro per il futuro: il tempo è dono di Dio, e non dobbiamo sprecarlo; non torna più!”.
La Chiesa: “L'evento che ha segnato la vita della Chiesa è la rinuncia di Papa Benedetto XVI e il ministero di Papa Francesco”. – “Ringraziamo il Signore Gesù, Pastore dei Pastori, perché fa sentire alla Chiesa la sua guida e ringraziamo il Santo Padre Francesco per il suo magistero che indica sicura la strada e per il suo generoso esempio di sacrificio e di dedizione.
La diocesi: “Agli amati sacerdoti, ai religiosi e religiose, ai diaconi e ai molti laici impegnati in prima persona nei molteplici servizi alle comunità cristiane e alla società civile va la nostra sincera gratitudine”. – “Solo il Signore può compensare ciascuno con la sua sovrabbondanza. Nella visita pastorale all'intera diocesi ho toccato la grazia di Dio”.
La famiglia: “Non possiamo tacere l'obiettivo del nuovo anno pastorale: la famiglia”. – “La bellezza del matrimonio e della famiglia, la realtà di questo originario nucleo da cui scaturisce la vita ed è la prima palestra di relazioni solidali, è la ragione del nostro cammino diocesano. Ma lo scopo è anche quello di formulare proposte nuove, confermare iniziative già avviate, sostenere la coppia e la famiglia nel loro amore e nella grave responsabilità educativa, oggi sempre più urgente e delicata. Che cosa saremmo senza la famiglia?”. A questo punto, il Cardinale ha svolto alcune considerazioni di carattere socio-culturale: “Com'è ovvio, parlo da Pastore: non sono un tecnico o un responsabile diretto; ma, sia da Pastore che da cittadino, non posso essere indifferente di fronte alla vita della mia città e del nostro amato Paese “. La società: “A differenza di altre città, a Genova la crisi economica e lavorativa morde con denti più affilati. Lo sanno bene le nostre Parrocchie, associazioni, movimenti, che alimentano una rete fitta di solidarietà concreta, che non cerca le prime pagine ma che serve la moltitudine crescente di poveri che ogni giorno bussano alla ricerca di pane e consolazione. Lo sanno i moltissimi operatori, che ringrazio di cuore e incoraggio a non darsi mai per vinti, non solo dando il pane ma abbracciandoli in un rapporto di ascolto, di affetto, di relazione. La solitudine, infatti, uccide più di qualunque malattia e bisogno! Tutto può trasformarsi in rabbia cieca e distruttiva”.
Il lavoro: “Troppi giovani, si dice, neppure cercano più il lavoro, si sono arresi. E non è certamente per pigrizia o per comodità!”. – “Eppure, abbiamo una gioventù che è riconosciuta capace, piena di risorse, di voglia di fare, vera ricchezza per il Paese. Nessuno deve rassegnarsi!
Gli adulti devono guardare a loro con fiducia e simpatia, ma anche con disponibilità sincera di far posto, accompagnandoli e comunicando le esperienze e competenze che essi non possono avere, e che possono solo imparare da altri con umiltà, sacrificio e gratitudine”.
La cultura: “Se la crisi economica rivela una crisi politica, questa dipende dalla crisi culturale” – La cultura del nostro tempo, che è il modo di pensare, è la cultura dell'apparenza, il mito della vita facile, del tutto e subito. Addirittura, si deride chi ha mantenuto il gusto di conquistare le cose con pazienza e con sacrificio.
Due sono i pericoli fondamentali nel comune modo di pensare: i maestri di sventura e di illusioni, che alimentano la sfiducia negli altri e nelle istituzioni, e la cupidigia del denaro facile e del potere, che danno la sensazione di contare nel mondo”.
L'economia: “O ci si aggiorna o si resta fuori, perché gli altri non ci aspettano: sarà allora inutile lamentarsi”. – “La bellezza di Genova – la porta tra la terra e il mare -, che nei secoli scorsi era anche motivo di difesa naturale, oggi può essere una stretta mortale, che la può rinchiudere e fare affondare. Genova vuole questo? Che cosa pensa di sé Genova, del suo futuro? Che cosa vuoi essere amata città nostra? Forse una luminosa residenza per anziani? Una tiepida e tranquilla località di riviera? Nello scenario del nostro Paese, dove si trova Genova?
Sembra dominare un senso di incertezza che genera paura e paralisi rispetto a investimenti e rischi propri di ogni intrapresa, pubblica o privata che sia. Sembra che nei rapporti prevalga il sospetto reciproco e forse il sentimento dell'invidia, come se ognuno, singoli e istituzioni, avesse timore che gli altri siano nemici, approfittatori, o come se ognuno dovesse far vedere che è migliore degli altri. Ma se una società sprofonda, non è stato bravo nessuno e nessuno può guardare dalla finestra della storia. Non possiamo non ascoltare il grido dei poveri, che si alza ogni giorno; è la voce di Dio che ripete: Dov'è tuo fratello?”.
La finanza: “Nessuno dovrebbe opporsi allo sviluppo in forza dei propri interessi o piccoli comodi”. – “È proprio nei momenti di maggiore difficoltà che bisogna non arroccarsi per conservare, ma aprirsi per mettere insieme energie, inventiva, capitali, progetti. E' necessario che la finanza ritorni al suo posto e riscopra la sua funzione sociale e quindi etica. La finanza non può governare l'economia e condizionare l'industria e la produzione: essa è in funzione né di se stessa né del massimo profitto, ma dello sviluppo e della crescita della società da cui si alimenta”.
La morale: “Si aggira per l'Europa, e anche nella nostra città, un virus: l'individualismo”. – “Sarebbe ormai nato l'individuo centrato su se stesso, assolutamente autonomo, capace solo di rapporti utili e strumentali. La sfiducia reciproca in questa visione fortemente individualista la fa da padrona. Non esistono scialuppe personali: la barca è unica. Questa volontà di dividere persone, gruppi, istituzioni, di gettare discredito sistematico, di enfatizzare il male presente risponde a una strategia, a un disegno preciso di dividere per meglio dominare.
Dobbiamo reagire tutti a questa violenza continua e sistematica. Ci vogliono far credere che la gente è ormai sbandata, moralmente e spiritualmente. Ci vogliono far credere che il Paese è marcio, spargendo su tutto e su tutti fango, senza che nessuno mai paghi per il male fatto alle persone, alle istituzioni e alla nazione. Ma non è questa la realtà: il male esiste, e lo vediamo tutti; ma il bene è sconfinato ed è molto più grande: è come la foresta che cresce ogni giorno nel silenzio, anche se alcuni cedri cadono rumorosi. La realtà più vera e più grande è quella della gente semplice: il nostro popolo, che vive ogni giorno la bellezza rassicurante della propria famiglia; che lavora con professionalità; che ha l'orgoglio di guadagnarsi il pane con dignità; che cura i propri bambini, i vecchi, i malati; che con eroismo fa queste cose, senza per questo sentirsi degli eroi”.
Il Cardinale ha concluso l'omelia con una preghiera.
La preghiera: “Mentre ringraziamo il Signore con il Te Deum, affidiamo alla Madonna, la grande Madre di Dio, il Nuovo Anno che ci sta di fronte. A Lei chiediamo la Sua materna protezione per i piccoli e i poveri, per le famiglie, per i bambini e i malati, per le tante solitudini che attendono una luce di speranza anche dai nostri volti e dalle nostre parole. Soprattutto dai nostri gesti. Così sia”.
PierLuigi Pastorino