Essere, fare, vivere: questi tre verbi sono risuonati più volte durante le giornate del Convegno nazionale di Pastorale giovanile e certamente sono rimasti nella mente e nel cuore di tanti partecipanti. Fin dalle prime battute il Cardinale Bagnasco, citando Romano Guardini, ha sottolineato quanto nella vita della persona sia necessario “essere” prima che “fare”, quanto l'azione sia in un certo senso la conseguenza dell'esistenza. Mons Brambilla, nel suo ricco intervento introduttivo, ha evidenziato la necessità di riscoprire, di suscitare nei ragazzi, negli adolescenti, nei giovani un nuovo desiderio di “vivere”.
La vita, il “vivere”, è in effetti una sorta di incontro fra l'essere e il fare; il titolo del Convegno “Fra il porto e l'orizzonte” utilizzava le due immagini legate alla vita marinaresca come riferimenti per l'impegno educativo. La pastorale giovanile è essenzialmente un servizio educativo. Educare vuol dire aiutare ed accompagnare i ragazzi, gli adolescenti, i giovani a intraprendere l'avventura della propria vita, a uscire dal porto e a dirigersi verso l'orizzonte. L'impegno educativo è il più bel dono che una comunità adulta possa offrire alle giovani generazioni; educare ha a che vedere direttamente con la felicità integrale della persona, con la definizione della sua identità, con la scoperta della propria vocazione.
Non dimenticherò mai più il fragore dell'applauso che l'assemblea del Convegno ha destinato all'affermazione fatta dal Vescovo di Novara: “Nella mia diocesi, dei soldi stanziati per la carità, metà li ho destinati ai poveri, metà all'impegno educativo”.
L'educazione ha la necessità di tempi distesi, ha più le caratteristiche di una cura che di un intervento chirurgico. Nella mia limitata esperienza ho capito che per educare abbiamo bisogno di donare la vita insieme alla cosa più preziosa che abbiamo che è il tempo. L'educazione è più un rapporto “a tre” che un rapporto “a due”; l'educazione è apertura, è generazione; nella relazione fra due persone o due realtà, uomo-donna, genitori-figli, persona-Dio ci deve essere sempre lo spazio per qualcun altro; l' ‘io’ e il ‘tu’ deve sempre dilatarsi verso un ‘voi’.
Mons. Brambilla ha definito i rapporti “chiusi”, “a due”, come “mortali” e in taluni casi “mortiferi”, cioè portatori di morte anche ad altri. La vita che è amore in divenire, ha bisogno di un'etica, di una norma esterna, di un Altro. E' evidente quanto educare sia oggi un compito difficile; i ragazzi, gli adolescenti, i giovani si trovano immersi in mille stimoli contrastanti che ingannano o spengono il desiderio di partire per l'avventura più bella che è quella della vita. Impegnarsi nell'educazione, nella chiesa, a scuola, in famiglia, nella società è faticoso ma importantissimo. Il Signore susciti sempre nuove vocazioni al dono, al servizio educativo per la felicità di tutti , giovani e adulti.
Mons. Nicolò Anselmi
Responsabile del Servizio diocesano per la pastorale giovanile