Riportiamo il testo integrale dell’omelia pronunciata dall’Arcivescovo in Cattedrale domenica 8 giugno, in occasione delle consacrazioni sacerdotali e diaconaliCari Confratelli nell ‘Episcopato, nel Sacerdozio e nel DiaconatoCari Fratelli e Sorelle nel SignoreGenova riceve oggi il dono di cinque novelli Sacerdoti e di quattro Diaconi. La gioia e la gratitudine a Cristo – Pastore dei Pastori – sono grandi. Il suo braccio non si è accorciato nel chiamare al Sacerdozio e alla vita consacrata: tocca a noi essere più attenti nel seguire la sua voce, e più coraggiosi nel seguirla. Il Signore non è avaro con chi Gli dona totalmente la vita: chiede molto ma dona tutto. Si tratta di scoprire giorno per giorno il tutto di Dio nelle cose quotidiane.l. Cari Amici che state per diventare Sacerdoti e Diaconi: non lasciatevi distrarre dal mondo, sorvegliate i cancelli del cuore, mantenete lo sguardo su Gesù. Come Pastori del popolo di Dio vivrete accanto alla gente con le sue gioie e dolori, ansie e speranze: in voi vedranno dei fratelli e degli amici, delle persone comunque meritevoli di fiducia. Molti riconosceranno in voi una paternità che non deriva dalla vostra giovinezza, ma dall’alto: e questa cercheranno, sapendo di incontrare un segno di Gesù che ascolta e consola, perdona e nutre. Così in voi crescerà il senso della vostra piccolezza, la coscienza dei vostri limiti, la santa umiliazione per le vostre fragilità. Ma è proprio qui che comincia la nostra missione, quando scopriamo che è troppo grande per noi. Se sarete umili e affidati a Gesù, infatti, tutto sarà fecondo: la parola e il silenzio, ciò che vi riuscirà e gli insuccessi umani. Ricordate: tutto sarà fecondo per il bene delle anime, tutto. Perché il veroProtagonista è Cristo.2 Diventate Pastori, e il compito sarà di stare con il gregge che il Vescovo vi affiderà di volta in volta non in base ai vostri gusti, ma in forza dei bisogni del popolo. Per questo Dio vi ha chiamato. La Chiesa vi chiederà di essere disponibili perché consegnati a Cristo, di essere uomini perduti per amore, di essere obbedienti perché liberi, liberi di essere obbedienti fino alla gioia del sacrificio: solo così l’obbedienza sarà non solo un dovere voluto, ma una rinascita, sarà la strada che vi unisce a Gesù. Non si tratta di pensare al vostro star bene perché soddisfatti nelle vostre preferenze, ma di star bene nel bene delle anime, nella gioia di chi incontra il Signore. Nel ministero, dovrete ascoltare le illusioni di tanti senza lasciarvi sedurre, toccare la disintegrazione altrui senza sciogliervi e mettere in crisi la vostra identità, senza assimilarvi e imborghesire il cuore.Ma come fare? Resterete voi stessi – sacerdoti – non solo se non vi lascerete fagocitare dagli impegni e non vi farete distrarre da piaceri legittimi, ma se sarete fedeli all’invito di Gesù: “Ne scelse dodici perché stessero con Lui”! Dobbiamo credere di più al potere della grazia che si nutre dello stare con il Signore, cuore a cuore da soli. Il successo pastorale, infatti, non sta nell’avere attorno uno stuolo di gente che applaude, nell’ essere un solista del bene, ma nel far intravvedere la bellezza di Cristo, il suo fascino, così che la gente ne viva e sia felice. E’ questa la gloria di Dio. A volte il mondo non vi capirà, a volte sarete ritenuti come difensori dell’assurdo: è accaduto anche al Signore! Lui, però, non è arretrato per cercare il consenso fuori della verità: è questa, infatti, il cuore della misericordia e dell’amore.3 In Seminario avete imparato che la vita è preghiera se nella vita ci sono frequenti e regolari momenti di preghiera. Dovete stare fisicamente davanti a Lui per stare con Lui: pensate a Mosè che chiede di vedere il volto di Dio. Oh potessimo vedere il volto di Dio, la Luce della luce, la Bellezza di ogni bellezza, l’Amore dell’amore! Che risposta gli diede? Lo pose su una roccia, gli coprì il volto con la mano, e gli passò davanti. Poi la ritrasse e Mosè vide le spalle, il mantello di Dio (cfr Es 33). Dio è libero, e l’amore vuole essere desiderato e cercato. Così avviene nel Cantico dei Cantici: nel cuore della notte, la sposa intravvede lo sposo che subito scompare e si nasconde. “Ho cercato l’amato del mio cuore: l’ho cercato ma non l’ho trovato. Mi alzerò e farò il giro della città (… ) Avete visto l’amato del mio cuore?” (cfr Cantico dei C 3). Non temete se verranno momenti in cui vi sembrerà di essere – come Mosè – nel deserto dello spirito, e forse ogni cosa vi parrà pesante.Saranno i momenti in cui il Signore vuole che lo cerchiate nel desiderio, e lo invochiate anche nel pianto perché vi faccia vedere il suo volto. Dovrete allora restare con pazienza e fiducia sulla roccia dove Dio vi pone, e attendere il dono subitaneo di Cristo, che Lui passi all’improvviso e si lasci di nuovo vedere per un attimo. Sarà forse solo un momento, ma sarà un attimo che vi darà una gioia divina, un anticipo di immortalità. Ancora una volta, avrete scoperto che la preghiera è un continuo passaggio dalla contemplazione di Dio come radicalmente altro da voi, alla scoperta della presenza di Dio nel vostro cuore e di voi nel cuore di Dio. Allora diventerete luce, luce di gioia e di pace, di umiltà e tenacia, di entusiasmo pur dentro a difficoltà e contraddizioni: luce che vi salverà dalla monotonia e dal grigiore, dalla tiepidezza che impedisce di sorprendervi di fronte alla bellezza del mistero, quello di Dio, dell’uomo, dell’universo, della vita.4 Cari Amici, tra poco la fornace dello Spirito Santo scenderà dal cielo, invisibilmente prenderà dimora in questa Cattedrale e tutto sarà fuoco e luce. Per il ministero delle mie mani, il sigillo dello Spirito sarà impresso nelle vostre anime e sarete generati alla grazia dell’Ordine per sempre: non temete! Vi affido alla Grande Madre di Dio, la Santa Vergine, Regina e Madre dei Sacerdoti, colei che saprà ogni sera donarvi la carezza che cura le ferite, riempie il cuore, dona calore e fiducia. Il nostro Presbiterio vi guarda con affetto e vi accoglie con gioia: vi dice cantando: benvenuti! Uniti al Vescovo, principio e fondamento visibile di unità, e ai Confratelli, farete i primi passi. Non camminate da soli, anche se potrete avere delle ragioni: aspettate gli altri, spingete gli altri con quella grazia degli inizi che ora vi viene donata dallo Spirito che invochiamo su di voi.Angelo Card. BagnascoArcivescovo Metropolita di Genova