“I vescovi italiani danno avvio, con questa Assemblea, al cammino sinodale secondo quanto indicato da PapaFrancesco e proposto in una prima bozza della Carta d’intenti presentata al Santo Padre. Al tempo stesso, affidano al Consiglio Permanente il compito di costituire un gruppo di lavoro per armonizzarne temi, tempi di sviluppo e forme, tenendo conto della Nota della Segreteria del Sinodo dei Vescovi del 21 maggio 2021, della bozza della Carta d’intenti e delle riflessioni di questa Assemblea”. E’ la mozione approvata dai vescovi italiani, nel corso della loro 74ma Assemblea generale, che di fatto ha rappresentato il primo passo di un cammino sinodale che parte dalla Chiesa “col volto di mamma”, auspicata da Papa Francesco nel suo storico discorso al Convegno ecclesiale di Firenze nel 2015.
“La gente deve sentire che la Chiesa è una mamma e che ti tiene per mano. Altrimenti li perdiamo”.
Ne è convinto il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, che nella conferenza stampa di chiusura dell’assise episcopale ha riassunto così lo spirito del cammino sinodale della Chiesa italiana.
“Non si arriva a questo Sinodo in maniera improvvisata”, ha fatto notare il cardinale citando in particolare i convegni ecclesiali nazionali di Verona nel 2006 e di Firenze nel 2015: “Il Sinodo vuole essere una mamma che accompagna, la carezza materna della Chiesa alla gente che in questo momento è in estrema difficoltà”.
“Il discorso del Santo Padre a Firenze è stato il più lungo del suo pontificato – ha precisato Bassetti – ma non si può ridurre Firenze soltanto a questo: ci sono stati tavoli di sette-otto persone dove i problemi sono stati realmente discussi.
“Il Papa ci ha chiesto di ritornare allo stile di Firenze, tramite un movimento dall’alto in basso e dal basso in alto”. “Cominciamo dalle parrocchie, dalle diocesi”, ha spiegato il presidente della Cei a proposito del Sinodo: “Dai vescovi arriverà una risposta che non è una risposta dall’alto, ma una risposta dal basso che abbiamo fatto tutti insieme. Come ci ricorda infatti Papa Francesco, il popolo di Dio è ‘infallibile in credendo’: non c’è alcuna distinzione tra sacerdoti e battezzati, il fine comune della Chiesa è la santità, la missione, il camminare insieme”. “Quello della Chiesa italiana non è un vero Sinodo, è un cammino sinodale coinvolgente!”, ha puntualizzato il cardinale: “È ora di riscuotersi: siamo un pò addormentati, bisogna risvegliarsi. Abbiamo perso la capacità di sognare. Dobbiamo aiutare la gente a ritrovare due cose: desideri e sogni”.
“I problemi di fondo della nostra gente – ha osservato – sono la solitudine, l’educazione dei figli, le difficoltà di chi non arriva a fine mese per la mancanza di lavoro, l’immaturità affettiva che porta le famiglie a disgregarsi”.
“Quando il profitto è il primo fine dell’attività umana, siamo completamente fuori”, il monito che deriva dalla tragedia della funivia Stresa-Mottarone e riguarda in generale il tema del lavoro, il cui fine “è sempre la persona: tutti gli altri sono mezzi che servono a far crescere e sviluppare la persona in tutte le sue potenzialità”. “La cosa che più mi meraviglia – ha denunciato – è il fatto che, anche a causa della pandemia, i posti di lavoro siano diminuiti ma che, contemporaneamente, siano aumentati in maniera esponenziale gli incidenti sul lavoro. C’è qualcosa che non va, va garantita la persona”.
Sul ddl Zan, “le divergenze non devono acuirsi, altrimenti si arriva allo scontro. Devono comporsi, nel rispetto della persona e della sua dignità”. “Siamo d’accordo che ci sia un dibattito, ma non si può arrivare allo scontro”, ha ribadito il presidente della Cei. “Noi abbiamo sempre detto – ha ricordato – che per quanto riguarda la violenza non c’era bisogno di un’altra legge, perché già la legge precedente garantiva la tutela di tutti”.
“Abbiamo sempre riaffermato la difesa della persona contro ogni violenza e discriminazione – ha proseguito il cardinale – perché la persona viene sempre prima di ogni possibile riduzionismo e merita di essere rispettata”.
Altro principio da garantire è “la tutela amplissima e la libertà di espressione, senza meccanismi discriminatori che potrebbero generare intolleranza”, ha aggiunto facendo cenno a temi controversi come il “genitori A” e il “genitore B” e il “gender”. Ribadendo la centralità del “confronto franco e libero su temi come l’identità”, Bassetti ha inoltre ricordato: “Per il genere noi abbiamo una visione biblica: ‘maschio e femmina li creò’. C’è un progetto che per i cristiani è mutuato dalla Bibbia, dal Vangelo, ma che può essere anche condiviso dai non credenti. C’è sempre stata, in ogni civiltà, questa divisione di fondo”.
“Più che lo ius soli, per me è importante lo ius culturae”, la precisazione su un altro tema che ritorna nel dibattito politico. “Lo ius culturae – ha spiegato il cardinale precisando di parlare a titolo personale, visto che nel dibattito tra i vescovi non si è affrontata questa tematica – significa dare cittadinanza a qualcuno che ha fatto un cammino, che si è inculturato, che è stato accettato, che è compagno di banco dei nostri ragazzi. Implica un cammino che si è fatto insieme”.