Martedì 31 dicembre nella Chiesa del Gesù, in occasione del canto di ringraziamento del Te Deum, il Cardinale Arcivescovo ha pronunciato il tradizionale discorso di fine anno rivolto alla Chiesa e alla Città.
Ha parlato della realtà della Chiesa genovese, che attraverso le diverse comunità parrocchiali, “ si fa compagna di strada come Gesù sulla via di Emmaus: si affianca, ascolta, chiede, dice una parola che non è sua ma di Cristo, celebra i sacramenti della salvezza. In sostanza, offre Dio a un mondo spaesato che spesso cerca di mascherare la tristezza in modo rumoroso”.
La Chiesa – ha proseguito l’Arcivescovo – “è come una barca in mezzo al mare della storia: onde e burrasche la colpiscono e lasciano i segni, ma essa deve procedere con umiltà, fiducia e coraggio, sapendo che le pesantezze dei suoi figli non possono capovolgerla poiché il grande nocchiero – Gesù – le assicura la traversata nel tempo per il bene dell’umanità. È sempre vero e attuale il detto per cui un albero che cade fa più rumore della foresta che cresce! La Chiesa deve vivere di fede, e rinnovare la fiducia anche quando il Maestro, come nel racconto evangelico, sembra dormire”.
Ha fornito poi i numeri concreti circa l’azione delle realtà caritative, parrocchie, associazioni, enti presenti in Diocesi, rivelando che in quest’anno dai 34 Centri di ascolto vicariali, sono state prese in carico 5.400 persone con un sostegno economico pari a 1.300.000 euro derivanti in gran parte dall’otto per mille.
Nell’anno inoltre sono stati assicurati 450.000 pasti e – per quanto riguarda un ricovero per passare la notte – quasi 300 sono i posti letto in strutture sia laiche che ecclesiali. “Purtroppo – ha proseguito – tende a crescere la piaga dell’usura: a fine settembre gli interventi erano 154 per un totale di 845.000 euro (il 30% in più rispetto allo scorso anno), e per quanto riguarda l’emergenza famiglie, sono stati fatti 115 interventi per 75.000 euro su segnalazione dei Centri di ascolto vicariali. Purtroppo, la piovra del gioco d’azzardo continua ad espandersi, e avvelena il modo di pensare e di vivere, creando illusioni, delusioni e tragedie a tutte le età”.
Soffermandosi poi su Genova e sulla Liguria, l’Arcivescovo ha sottolineato quanto belle siano la nostra città e la nostra regione: “dobbiamo amare di più la nostra Città, esserne più consapevoli e a farla conoscere nel mondo per condividerla con altri”.
“Dopo la tragedia del ponte Morandi – ha detto ancora Bagnasco – continua il senso di appartenenza, il desiderio di partecipazione, l’orgoglio di farcela stringendosi gli uni agli altri come le case nei nostri vicoli. Stare stretti nella fiducia e nella benevolenza vicendevoli non è chiudersi a nessuno, ma al contrario è la condizione per una accoglienza affidabile, dove ognuno porta ciò che è, e riceve la compagnia di cui tutti abbiamo bisogno. Questa tensione benefica è un bene incomparabile, dobbiamo tutti custodirlo e accrescerlo, perché ognuno è importante e ha qualcosa da fare e da dare. Non si tratta solo di chi ha maggiori responsabilità istituzionali, ma di tutta la società civile, cioè di noi che la formiamo, a cominciare dal mondo della cultura, dell’imprenditoria, dei servizi, dei corpi intermedi, della burocrazia”.
“La vocazione di Genova – ha ribadito il Cardinale – sta nella sua posizione geografica: il mare, l’industria, il turismo crescente, sono scritte nella sua storia, nel nostro cuore. Le vie di comunicazione sono ormai nella concreta convinzione di tutti, la sicurezza e la velocità ne sono condizione perché Genova sia raggiungibile in entrata e in uscita; perché si faccia desiderare come sede di attività, di conoscenza, di abitabilità. Le difficoltà ci sono, e bisogna far sempre più presto perché la Città sia cosmopolita e bella, vivibile non solo per il fine settimana, ma anche per lavorarvi come già molti fanno”.
Uno sguardo poi al mondo del lavoro, con l’auspicio che la politica risponda alle giuste aspettative del nostro popolo: aspettative che tutti riconoscono nelle priorità del lavoro, della famiglia e della cultura. “Le tre urgenze – ha detto – devono essere perseguite senza ritardi o distrazioni di nessun genere: quando si tratta di questioni di fondo per il bene di una Nazione, ogni interesse di parte, ogni ricerca di consenso a scapito della ragionevolezza, devono cedere il passo all’obiettivo generale”.
Secondo l’Arcivescovo, nella famiglia vi è il nucleo fondamentale della società, grembo di vita e di formazione di cittadini consapevoli e onesti. “Per questa ragione – ha detto ancora il Cardinale – uno Stato avveduto non “sostiene” la famiglia, ma “investe” sulla famiglia, sapendo che investendo sulla famiglia si sostiene l’individuo. Per questo motivo l’istituto familiare non può appartenere a nessun dicastero: la sua centralità è talmente onnipresente che dovrebbe essere all’ attenzione diretta dell’autorità di vertice. Affermare e promuovere questa centralità morale e politica è dovere della comunità cristiana e servizio allo Stato e alla società”.
“Il Signore della vita e del tempo – ha concluso – accolga le riflessioni che abbiamo fatto tra noi, e che esprimono a Lui speranze, preoccupazioni, propositi. Vi dico grazie perché ci siete, mentre con affetto di Padre e Pastore vi auguro un anno di impegno e di serenità da vivere insieme”.
Il testo integrale del discorso dell’Arcivescovo