Particolarmente apprezzata la prima conferenza del nuovo ciclo di conferenze di Cattedrale Aperta: il cambiamento di orario non ha intaccato l’interesse verso questa iniziativa culturale che rappresenta un’occasione di approfondimento su tematiche di fede e di attualità.
Azzeccata la scelta di iniziare con una riflessione sulla situazione dei cristiani in Medio Oriente, grazie alla relazione di Mons. Paolo Bizzeti, della Compagnia di Gesù, da due anni Vicario Apostolico in Anatolia. Prima del suo intervento, ha preso la parola per una veloce testimonianza il giovane Andrea Boutros, che fa parte della comunità cristiana copta di Genova; poche parole per far sapere innanzitutto che esiste questa comunità e che a volte la mancanza di conoscenza porta a fraintendimenti che non favoriscono il dialogo e la collaborazione. Il giovane ha spiegato che la comunità copta nasce direttamente dalla Chiesa egiziana di Alessandria e rappresenta la più grande presenza cristiana in Medio Oriente, anche se non si conosce esattamente quale sia il numero dei copti in territorio egiziano, culla del cristianesimo, patria del monachesimo e terra di martiri. Il cristianesimo egiziano ha origine antichissime, probabilmente è una delle primissime comunità cristiane, nata con la predicazione di San Marco.
Mons. Bizzeti ha condotto una relazione intensa con l’obiettivo di suscitare nei presenti alcune domande sulla fede del mondo occidentale che, a confronto con la situazione della Turchia dove egli vive, mostra di essere quanto meno ‘tiepida’ e arroccata su convinzioni che troppo spesso si trasformano in pretese. Ha esordito dicendo che Italia e Turchia sono entrambi paesi complessi accomunati oggi dalla tendenza a cadere nel populismo e ad affidarsi a capipopolo; la Turchia in particolare è affetta da una crescente mancanza di tolleranza, l’Italia da una mancanza di unità. Dalla sua esperienza in mezzo a tanta gente comune in Turchia la prima considerazione che Mons. Bizzeti ha espresso è che comunque, anche nelle situazioni più difficili, Gesù è vivo e operante. L’interesse e la curiosità verso il cristianesimo ci sono: nelle parrocchie sono attivi cammini di catecumenato, sono in molti a cercare il senso della propria vita e quindi a chiedersi quale strada offre il cristianesimo. In particolare, Mons. Bizzeti è entrato in contatto con comunità piccole che hanno imparato a vivere da minoranze, ma che sono contente della propria fede: sanno quanto sia bello credere in un Dio che perdona e offre sempre una nuova possibilità. Inoltre, è cresciuta nel paese anche la fede nella possibilità di una Chiesa unita. Confrontandosi quotidianamente con un’altra religione, Mons. Bizzeti ha sottolineato quanto si senta interpellato anche personalmente nella propria fede. Inoltre, di quanto si renda conto della bellezza della civiltà cristiana, basti pensare ad alcuni temi: la difesa della persona umana, il rifiuto della pena di morte, il rispetto della donna, il senso del perdono e del riscatto. Troppe cose, infatti, si danno per scontate, è necessario imparare a fare delle distinzioni. Troppe le contraddizioni che stanno facendo perdere la credibilità in Medio Oriente all’Italia e all’Europa, verso cui invece gli abitanti del territorio nutrivano una grande ammirazione.
Perché ad esempio l’Europa fa dichiarazioni molto forti contro l’Isis e poi produce e esporta armi che vanno proprio a favorire le loro operazioni? Perché più di 1000 aziende europee operano oggi in Turchia guardando soltanto al profitto e non certo al contesto sociale? Perché i turchi sono così attaccati alla loro bandiera, mentre in Europa non si fa altro che negare le proprie radici giudeo-cristiane? Perché in Europa è scomparso il senso della festa e non esiste più la distinzione tra tempo di lavoro e tempo di riposo mentre in Turchia è ancora molto radicato come fatto non soltanto religioso ma anche culturale e identitario?
Mons. Bizzeti ha affermato ancora come l’Europa viva di menzogne sul tema della migrazione e come l’Italia a questo proposito abbia perso la memoria, non ricordandosi di come proprio gli italiani siano stati un popolo di migranti: “Bisogna imparare ad affermare i propri doveri e non soltanto i propri diritti e coltivare una libertà ‘per’ e non ‘da’, per potersi dire pienamente cristiani”.
Infine, un riferimento al ruolo del pastore e di quanto le comunità turche ne abbiano bisogno: difficile trovare sacerdoti disponibili a esercitare la propria missione in questo territorio, con una provocazione di Mons. Bizzeti: “Una volta c’erano i missionari, ora è l’Europa che pare avere più bisogno ed è comprensibile, ma pensiamo che se manca un sacerdote in Turchia rischia di chiudere magari una parrocchia che copre chilometri di territorio: una situazione ben lontana da quella europea che comunque ha le sue legittime difficoltà”.