Maria di Nazareth: una donna vestita di sole

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Il testo della Apocalisse chiude il cosiddetto Nuovo Testamento. Di tradizione giovannea esso viene collocato dagli esegeti al termine del primo secolo durante un periodo di persecuzione. Le prime comunità cristiane si trovano a dover affrontare drammatiche tensioni tra la fedeltà alla loro scelta di vivere la fede e la comunità legata a Gesù, esperito come il Messia-Salvatore, e le accuse, gli arresti, le uccisioni da parte di autorità locali e imperiali, nonché il contrasto con le comunità giudaiche. La generazione degli apostoli si sta chiudendo, i testimoni oculari stanno morendo e la parrusia, la venuta del Messia, non si sta concretizzando nel breve tratto di storia che essi stanno vivendo. Figure importanti guidano le comunità che tra loro, diremmo noi, sono in rete, si strutturano, si interrogano su questioni riguardanti la fede e i costumi (la morale). Circolano i testi delle lettere dell’Apostolo e i testi dei Vangeli che si stanno o sono formati. Ma il conforto dei testimoni diretti viene meno.

Nella complessità di linguaggio e simboli tipico della Apocalisse, è importante per il nostro itinerario rileggere il capitolo 12: “Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. Era incinta…”. Il testo merita una attenta lettura. Innanzitutto questa pericope è sostenuta da ampie immagini dell’Antico Testamento. La donna e il serpente. Immediatamente ricordiamo il passo di Genesi, la tensione che quel testo crea tra l’animale e la donna, le parole di Dio, Adamo. E’ una questione che riguarda la fedeltà alla chiamata dell’umanità alla relazione con Dio e la difficile ambivalenza della libertà. “Ma furono date alla donna le due grandi ali d’aquila”. Il deserto e le ali d’aquila. Qui lo sfondo è il contesto dell’Esodo. La grande traversata dove il popolo “vede come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me” (Es 19,4). La battaglia che abbiamo nel testo apocalittico, con il dragone, il serpente, la donna, rimanda al passaggio di liberazione che Dio stesso ha offerto al suo popolo. Il duro deserto diventa allora non soltanto il luogo della battaglia, della fatica ma anche il luogo dell’incontro con Dio. In altri passaggi abbiamo un linguaggio affine al libro di Daniele, di Ezechiele e dei profeti Isaia, Geremia e Osea. Tutto questo concorre a dare al brano una visione messianica ed escatologica. Ovvero, ciò che accade porta lo sguardo al momento finale, quando le doglie del parto e la battaglia della vita verranno ricapitolate nel Cristo, salvatore, e nell’abbraccio di Dio che tutto riconduce a sé.

La donna è rivestita di Sole (la luce di Dio), e la luna, il tempo era scandito dal ritmo lunare, è sotto i suoi piedi, ovvero sottomesso. Quindi, dice il testo, le vicessitudini della vita non prevarranno e il tempo verrà superato dalla pienezza di Dio. Le dodici stelle, le tribù antiche e il nuovo popolo sono rappresentate in questa donna che, partorisce un figlio. Ma non un figlio qualsiasi egli è <<destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e il figlio fu subito rapito verso Dio e verso il suo trono>>. E’ il Messia. La donna dunque, che rappresenta il nuovo popolo, la battaglia con il serpente antico e il dragone, nel deserto della lotta e dell’incontro con Dio è madre del Re Messia.

Questa figura simbolica ed evocativa è stata riferita alla donna Maria di Nazareth, alla sua storia, al suo figlio? Una lettura proposta dagli studiosi, non certo esaustiva e quindi parziale, ha visto nelle comunità cristiane affaticate dal contesto avverso, un progressivo avvicinarsi alla storia di Maria, che ha partorito un figlio, che lo ha visto crescere e che lo ha seguito nel suo calvario, facendolo proprio. Ha attraversato il dolore fin sotto la croce (secondo Giovanni) e si è sempre fidata di lui (le nozze di Cana), testi che abbiamo visto e nei quali ella viene nominata come “donna”. I cristiani sparsi nell’impero iniziano a cercare in Maria il conforto e l’esempio della prima discepola e della Madre, capace di dare vita, di accompagnare i figli durante la loro esistenza, specie nei momenti bui, quando la parola di una mamma è sempre calda e accogliente. Essa rappresenta tutto il popolo nella battaglia della vita che anela ad essere sollevato su ali d’aquila.

Marco Gaetano