Con l’undicesimo articolo riguardante la figura di Maria, la madre di Gesù, abbiamo concluso una sintesi breve e inevitabilmente schematica delle pagine bibliche che si riferiscono in maniera diretta ed esplicita a Maria. Già la riflessione apocalittica riporta un’evidente prima rielaborazione, e la donna descritta nel testo rappresenta livelli diversi di simbolismo e un richiamo alla figura della Madre. In altri termini possiamo notare che con il passare degli anni la elaborazione spirituale e teologica approfondisce e arricchisce il dato mariologico.
I testi del Nuovo Testamento sono certamente sobri. Non possiamo arricchirli eccessivamente di toni “gloriosi” nella figura di Maria. Essa appare sempre in riferimento a Gesù, anche se – parimenti – emerge il suo ruolo centrale e di riferimento per la comunità dei seguaci e della nascente Chiesa. Il passo di Atti, di lucana scrittura, ricorda appunto la preghiera insieme a Maria, la madre.
Uno sguardo corretto evidenzia in maniera sostanziale la differenza tra i dati biblici e lo sviluppo della cosiddetta mariologia, ovvero la riflessione spirituale e teologica che ha portato la Chiesa cattolica, proprium di essa, alla definizione di quattro dogmi. Una domanda ha accompagnato la riflessione circa questa differenza tra Scrittura e Magistero: La madre di Gesù che troviamo nei Vangeli e in alcuni riferimenti del Nuovo Testamento, è la donna, Maria, oggetto della fede della Chiesa?
Dei dogmi sopra accennati va tenuto conto di una particolarità tutta mariana, due sono stati definiti in età iniziale nella formazione della cristianità, due invece sono sorti per una riflessione “moderna”. Durante la prima fase, quella della formulazione dogmatica, circa le nature di Gesù, la Trinità, l’incarnazione e via dicendo, i vescovi si pronunciarono circa la verginità di Maria e la sua divina maternità. Le riflessioni dogmatiche moderne su Maria avevano un approccio differente e portarono la Chiesa a contornare il tema dell’immacolata concezione e dell’assunzione.
E’ d’obbligo compiere alcuni approfondimenti conoscitivi per non scivolare in semplificazioni preconcette: o in senso di un’accettazione priva di ragionamento e afflato al valore di Maria per la fede, o al rifiuto di qualsiasi dato magisteriale leggendolo come conseguenza solo culturale o filosofica e quindi privo di utilità, mi si conceda il termine.
Seguendo il cammino storico è d’uopo osservare il tema dogmatico nei primi secoli, laddove la nascita e lo sviluppo di molte comunità cristiane intorno al Mediterraneo, e non solo, fecero nascere idee, riflessioni, visioni dell’esperienza Gesù in maniera simile e difforme. L’opera di san Paolo, i testi evangelici che si stavano definendo, le lettere e le predicazioni apostoliche indicavano la via, ma saranno i Padri apostolici e i vescovi dei primi secoli a tracciare il solco della fede dichiarata, dogmatica. Tante le motivazioni sulla nascita dei Concili e sullo sviluppo teologico, certamente una delle spinte più forti fu la necessità di professare una fede centrata su Gesù, non solo come uomo, profeta, taumaturgo, ma come il Cristo, il Messia atteso e svelatosi in una modalità inaspettata, paradossale: il crocifisso è il Re della Gloria. La resurrezione è la grande novità, la salvezza in Gesù la strada percorribile per ogni persona, senza distinzione, senza legame con il ruolo sociale e il potere economico. L’attenzione a Maria si sviluppa dentro questa passione cristologica. Si inizia a guardare a lei pensando che è stata madre di Gesù e che questo Gesù era un uomo come noi ma era anche Dio! Ad Efeso, nel 431, si determinò l’unione delle due nature di Gesù, dopo che, un secolo prima, veniva elaborata la consustanzialità del Figlio con il Padre. Ed è ad Efeso che Maria venne definita: teotokos (Madre di Dio).
Marco Gaetano