Nel corso degli ultimi mesi abbiamo cercato di approfondire la figura di Maria all’interno dei Vangeli, partendo da quello secondo Marco, quindi Matteo e infine Luca nel quale ci siamo soffermati sulle dense pagine dell’annunciazione, mentre ora vorremmo dare uno sguardo più sintetico alle altre tappe nelle quali la madre di Gesù viene narrata. Una visione anche giovannea concluderà questa parte per poi cercare, nei limiti degli spazi e tempi editoriali, di osservare lo sviluppo teologico e devozionale che Maria di Nazareth ha avuto all’interno della tradizione cristiana e in particolar modo cattolica.
Una volta ricevuta la missione da parte della forza di Dio, il narratore ha già fatto sapere, sia a Maria che al lettore, della gravidanza straordinaria di Elisabetta. Maria fa esperienza di Dio, sente la presenza feconda dello Spirito e come prima cosa agisce, cammina, va dalla sua parente per aiutarla, o meglio, per tradurre in condivisione l’amore ricevuto. Questo passaggio chiave si pone come una parola di grande consolazione, un aiuto vivo e vibrante per ciascuno di noi. Più che osservare la dimensione del dovere, Maria non era in obbligo e non sarebbe stata certo egoista se non avesse agito in quel modo, e tanto meno la chiamata di Dio si era concretizzata in un dovere morale: fai così! E’, invece, l’esperienza dell’amore di Dio che la spinge ad agire nella condivisione del dono e nel servizio. Ed infatti nella cornice pneumatologica che contraddistingue il testo, le parole di Maria sono un canto caratterizzato dal vissuto di amore che è il volto proprio della Trinità. Il Dio del magnificat è un Dio che soccorre, sostiene, accompagna, aiuta, colma di gioia, dà forza. Ecco l’esperienza di Maria. Ed ella, di fronte a tutto ciò, si proclama la serva del Signore, che come abbiamo già visto era anche un titolo onorifico, un ruolo importante, un rappresentante del Re. Ella è sì piccola, non vede in sé stessa particolari doti, ma la sua umanità è stata colmata da Dio.
Quando nella tradizione devozionale e spirituale si prega rivolgendosi alla madre di Gesù, una richiesta filiale e umana sta nel desiderare la condivisione di questa sua esperienza. Ella, in questo, è veramente un tramite che camminando, come ha fatto con Elisabetta, verso di noi ci trasmette la gioia di essere amati. Esulta il grembo di Elisabetta perché esperisce quella presenza.
E’ un passaggio importante. Non c’è una richiesta di comportamento, di agire buono come prima conseguenza della esperienza di Dio, vi è una comunicazione dell’amore pervasivo di Dio stesso. Tanto amato, tanto sento la sua presenza, tanto provo il suo soccorso, la sua giustizia, la potenza del suo braccio e tanto lo dono a chi mi è affianco, lo condivido con chi vive con me, con il prossimo e con il lontano. Non lo agisco per cercare una gratificazione personale o per dimostrare a me stesso “quanto sono bravo”, sgorga da sé nel fluire di questa esperienza.
Marco Gaetano